Le ragioni dei lavoratori N.C.A.

La RSU dei Nuovi Cantieri Apuania in rappresentanza dei lavoratori sente l'obbligo e il dovere di intervenire con un documento di posizione sulla vicenda NCA, così da impedire a chi avesse voglia di protagonismo di intorbidire ancora di più le acque già di per sé stesse confuse dal momento particolare dettato da un mercato asfittico e da ragioni politiche al momento a noi incomprensibili. 
NCA pur essendo al 100% in portafoglio direttamente al Ministero del Tesoro a seguito della trasformazione della vecchia Gepi prima di Itainvest e in ultimo in Sviluppo Italia, è sempre stato considerato una sorta di anomalia nell'ambito delle partecipazioni statali, tant'è che il contratto che regola i lavoratori è sempre stato quello di Federmeccanica anziché quello Intersind.
Sistematicamente escluso dalle commesse pubbliche, impossibilitato anche solo a partecipare alle gare di assegnazione, in modo che le stesse fossero una prerogativa di Fincantieri, NCA ha sempre legato la sua sopravvivenza alla capacità di ritagliarsi sul libero mercato delle costruzioni navali nicchie di competenza sia nel mercantile che nei ferry cruise e crocieristica in generale.
Il progressivo imbarbarimento dei mercati, a seguito del prepotente ingresso nel settore dei paesi del sud est asiatico, il fisiologico declino di una classe armatoriale che oltre ai costi puntava anche alla qualità del prodotto, l'inserimento del settore di società finanziarie con logiche diametralmente opposte e la progressiva cancellazione dei finanziamenti pubblici, non hanno minimamente fiaccato la vitalità di questa azienda sempre capace di adattarsi alle nuove esigenze attraverso ristrutturazioni anche dolorose e soprattutto grazie alla duttilità ed enorme spirito di sacrificio delle sue maestranze e di un indotto altamente qualificato.
L'ultima ristrutturazione è datata 1999: investimenti per 7 milioni di euro ed una dolorosa razionalizzazione e flessibilità delle mansioni interne, permisero al NCA di acquisire 2 nuove commesse, 2 ferry cruise di modernissima e rivoluzionaria concezione volute dall'armatore Aldo Grimaldi, la Superba e la Suprema, consegnate addirittura in anticipo, l'ultima nell'aprile del 2003. nello stesso periodo, una fortissima recessione mondiale, ma soprattutto il tragico 11 settembre americano mandavano in crisi l'economia globale con gravissime ripercussioni anche sulla cantieristica. In Italia entra in crisi perfino Fincantieri che perde commesse all'estero costringendosi così a fare concorrenza sul mercato interno (vedi NCA), da noi, da Livorno a La Spezia, falliscono e chiudono tutti i cantieri di costruzione navale, l'unico a galleggiare pur tra mille difficoltà è guarda caso....ancora e solo NCA.
Seguendo il filo che collega il ragionamento, adesso solo la chiusura in negativo del bilancio 2002, che ribadiamo ha visto il fallimento di Livorno, Viareggio, Ferrari e San Marco a La Spezia, di molti altri cantieri navali in Italia e in Europa, dopo aver chiuso in attivo il bilancio 2001 e con una previsione in forte recupero di bilancio nel 2003, con tre costruzioni presenti in azienda, di cui una ottenuta (la chimichiera del gruppo Castaldi) senza nemmeno il finanziamento del 6% che consente la Comunità Europea «solo» perché il governo italiano ha «dimenticato» di attivare la prassi necessaria per il recepimento della stessa direttiva. Sicuramente questo dato può far capire il grado di competitività raggiunto da NCA, che senza nessun aiuto, riesce a competere a costi minori e a tecnologie migliori con coreani, giapponesi e cinesi sul terreno degli stessi e cioè le navi commerciali. 
Ancora, dopo tutti i sacrifici fatti dai lavoratori per mantenere in piedi un'azienda che sul territorio, con una disoccupazione soprattutto giovanile pari alle più neglette province siciliane, garantisce oltre 1300 posti di lavoro, qualcuno avrebbe il coraggio di chiederci di abbandonare la navalmecanica per la diportistica? E magari convincere tutti noi che il diporto è l'unica soluzione per salvare sia l'azienda che l'occupazione? Se così fosse e noi lo credessimo, ci sarebbero gli estremi per un reato che la legge punisce come «circonvenzione di incapaci». Noi invece sappiamo benissimo che la navalmeccanica e la diportistica sono due attività che camminano su rette parallele diverse tra loro, non solo sulle piccole imbarcazioni dove addirittura si passa dalla definizione «metalmeccanici» a «chimici», ma pure sui cosiddetti «yacht di lusso» che hanno sì lo scafo in acciaio, ma il rapporto che consentono nell'impiego della manodopera è al massimo di 1 a 10 e richiedono esclusivamente il ricorso ad artigiani d'élite. Sappiamo benissimo che il settore da diporto che negli ultimi anni ha avuto uno sviluppo impressionante, si parla di incrementi vicino al 500% è attualmente in fase di consolidamento e che gli imprenditori del settore cercano spazi non tanto per la possibilità di acquisire nuovi ordini, tra l'altro sulle costruzioni di piccole e medie dimensioni sono già in agguato i costruttori asiatici (Cina in particolare), ma piuttosto per garantire ai loro clienti il «service», cioè manutenzione, riparazioni e rimessaggio.
Chiaro è che nella sciagurata ipotesi che noi tutti impazzissimo di botto e in maniera definitiva, quindi accettassimo la soluzione diporto, i tempi della ristrutturazione che ne conseguirebbero sarebbero della durata di circa due anni; non sembra anche a voi che il rischio di arrivare in un settore ormai esaurito e per ultimi sarebbe molto elevato? Chiaro a tutti, per gli imprenditori che nel tal caso utilizzerebbero sovvenzioni pubbliche, sarebbe solo una riduzione di cespiti in un grosso affare, ma per i lavoratori coinvolti e per le ricadute sul territorio «LA FINE».
Noi continuiamo imperterriti a credere nella navalmeccanica, ma non per una specie di dannata forma di utopia, ma perché ci crede la Comunità Europea. Se solo qualche apprendista stregone invece di frequentare i salotti buoni si impegnasse, come il suo titolo gli suggerisce di fare, a verificare meglio cosa succede, non sulla luna ma in Europa, la civile Europa, scoprirebbe un progetto denominato Leadership 2015 nel quale sono coinvolti sette commissari europei, dalla spagnola De Palacio, al nostrano Monti, due membri del parlamento europeo e tutti i responsabili dei grandi gruppi imprenditoriali delle costruzioni navali europei, oltre naturalmente ai rappresentanti dei sindacati metalmeccanici europei (FME) che stanno lavorando ad un progetto di rilancio delle costruzioni navali in Europa, perché, dati alla mano, credono fermamente in una imminente ripresa di questo settore. Allora l'Italia? Penisola circondata dal mare e con gloriose tradizioni del settore che fa? Chiude o vende il tesoro di famiglia? Per favore, non scherziamo sul futuro di molti lavoratori e sulle risorse che questi producono. Comunque la RSU di NCA a nome di tutti i lavoratori, se ce ne fosse ancora bisogno, riafferma con forza la netta opposizione di ogni forma di privatizzazione, non per una forma di idiosincrasia ideologica, ma perché una delle condizioni, la più importante per l'acquisizione di ordini, sono le garanzie che si possono offrire alle banche in quanto è quasi impossibile trovare armatori che continuano a pagare ad avanzamento lavori, ma utilizzando sempre più il sistema «chiavi» cioè pagamento alla consegna. Quindi chi meglio di una finanziaria di stato può garantire alle banche la solvenza? Di più, un'azionista pubblico, a differenza di un privato, in momenti particolari di mercato, può e deve accontentarsi di commesse a redditività vicina allo zero, così da evitare il ricorso a famosi ammortizzatori sociali. 
Molto ancora ci sarebbe da dire, ma vogliamo concludere e, a nome di tutti i lavoratori, chiediamo ai sindacati tutti, alle istituzioni locali e nazionali, alle forze politiche e al governo quanto di seguito:

- Spazi per migliorare ulteriormente la possibilità di competere per l'acquisizione di nuove commesse;

- Possibilità di essere ammessi a partecipare a gare per commesse pubbliche, eliminando privilegi che favoriscono solo una parte della cantieristica nazionale;

- Recepimento immediato della direttiva europea che stanzia il 6% di aiuto alle costruzioni navali commerciali; a proposito di ciò, NCA rischia di perdere ancora una importante costruzione (chimichiera) di vitale importanza per le sorti dello stesso.

Concludendo, la posta in gioco non è né ideologica né utopistica, la posta in gioco è la possibilità per oltre 1300 lavoratori di trarre sostegno dignitoso come dice la Costituzione Italiana dal loro lavoro, siamo pronti sempre nel rispetto della democrazia e dall'ordine pubblico ad azioni in difesa dei posti di lavoro e della nostra azienda, azioni anche forti per consentire ad NCA di rimanere negli assetti societari e nella linea industriale «così com'è». La parola d'ordine nostra e di quanti vogliono «veramente» aiutarci deve essere una sola: NCA rimane e deve rimanere così com'è!

Marina di Carrara, , 6 agosto 2003
LA RSU dei Nuovi Cantieri Apuania