Tempo di esami
(inviato da gipsy)

Ricordo d'esame n.1

Ricordo ancora quel vago borbottio di parole e di echi nella grande stanza spoglia dove tutti quegli adulti che poi erano i miei insegnanti e che in quel momento mi erano diventati completamente estranei pronunciavano con voce pacata e un po' stanca tanto da non avere neppure il senso di quesiti le parole e le parole e gli inviti e i solleciti e le mie risposte che risuonavano altrettanto estranee come esperimenti o tentativi spontanei della mia voce impegnata in automatismi incomprensibili e cadenzati dal pulsare delle tempie come puri suoni riflessi il cui senso sfuggiva a me che osservavo quei lettori e auditori e giudici distratti e quelle figure controluce dei docenti opachi sotto il velo dei miei incontrollabili umori oculari mentre il fato li guidava e guidava me nell'esito oscuro del disegno prescritto che avrebbe imbrigliato e costretto non solo quel panico attimo fuggente di una examination ma tutta la mia vita e la mia presenza terrena e le mie fortune e tutto il mosaico di relazioni e interferenze col resto del mondo e col resto del tempo e col resto dell'universo e in cuor mio scomparivo e mi fondevo con l'atomo che in un attimo infinito nasce e muore senza speranza di testimoni e senza uno spazio in cui le scorie della sua disubbidienza al nulla lascino un segno.
Quando tutto per me sarà finito si concluderà questo strazio fissato e prolungato definitivamente nel ricordo.

 

Ricordo d'esame n.2

Seduti dietro ai banchi in fila e giudici per un giorno mi osservavano con curiosità inconsueta solo dopo cinque anni di nome fra molti ed indagavano più che i gesti verbali del rito e le risposte i modi degli arti e degli occhi e delle mani e i sospiri e le gocce che scivolavano dalle mie tempie e la tensione con cui resistevo all'esame dei miei celati pensieri che più irruenti delle parole mi trascinavano nel mondo di adulti tra adulti e giudice a mia volta del loro fingere e vestire e simulare ed annoiarsi non tanto di me e del fluire monotono della giornata quanto di se stessi nel ruolo e nell'impresa dallo scopo superiore inafferrabile nella sua inconsistenza come avrebbe dimostrato il tempo che tiranno aveva ingrigito i loro occhi e i capelli e persino la pelle a tratti discontinuamente imbrunita dal sole senza che troppa distanza li separasse da me che solo allora nascevo ma senza quell'abisso di nulla del ricordo di una vita e così replicavo formula a formula e suono a suono e accordo ad accordo con facili risposte a scontate domande in una rappresentazione priva di senso e di pubblico.
Ora non saprei per loro ormai sconosciuti immaginare affinità della vita che possa riunire il mio ricordo di un tempo coi loro sguardi intelligibili di veggenti del mio stesso futuro se non nel vortice di stringenti ricorsi senza fine.

gipsy

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