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Ripasso di Fisica per il Biennio delle Superiori
 
Unità 9.
La dinamica
 
DEFINIZIONI E TABELLE Esercizi svolti, esperienze e attività Questionario
 
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D1. La dinamica è la parte della fisica che si occupa dello studio dei movimenti dei corpi in relazione alle cause che li determinano. A fondamento della dinamica stanno le tre leggi di Newton.

D2. La prima legge di Newton, o legge di inerzia, afferma che un corpo in quiete o in moto rettilineo uniforme persevera nel suo stato, finché non agiscono su di esso forze non equilibrate.

D3. La seconda legge di Newton, o legge fondamentale, afferma che un corpo sottoposto ad una forza non equilibrata subisce una accelerazione che ha direzione e verso uguali a quelli della forza applicata. L'intensità dell’accelerazione è direttamente proporzionale alla forza applicata e inversamente proporzionale alla massa del corpo.
Si ha quindi: a = F / m

D4. Una forza applicata a un corpo già in movimento (con moto uniforme) provoca una accelerazione (vedi la definizione D17 dell'Unità 7) di questo se ha direzione e verso uguali al movimento precedente, mentre provoca una decelerazione se il verso è opposto.

D5. Se la forza non è diretta come il movimento iniziale del corpo, essa provoca una deviazione del movimento, e quindi genera un moto curvilineo. In particolare, se la forza è perpendicolare al movimento, essa genera un moto circolare (vedi l'Unità 8), e viene chiamata forza centripeta, poiché risulta diretta verso il centro della circonferenza descritta dal corpo in movimento.

D6. Quello descritto nelle definizioni precedenti è l'effetto dinamico delle forze (per l'effetto statico e per la terza legge di Newton, vedi le definizioni D1 e D7 dell’Unità 3). La massa inerziale (o, semplicemente, la massa) di un corpo fornisce una misura della sua "inerzia", cioè della sua tendenza ad opporsi all'azione delle forze.

D7. L'unità di misura della forza adottata dal SI è quella forza che impressa a una massa di un kg gli imprime l'accelerazione di un m/s². Invertendo la formula data nella definizione D4, si ha:

F = m • a

Quindi, l'unità di misura è il kgm/s², che viene chiamato newton (simbolo N).
Per esempio, un corpo di 5 kg subisce un'accelerazione di 2 m/s² se viene sottoposto ad una forza di 10 N.

D8. Sulla seconda legge di Newton è basato il metodo dinamico per la misura delle forze: si misura l'accelerazione subita da un corpo di massa nota quando viene sottoposto alla forza incognita, e si calcola la forza con la formula data nella definizione D5 (per il metodo statico, vedi la definizione D12 dell’Unità 3).

D9. La seconda legge di Newton ha un limite di validità molto importante, anche se lontano dalla esperienza comune: a causa dell'aumento relativistico della massa (vedi la definizione D7 dell’Unità 2), diventa sempre più difficile accelerare un corpo approssimandosi alla velocità della luce. Così, questa velocità costituisce un limite teorico non superabile da nessun corpo dell'universo.

D10. I sistemi di riferimento in cui vale la legge d'inerzia sono detti sistemi di riferimento inerziali. Per movimenti di dimensioni trascurabili rispetto a quelle del pianeta, la Terra può essere considerata un sistema inerziale.

D11. Un sistema di riferimento che ha una accelerazione a rispetto a uno inerziale è un sistema di riferimento non inerziale. In questo sistema, un corpo di massa m sarà sottoposto ad una forza apparente, detta forza d'inerzia Fi , diretta come l'accelerazione, ma con verso opposto. Si ha:

Fi = - m • a

D12. Sono forze inerziali quelle che subisce un corpo in un automezzo durante le accelerazioni e le decelerazioni, e la forza centrifuga subita da un corpo in un sistema di riferimento rotante, come una giostra (il nome di questa forza sta ad indicare che il suo verso è opposto a quello della forza centripeta, vedi la definizione D5).

D13. Il peso p di un corpo (vedi la definizione D6 dell’Unità 3) si ottiene dalla sua massa tramite la seconda legge di Newton, ricordando il valore della accelerazione di gravità (vedi la definizione D23 dell’Unità 7):

p = m • g = m • 9,8

Per esempio, un corpo di 50 kg ha un peso p = 50 kg • 9,8 m/s2 = 490 N.
Questo calcolo mostra l'origine del fattore di conversione tra il kgp e il newton (e tra tutte le unità di misura derivate da queste, come quelle del momento e della pressione).

D14. La legge di inerzia sembra contraddire l'esperienza, secondo la quale ogni corpo in movimento rallenta e finisce per fermarsi se non è adeguatamente spinto. Tuttavia, questo fenomeno non si verifica in assenza di forze, bensì a causa delle forze di attrito. Queste sono forze di "contatto" (vedi la definizione D15 dell’Unità 4) che si oppongono al movimento, manifestandosi sempre con nella stessa direzione del movimento e con verso opposto.

D15. Si ha attrito radente quando una superficie striscia su un'altra, e si distingue tra attrito statico e dinamico. L'attrito statico è quello che subisce un corpo da fermo, e consiste nella minima forza che deve essere applicata al corpo per metterlo in movimento.

D16. L'attrito dinamico è quello che subisce un corpo quando è in movimento, ed è la forza Fa che tende a rallentarlo. L'attrito dinamico è leggermente minore dell'attrito statico, perché durante il movimento si riduce l'effetto frenante dovuto all'incastro delle microasperità presenti nelle superfici dei corpi striscianti.

D17. L'attrito radente dipende dal tipo di superfici a contatto, ed è proporzionale alla forza con cui queste sono premute una contro l'altra, mentre non dipende dall'estensione delle superfici stesse. Quindi, l'intensità Fa della forza di attrito radente che subisce un corpo che preme con il suo peso p sulla superficie di base è data da:

Fa = µ • p

D18. La costante di proporzionalità µ è il coefficiente di attrito radente, che dipende dal tipo di superfici a contatto. Nella Tabella 10 sono riportati alcuni valori di questo coefficiente, distinguendo il caso statico da quello dinamico. Essendo questa una proporzionalità tra due grandezze omogenee, la costante µ non ha unità di misura: è una grandezza "adimensionale". Il simbolo µ corrisponde alla lettera "m" dell'alfabeto greco e si legge "mu".

D19. Si ha attrito volvente quando una superficie rotola sull'altra. A parità di altre condizioni, l'attrito volvente risulta molto minore di quello radente: questo spiega l'importanza della ruota e di tutte le applicazioni che da essa derivano (cuscinetti a sfere, a cilindri, ecc.).

D20. Anche i fluidi provocano forze d'attrito sui corpi che si muovono in essi. Queste forze dipendono dalla viscosità del fluido (e sono quindi molto maggiori nei liquidi che nell'aria); inoltre, esse dipendono dalla forma, dalla superficie e dalla velocità del corpo in movimento.

D21. La dipendenza dell'attrito nei fluidi dalle caratteristiche del corpo in movimento rende ragione delle forme aerodinamiche che vengono date ai mezzi che devono muoversi a grande velocità nell'aria.

D22. Un corpo che cade liberamente nell'aria si muove di moto accelerato: pertanto, esso incontra una forza d'attrito crescente al crescere della sua velocità. Se tale forza arriva ad eguagliare la forza peso del corpo che cade, questo si trova sottoposto a due forze equilibrate, e quindi non accelera più, proseguendo (secondo la legge d'inerzia) con una velocità costante che viene detta velocità di regime (o velocità limite).

D23. Gli effetti di una forza dipendono dal tempo Dt durante il quale essa agisce. Perciò, si definisce impulso I di una forza il prodotto della forza stessa per questo intervallo di tempo:

I = FDt

Nel SI, l'impulso si misura in newtonsecondo (N/s).

D24. Dalla seconda legge di Newton e dalla definizione di accelerazione (vedi la definizione D17 dell’Unità 7), si ricava che l'impulso di una forza applicata a un corpo di massa m è uguale al prodotto della massa per la variazione di velocità Dv subita dal corpo:

I = m • Dv

Infatti: FDt = m • aDt = m • Dv /Dt • Dt = m • Dv.

D25. Si definisce quantità di moto q di un corpo il prodotto della sua massa per la sua velocità:

q = m • v

D26. Dalle precedenti definizioni deriva il teorema dell'impulso, secondo il quale l'impulso di una forza applicata a un corpo è uguale alla variazione della quantità di moto prodotta nel corpo:

I = q2 - q1

Infatti: m • Dv = m • (v2 - v1) = m • v2 - m • v1 = q2 - q1

D27. Quando due corpi A e B interagiscono (per esempio, durante un urto o un'esplosione), la somma delle loro quantità di moto non varia: indicando con q le quantità di moto prima dell'interazione e con q' le quantità di moto dopo l'interazione, si ha:

qA + qB = q'A + q'B

D28. Si dice che un sistema di corpi è un sistema isolato quando su di esso non agiscono forze esterne al sistema.

D29. La situazione esaminata in D27 è un caso particolare del principio di conservazione della quantità di moto, secondo il quale la quantità di moto totale di un sistema isolato rimane sempre costante. Questo principio equivale alla legge di azione reazione (vedi la definizione D7 dell’Unità 3). Infatti, dalla formula riportata nella definizione D27, ricordando la definizione e il teorema dell'impulso, si ha:

qB - q'B = q'A - qA - IB = IA - FB = FA


TABELLE

TAB. 10. COEFFICIENTI DI ATTRITO

Superfici a contatto attrito
statico (µ
s)
attrito
dinamico (µ
d)
Acciaio-acciaio 0,74 0,57
Acciaio-ghiaccio 0,20 0,10
Ferro-ferro 1,10 0,15
Ghiaccio-ghiaccio 0,65 0,50
Gomma-asfalto asciutto 0,85 0,70
Gomma-asfalto bagnato 0,70 0,50
Legno-acciaio 0,45 0,30
Legno-ghiaccio 0,30 0,15
Legno-legno 0,50 0,30

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