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La Forteguerriana oggi: una biblioteca per tutti (1473-2002)  

Pistoia e Garibaldi: storia di un "tormentato" monumento equestre

La Forteguerriana oggi: una biblioteca per tutti (1473-2002)  

In Piazza della Sapienza, nel centro storico di Pistoia, a volte capita curiosamente d'imbattersi in turisti stranieri che guardano sopra al colonnato dell'omonimo edificio sede della Biblioteca Forteguerriana e compulsano le loro guide nella vana ricerca delle formelle del Fregio Robbiano scambiando la biblioteca per l'Ospedale del Ceppo. In effetti il loggiato, comune ai due edifici, seppur concepiti in epoca diversa, può sulle prime indurre il turista sprovveduto a scambiare la plurisecolare biblioteca civica per... un ospedale. Un ospedale...dei libri!...Verrebbe facile la battuta. In effetti la morte del libro, grande malato, per colpa del computer o di Internet, è stata annunciata più volte negli anni scorsi e, morto il libro, ne sarebbe immediatamente conseguita l'inutilità dell'"ospedale-biblioteca". Ma ormai il problema sembra risolto, è accertato che il libro tradizionale è uno strumento insostituibile di riflessione e che la biblioteca non è più da tempo un "deposito" di documenti cartacei come era all'origine, ma si struttura oggi sempre più come pubblico strumento di interazioni multimediali (libri, periodici, manoscritti, internet, cd musicali e video, ecc.) a disposizione del cittadino-utente sia esso studioso, studente, curioso, bambino, anziano, immigrato, ecc. In questo senso si muove oggi la Biblioteca comunale Forteguerriana, una delle biblioteche più rilevanti del territorio regionale, malgrado nel raggiungimento di questi obiettivi si faccia sentire il peso di come storicamente si è andato strutturando l'istituto. Anche per questo è recentemente emersa l'urgenza di accelerare il varo di una nuova biblioteca, una "Forteguerriana-2" che sorgerà nella zona di sviluppo cittadino dell'aree ex-Breda. Come ha affermato l'attuale direttore Maurizio Vivarelli, "la storia della Biblioteca Forteguerriana", e del suo progressivo e problematico divenire "pubblica" dalla seconda metà del sec. XV ad oggi, "in buona misura è ancora da scrivere." La fondazione della biblioteca, denominata Forteguerriana solo a partire dal 1814, viene tradizionalmente datata al 1473, quando, in seguito ad una donazione del cardinale Niccolò Forteguerri (1419-1473), viene istituita la Pia Casa di Sapienza, retta da quattro Uffiziali nominati ogni anno dal Consiglio del Popolo. La Pia Casa e le scuole da essa gestite si insediarono inizialmente in locali di proprietà dell'ospedale di S. Bartolomeo in Alpi. La scuola della Sapienza era biennale e completamente gratuita; oltre all'istruzione primaria, forniva a dodici studenti cittadini di condizioni disagiate i mezzi necessari per mantenersi agli studi universitari. Durante la pestilenza della seconda metà del Quattrocento, quando in molti trovarono rifugio a Pistoia, la Pia Casa ospitò nei suoi locali l'Università di Pisa. Successivamente la scuola si spostò nell'edificio, denominato Palazzo della Sapienza, realizzato su disegno dell'architetto fiorentino Giovanni Unghero tra il 1533 ed il 1538; in particolare, durante gli anni 1533-1534, il palazzo fu ampliato e completato dal portico anteriore secondo le linee del gusto rinascimentale. La fondazione della Biblioteca, tuttavia, non risale al lascito del Cardinale che, a quanto risulta, non includeva materiali librari. Notevole incremento la Biblioteca lo ebbe invece nel 1533, quando in essa entrano i codici, latini e greci, della libreria di Zomino di Ser Bonifazio detto Sozomeno (1357-1458), che fino dal 1423 aveva disposto per testamento che i suoi libri andassero in dono all'Opera di San Jacopo, e collocati “in locus aptus ydoneus et honorabilis”. Un altro anno importante per la storia della biblioteca è il 1696, quando "In esequtione della mente di S.A.S.", viene imposto agli Uffiziali della Sapienza di aprire all'uso pubblico le raccolte librarie. Nel 1533, quindi con la fine dei lavori della facciata, la scuola trovò sede nell'attuale palazzo e la Biblioteca ne seguì la trasformazione in Collegio Forteguerri e ne assunse il nome. I compiti di bibliotecario, come fu stabilito nel 1770,  venivano svolti da un insegnante incaricato annualmente. Intanto le cospicue accessioni avvenute durante il XVIII secolo rendevano necessaria nel 1776 una modifica dell'edificio con la costruzione al primo piano della sala grande, poi chiamata sala I, su disegno dell'architetto pistoiese Giuliano Gatteschi, alla quale si aggiunsero in seguito la galleria soprastante il loggiato ed una terza sala. Nel 1797 venne emanato il primo regolamento. Nel 1862 il Preside del Regio Liceo Forteguerri assunse la sovrintendenza della Biblioteca, che pur restando di proprietà comunale passò così sotto la vigilanza del Ministero della Pubblica Istruzione. Quando nel 1923 alla presidenza del Liceo giunse Quinto Santoli, la Biblioteca era chiusa da circa due anni. Nel 1924 avvenne il trasferimento del Liceo nei locali dell'ex-monastero di San Giovanni Battista o "in Corso". Proprio a Quinto Santoli si deve la riapertura della Biblioteca nell'aprile del 1926. L'assetto gestionale dell’istituto avvenne mediante la costituzione (1930) di un Consorzio cui parteciparono Comune, Provincia e Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia e la cui vita, fino alla dismissione avvenuta nel 1967 ed all'assuzione la gestione diretta della Biblioteca da parte dell'Amministrazione comunale, fu peraltro piuttosto tormentata. Santoli diresse la Biblioteca fino al 1959, imprimendole le caratteristiche che ancora oggi sono in gran parte riconoscibili. Il Palazzo della Sapienza, interamente occupato dalla Biblioteca venne ristrutturato, furono reperiti fondi, avviato il riordinamento, la preparazione di nuovi cataloghi, acquisiti importantissimi nuclei bibliografici e documentari che aumentarono decisamente il patrimonio della biblioteca. Esso infatti constava di 2.147 volumi nel 1706, secondo il più antico inventario rintracciato, di 3.162 volumi nel 1772, di  circa 7.000 nel 1830 e poi di 16.000 intorno alla metà del secolo. Grazie a numerose donazioni, nel 1898 il patrimonio giunse a 25.000 volumi, 7.000 opuscoli, 64 incunaboli, 447 manoscritti, 5.000 autografi e 815 stampe. Nel 1942, sotto la direzione di Santoli, la Biblioteca possedeva 110.000 volumi e 892 manoscritti, un incremento dovuto alle acquisizioni, ma anche ad ulteriori donazioni, tra le quali la biblioteca di Ferdinando Martini, ricca di circa 15.000 volumi e 12.000 opuscoli, giornali toscani, edizioni originali, cinquecentine, codici etiopici, che fu acquistata per la Forteguerriana dalla Cassa di Risparmio. Altre donazioni arricchirono il patrimonio, e in particolar modo la documentazione di interesse locale. Tra le raccolte più importanti dell’istituto si possono ricordare oltre alle citate, quelle dell'Accademia pistoiese di scienze lettere e arti, di Sebastiano Ciampi, di Domenico e Giuseppe Mazzoni, di Alberto Chiappelli, la raccolta Civinini, la raccolta Alberto Montemagni di storia moderna francese, la raccolta Puccini, l'archivio Pellegrino Antonini, la raccolta Macciò e molte altre.  Sono state quindi le donazioni che hanno supplito all’insufficiente aggiornamento del patrimonio dovuto alla frequente scarsità di risorse economiche e che hanno arricchito nel tempo la Biblioteca di materiale essenzialmente destinato alla conservazione e di documentazione locale, contribuendo a delineare quel carattere di biblioteca storica, che la Forteguerriana tutt’oggi in buona parte conserva. Anche gli acquisti successivi hanno tenuto conto di queste caratteristiche dell’istituto privilegiando il settore umanistico e confermando in sostanza un modello di biblioteca volto più alla riorganizzazione in nuove strutture amministrative delle raccolte storicamente costituite piuttosto che alla creazione di servizi utili a soddisfare i nuovi bisogni culturali della società contemporanea. In tal senso la priorità gerarchica delle funzioni di conservazione, studio e ricerca non è stata mai messa in discussione sebbene con l’incremento della scolarizzazione avvenuto dagli anni sessanta in poi si è accresciuto, durante la direzione (1961-1983) di Giancarlo Savino, ed anche successivamente, il patrimonio bibliografico corrente tenendo conto soprattutto delle esigenze dell'utenza scolastica ed universitaria. A questi sviluppi vanno correlati ad esempio l'istituzione della Biblioteca dei Ragazzi (1974) e, all'inizio degli anni Ottanta, l'impianto della Sala di Lettura con i materiali bibliografici ordinati secondo la Classificazione decimale Dewey. Successivamente è stato stabilito un fattivo rapporto di collaborazione con il Centro di Documentazione di Pistoia, acquisendo e sistemando l’importantissima biblioteca-archivio, nota a livello internazionale, ricca di oltre 5000 collezioni di periodici, 20.000 volumi e numerosissimo materiale documentario sulla storia e l’attività dei movimenti politici alternativi italiani ed esteri.  Ma questa è ormai storia di ieri. Sul progetto della "nuova" Forteguerriana abbiamo posto alcune domande al direttore Maurizio Vivarelli

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Si è recentemente tenuto a Pistoia l'importante convegno Costruire la conoscenza. Nuove biblioteche pubbliche dal progetto al servizio, nel quale è stato presentato il progetto per la nuova biblioteca Forteguerriana che, si prevede, sorgerà entro il 2006. Perché una nuova Biblioteca e in tempi così brevi,  tenendo conto che in città dalla fine degli anni ottanta (“Progetto Rauty” e “Progetto La Vigna”) non si parlava più di questo argomento?

Innanzitutto per la  consapevolezza, diffusa già da molti anni, della inadeguatezza delle condizioni funzionali ed organizzative rese realmente disponibili nell'attuale sede alla comunità degli studiosi e, in senso più ampio, alla cittadinanza considerato il rilievo di cui la Biblioteca ha goduto nell'economia culturale locale e poi per la necessità di dar vita ad una biblioteca la cui dimensione pubblica si ravvisi innanzi tutto nel carattere generale delle sue raccolte, fortemente orientate alla contemporaneità, con funzioni documentarie riferite ai concreti e molteplici bisogni informativi dell'utenza, ai quali dovrà essere riservata la massima attenzione. L' obiettivo reale è dunque quello , di costruire una biblioteca per tutti, e colmare in tal modo la mancanza, storicamente determinata, di un istituto con tali caratteristiche nella specifica realtà pistoiese rivolgendosi soprattutto a quel 95% circa dei pistoiesi che non sono utenti abituali della Forteguerriana e che potranno trovare nella nuova biblioteca un'offerta più rispondente ai propri interessi Su queste premesse socio-culturali, infine, poggia anche l'effetto di accelerazione suscitato dall' Accordo di programma quadro in materia di beni e attivita' culturali fra il Ministero per i beni e le attivita' culturali e la Regione Toscana , che ha reso disponibile una cospicua quota di risorse finanziarie, ottenute attraverso un attento lavoro di concertazione portato avanti dalla Amministrazione comunale, con la convinta partecipazione del sindaco Lido Scarpetti, e i cui altri attori sono stati la Regione Toscana, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici di Firenze, Prato e Pistoia.  

Come sarà strutturata la nuova biblioteca?

Il progetto della nuova biblioteca pubblica di Pistoia, realizzato dallo Studio Pica Ciamarra e Associati di Napoli, fa riferimento ad un edificio industriale nell’area ex-Breda - zona est, oggetto di un importante piano di recupero anche per la sua posizione a stretto contatto con il centro storico di Pistoia. La Biblioteca si colloca quindi in un sistema industriale dismesso assunto come matrice di un nuovo quartiere della città ed al quale la città dà un senso particolare. La struttura si basa su tre navate voltate che coprono circa 4.000 mq. con uno spessore minimo di 40 metri dei corpi di fabbrica. trasformati in spazi per una Biblioteca di circa 350.000 volumi (80/100 mila dei quali a scaffale aperto), circa 300 posti lettura, 100 punti multimediali; per la Biblioteca dei ragazzi, sala conferenze, uffici; per circa 5.000 mq. complessivi.  Elemento portante del sistema spaziale interno è la galleria centrale a tutta altezza uno spazio in cui convergono i percorsi, che suggerisce un’immediata percezione d’insieme dell’edificio e dei suoi servizi, un luogo che dovrà essere, soprattutto, un punto di richiamo e d’incontro dove troveranno posto i servizi di informazione, prestito, riproduzione, con la presenza di uno spazio da destinare ad eventi culturali, conferenze, mostre. Intorno alla galleria centrale, spazi diversi sono invece previsti per quei servizi a forte impatto di pubblico quali la Sezione ragazzi e la Mediateca. Al primo piano dell’edificio gli utenti potranno accedere alle sale  di consultazione e lettura e all’Emeroteca mentre al secondo piano le sale di lettura a scaffale aperto saranno predisposte con aree tematiche dedicate in particolare agli studenti universitari. Sono previsti a questo piano anche box per studio individuale, salette per studio di gruppo e gli uffici gestionali e amministrativi. In sostanza all’utente, che potrà accedere quasi ovunque liberamente agli scaffali ed avrà la possibilità di servirsi di numerose postazioni multimediali, sarà reso immediatamente utilizzabile la gran parte del patrimonio documentario della biblioteca.

Che ne sarà dell'attuale struttura posta nel Palazzo della Sapienza?

La scelta della Amministrazione comunale è stata quella di prevedere lo scorporo delle funzioni e degli strumenti bibliografici connessi al modello "biblioteca pubblica" dall'attuale sede di Piazza della Sapienza, che invece continuerà ad ospitare la documentazione manoscritta, gli incunabuli, le cinquecentine, i fondi librari antichi, la documentazione di interesse locale, oltre a garantire le condizioni per pur necessarie ed importanti attività di valorizzazione dei materiali bibliografici. Sono evidenti i rischi, sia di ordine bibliografico che organizzativo, connessi a tale operazione, che verranno affrontati con le dovute attenzioni e cautele. Ma la vera ed autentica risposta a questa divisione della Biblioteca su due sedi, a nostro parere, ora e nei prossimi anni, è comunque quella di concepire in maniera unitaria ed integrata i servizi al pubblico e la dimensione storica della biblioteca; usando altri termini, non va dunque mai persa di vista la concezione unitaria di sincronia e diacronia nell'attività della biblioteca.

 

(Originale dell’articolo: C.O. Gori, Forteguerriana: un’antica  biblioteca vanto dei pistoiesi. Fondata nel 1473  è un punto di riferimento per tutti, , “Microstoria”,  a. 4, n. 22 (mar./apr. 2002)                                                                                                    (Carlo Onofrio Gori)

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Pistoia e Garibaldi: storia di un "tormentato" monumento equestre

 

 

Il 17 luglio 1904 in Pistoia veniva (finalmente!) inaugurato il monumento a Garibaldi. L' atmosfera era di festa e vedeva la rilevante partecipazione di reduci garibaldini giunti da varie città d'Italia. In Piazza S. Domenico venne scoperta una statua equestre in bronzo dell'Eroe, posta su un massiccio basamento in marmo, opera dello scultore bolognese Alessandro Garella e fusa nella pistoiese Fonderia Lippi. Il "finalmente" iniziale ci sta tutto; infatti ben ventidue anni erano trascorsi dalle prime entusiaste proposte volte all'erezione del monumento, venute subito dopo la morte del Generale nel 1882, e l'effettiva inaugurazione! Questo più che ventennale ritardo non può non incuriosire; crediamo quindi meriti soffermarsi un po' su questa storica circostanza, cogliendo, tra l'altro, l'occasione che, in questi giorni di fine novembre 2002, in città è stato inaugurato (progetto di Alessandro Andreini e finanziamento della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia) un accurato e necessario restauro a quel monumento del 1904, oltre all’opportuna nuova sistemazione dei giardini retrostanti.

I rapporti di Pistoia con Garibaldi risalivano al 1860: Pietro Beccarelli, un bracciante della frazione di Saturnana, si imbarcava sul "Piemonte" mentre la nave sostava per rifornirsi ad Orbetello e l'11 maggio il pistoiese sbarcava con i "Mille" a Marsala . Successivamente ed a più riprese altri 250 pistoiesi partecipavano alla Campagna Meridionale. Ad uno di questi, Giuseppe Civinini (1835-1871), poi giornalista e politico noto a livello nazionale, furono affidati importanti responsabilità nell'intendenza dell’esercito garibaldino. Il giovane pistoiese si distinse per competenza e correttezza tanto che divenne segretario del Generale. Lo seguì nel 1862 sull'Aspromonte, ne condivise la prigionia al Varignano e l'esilio a Caprera e fu nuovo vicino a lui, nel pieno della mischia, a Bezzecca nel 1866 (1). Un altro famoso garibaldino, il colonnello Stefano Dunyov (1816-1889), ungherese di origine bulgara, divenne cittadino pistoiese d'adozione dal 1872 e non poche epigrafi, poste da municipalità e governi (una anche recentemente da parte dell'Ungheria) all'altezza della sua abitazione in via Verdi n. 19, ne commemorano l'eroica figura. Al n. 40 della centralissima via della Madonna un'altra lapide ci ricorda che Garibaldi nel luglio 1867, in un clima di entusiasmo popolare, visitava per la prima volta la città. Il Generale non poteva immaginare che di lì a poco, il 24 settembre, avrebbe di nuovo, suo malgrado, fatto sosta a Pistoia, nell'allora importante stazione ferroviaria, mentre veniva tradotto prigioniero ad Alessandria dopo un ennesimo, fallito, tentativo di liberare Roma dal potere temporale dei papi ed unirla all’Italia. In quel frangente i garibaldini ed i democratici pistoiesi si dirigevano verso la stazione nel vano tentativo di liberare l'Eroe.

Ne seguiva una vera e propria sollevazione cittadina protrattasi fino al giorno 26. Di lì a poco, il 20 ottobre, ben sessantasei pistoiesi prendevano parte alla sfortunata impresa di Mentana. Il culto di Garibaldi, già vivo dagli anni Sessanta ed alimentato dalle fresche notizie delle sue gesta di eroe nazionale e nel contempo cosmopolita, era enorme e non solo in Italia. Dopo la scomparsa dell'Eroe, nel 1882 , assumeva, a livello popolare, la forma di una "immaginazione mitica e la forza di un sentimento religioso attivo" (2). Anche i moderati ed i clericali, fieri avversari del Generale in vita, non potevano più "parlar male di Garibaldi", ma cercavano esorcizzarne la figura di socialista (favorevole, tra l'altro, alla Comune di Parigi) di sostenitore delle società operaie di mutuo soccorso e di massone anticlericale, proponendone una rivisitazione in chiave unitaria e nazionale. Indubbiamente il socialismo di Garibaldi fu più umanitario e gradualista che scientifico o anarchico (nel periodo della Prima Internazionale non fu certo in sintonia con Marx e nemmeno col collettivismo di Bakunin) ed inoltre il Generale era stato costretto per lungo tempo a sacrificare i suoi realistici e concreti ideali sociali alla suprema causa dell'Unità e dell'Indipendenza nazionale. Tuttavia per i democratici ed i radicali la figura di Garibaldi era e permaneva una bandiera che non poteva e non doveva essere impugnata da quelli che, in vita, l'avevano tenacemente avversato! Le divergenze politiche sulla persona dell'Eroe si manifestarono quindi anche a livello cittadino quando, nel 1882, da parte dei garibaldini pistoiesi, pur di far presto, si pensò di dedicare al Generale un "busto posato su una colonnetta di bronzo" alla cui modesta spesa poteva sopperire una sottoscrizione popolare. A tale proposta i moderati contrapposero, forse non a caso, il progetto di un costoso monumento concepito in chiave universalistica "grande e solenne" ed i cui tempi di realizzazione sarebbero stati, presumibilmente, molto dilatati. Fra i due "partiti" avvennero interminabili dispute col risultato che non fu dato corso a nessun progetto. Il dibattito, mai veramente sopito, riprese improvvisamente vigore dopo ben dieci anni, nel 1892, anno di nascita del Partito Socialista, quando i socialisti pistoiesi costituirono un nuovo comitato, tendente, pur di avere finalmente il monumento, a riproporre la realizzazione di un'opera semplice, finanziata solo con i fondi raccolti fra i lavoratori. Tuttavia anche questa iniziativa, lodevole, ma decisamente di parte, non poteva, fatalmente, che essere boicottata dai moderati. Alla fine del secolo, il culto di Garibaldi venne ormai accettato anche dall'iconografia ufficiale monarchico-umbertina; si affermò definitivamente il filone celebrativo e monumentalistico e in Pistoia quasi tutti concordarono sul progetto di un monumento imponente. I contrasti politici, apparentemente sopiti, però insorsero nuovamente sulla questione dell'ubicazione della scultura. Sulla prime apparve vincente la tesi, sostenuta da ben due commissioni e dal Consiglio comunale, di chi proponeva una sua sistemazione in piazza del Duomo, ma le forze moderate e clericali, anche attraverso due petizioni, manifestarono una decisa opposizione. La disputa si protrasse ancora per circa quattro anni, finché tutti i contendenti, dato il notevole costo dell'opera preventivata, furono costretti ad accettare il concorso finanziario della Cassa di Risparmio, ma era un contributo condizionato dal fatto che il monumento non dovesse essere assolutamente collocato in piazza del Duomo. Il Consiglio comunale, dopo ulteriori defatiganti discussioni che impegnarono vari gruppi di esperti e dopo aver respinto varie ipotesi di collocazione (Piazza Mazzini, Piazza Stazione, ecc.) scelse finalmente piazza S. Domenico, allora più defilata rispetto ad oggi, (poi denominata piazza Garibaldi) dove il monumento fu finalmente collocato nei primi mesi del 1904, ma non senza un ulteriore strascico di ricorsi giudiziari e traversie burocratiche. Il 2 giugno 1909, cinque anni dopo l'inaugurazione, "i reduci garibaldini pistoiesi" fecero porre alla base dell'opera una corona in bronzo con al centro un fascio littorio, simbolo allora comunemente usato dalle associazioni democratiche ed operaie. Curiosamente qualche antifascista pistoiese, dopo la caduta del regime mussoliniano, non avendo evidentemente ben considerato l'iscrizione, proporrà senz'altro di toglierlo. Quel fascio "democratico" era stato scambiato, in una comprensibile furia iconoclasta, per uno dei tanti fasci a suo tempo apposti dal P.N.F. su edifici e monumenti, divenuti ormai simboli di un regime che in effetti non aveva certo esitato ad appropriarsi a fini propagandistici anche della figura del Generale. Indubbiamente una sorta di "appropriazione indebita" testimoniata in sede locale dal settimanale fascista "Il Littorio" sulle cui pagine, il 5 giugno 1932, si era giunti a scrivere: "Non abbiamo più tra i piedi tribuni, e retori e faziosi a snaturare la leggenda garibaldina a farsene materia incandescente per i comizi di piazza e per le apostrofi operettistiche di Montecitorio....L'Italia fascista è com'Egli la volle nelle sue solitarie meditazioni di Caprera". Segnali innegabili che le dispute fra moderati e radicali, fra destre e sinistre, sull' "appropriazione" della figura di Garibaldi - naturalmente, non solo prerogative pistoiesi - venivano da lontano e sarebbero proseguite a lungo!

Carlo Onofrio Gori

1) Cfr. C.O. Gori, Giuseppe Civinini. Profilo di un garibaldino pistoiese, in "Camicia rossa", n. 2 (2002).

2) Cfr. G. Petracchi, Mito e realtà di Garibaldi in una città di provincia: Pistoia 1859-1904, in Garibaldi e la Toscana, Firenze, Olschki, 1984.

 

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