Mandyllon*
(anonimo genovese)

Per fortuna, il piccolo bar nel quale consumo cappuccino e cornetto nei giorni in cui non posso proprio farne a meno è quasi sempre deserto, almeno nelle ore in cui lo frequento io. Così posso masticare e deglutire la brioche resuscitata dal microonde senza dar conto a nessuno della dimensione dei miei bocconi e tantomeno al "barman" (in questo periodo è una barwoman incinta che ce la mette tutta per far sapere che è il secondogenito e che saggiamente aveva deciso di lavorare anche attendendo il primo perché se avesse deciso ancora prima, di lavorare, sarebbe stato meglio). Barman al quale, possibilmente, volto le spalle fingendo di guardare la strada al di là del vetro della porta a vetri, appunto. Proprio come mi mostra le spalle lui, dopo avermi consegnato il cappuccino, ma scrutando sullo specchio opposto al bancone quanti cucchiaini prelevo dalla sua sempre colma e spolverata zuccheriera (ho sempre temuto che gli altri associassero alla golosità un giudizio di scarsa virilità, per questo motivo consumo la colazione stando così dritto e impettito da infarinarmi sempre il maglione con lo zucchero a velo :-).
Quel giorno era più tardi del solito e la barwoman era a svolgere qualche altra attività o a riposare le gambe appesantite. L’assistente al mio petite dejuner era, dunque, lo stesso titolare ed io avevo chiesto, in via straordinaria e per evitare la storia dello zucchero, una strisciolina di focaccia (più o meno la schiacciata toscana) e un calice di vino bianco brioso, come dicono a Spezia. Una tradizione mattutina che risale ai camalli del porto di Genova e che va dunque rispettata con un cipiglio maschio e vissuto.
Il barista è un tipo sui cinquanta passati, asciutto e vitale, tanto da indurre il sospetto che sia lui il responsabile del pancione della quasi giovane dipendente. Sta per versare il vino quando si accorge di qualche imperfezione nel bicchiere, dunque lo solleva per guardarlo in controluce e sentenzia: "lo sapevo, è impolverato!". Ne toglie un secondo dal ripiano a vetri posto accanto alla grossa macchina per il caffè, ma non è contento neppure di questo. Finalmente mi concede il quarto o quinto ma riservandosi di mettermi al corrente del suo disappunto, dopo aver colmato il fortunato contenitore di vino bianco e bollicine spumeggianti.
Così inizia la sua filippica sugli strofinacci. "Non sono più gli strofinacci di una volta, guarda te quanti peli lasciano. Li passi sul bicchiere ed è più sporco di prima, tutto pieno di peli, roba che non si può presentarlo così, il bicchiere. Dovrebbe asciugare e invece perde tutti i peli e poi chi beve vede un bicchiere sporco. Io non so… gli strofinacci, una volta, non lasciavano tutti questi peli".

Per rassicurarlo azzardo la mia idea secondo la quale gli strofinacci che non lasciano peli sono quelli tessuti col lino. Invece… Continua a controllare i bicchieri uno per uno e intanto a predicare: "No, no! me ne ricordo di tanti tipi, di tutti i colori, non è questione di stoffa, si usava quello che c’era. Ma guarda qui se devono esserci tutti questi peli. Si passavano i bicchieri uno per uno e rimanevano trasparenti, puliti. Pure le tazze di ceramica bianca si asciugavano e anche se non importava, perché lì non li avresti notati, non c’era l’ombra di un pelo. Ma scusi, lei non passa lo strofinaccio sui suoi bicchieri, in casa? le sembra che debbano rimanerci tanti peli? guardi, ce lo ripasso un’altra volta ma non c’è verso, rimangono tali e quali. Sa qual è il problema, lo sa? gli strofinacci! (glielo avevo detto io!). No, non gli strofinacci ma come si lavano! Gli strofinacci sono lavati male, ecco cosa è! Un tempo non era così, gli strofinacci venivano lavati bene. Quando io ero ragazzo gli strofinacci li lavavano bene e non lasciavano peli. Capisce dov’è il problema? il lavaggio. Posso passarlo quanto voglio lo strofinaccio qui sopra al vetro ma per forza lascia i peli, non è lavato bene (ma quando finisco sta colazione?). Si, mi ricordo quando ho cominciato a lavorare, ero un ragazzo sa? mi ricordo. Mi ricordo che le donne, alla sera, quando andavano a casa… erano stanche, certo, non come adesso e io lavoravo dal mattino fino alla notte. E le donne si portavano a casa gli strofinacci, le piccagette, se le portavano a casa. E poi li lavavano gli strofinacci, se li portavano a casa e li lavavano loro. Ecco perché non lasciavano peli come questo qui. Perché gli strofinacci sono fondamentali in un bar. Ma erano altri tempi, le donne si portavano il lavoro a casa e gli strofinacci funzionavano (forse i detersivi che distruggono le fibre…?). Macchè detersivi, era che li lavavano a mano, forse adesso sono le lavatrici, non so… Allora li lavavano a mano quando tornavano a casa la sera e non lasciavano peli sui bicchieri. Li lavavano a mano coi mandilli, i fazzoletti di casa. Come se fossero roba delicata come i fazzoletti. Li strofinavano a mano coi mandilli e venivano puliti. Ma erano altri tempi! ora, invece… (sembra che a Genova, per certe cose, le donne vengono investite di gravi responsabilità, come: "Pe fâ 'na bonna insalatta / ghe veu 'na bonna garsonn-a / ch'a no gh'agge guaei de pensamento / e ch'a ghe mette assae de sentimento"). Adesso va già bene se li lavano, allora li lavavano a mano i fazzoletti. Giusto, questi adesso lasciano i peli come i mandilletti di carta, che roba! sono cambiati i tempi da allora, quando le piccaggette se le portavano a casa alla sera, per lavarle… e al mattino erano già pronte per asciugare, e non lasciavano peli sui bicchieri, sa? neanche un pelo, neanche a cercarlo. Perché erano lavati a mano, con cura, gli strofinacci. Una volta. Vabbè, cosa ci vuol fare… Però, chissà come li lavano ancora adesso quelle lì col burka, i mandilli, chissà che non li lavano ancora a mano. Altri tempi, altro che i peli sui bicchieri.

(Ecco signore, tremila vero? grazie, arrivederci… Ha proprio ragione, chissà le donne mussulmane, gli arabi, i mandilli, i candidi burka, il corano… arrivederci! grazie…).

* Note:
camalli erano gli scaricatori delle navi nel porto di Genova
mandyllon
è una parola araba dalla quale deriva
mandillo, parola genovese che significa "fazzoletto"
piccagetta ancora in genovese, significa "strofinaccio", "asciugamano di cucina"

Pe fâ 'na bonna insalatta
ghe veu 'na bonna garsonn-a
ch'a no gh'agge guaei de pensamento
e ch'a ghe mette assae de condimento
Per fare una buona insalata
ci vuole una buona ragazza
che non abbia affatto pensieri
e che ci metta molto condimento

È famoso, soprattutto a Genova, "o santo mandillo", reliquia con impresso il volto di Cristo, custodito dai Padri Barnabiti presso la chiesa di San Bartolomeo degli Armeni dove è visibile una volta l'anno, in occasione della Settimana Santa.

Un grazie per la consulenza linguistica all'associazione cittadina "A Compagna", il cui sito invito tutti a visitare!

        Frammenti di scrittura