Intervista con un lavoratore immigrato
MASSA. I lavoratori immigrati censiti nella provincia di
Lucca nel 2006 sono 244.000; nella provincia di Massa sono circa 72.443, di cui
18.000 impiegati nell'edilizia e 6000 nell'industria. Massa-Carrara, è una
delle province con più alto incremento di nuovi immigrati (+25,1 % rispetto
allo scorso anno). Secondo i dati dell'Inail, in Italia, nel 2006, gli
infortuni occorsi ufficialmente a lavoratori immigrati extracomunitari sono
116.000 (+3,7% rispetto al 2005). I lavoratori extracomunitari si infortunano
il 50% in più di italiani e comunitari. In Toscana, sempre secondo i dati
ufficiali nel primo trimestre 2007, vi sono stati 2010 infortuni di lavoratori
immigrati di cui uno mortale.
D. Da quanti anni sei in Italia e in quale settore lavori?
R. Sono in Italia ormai da 4 anni e lavoro da sempre in
ditte che svolgono la propria attività nella cantieristica navale.
D. In quanti lavoratori siete complessivamente nel vostro
posto di lavoro?
R. Siamo più di 200, tutti appartenenti a ditte esterne (ognuna
delle quali non supera le 30 unità). In questo momento nella mia ditta siamo
qualcosa in più, visto l'arrivo di alcuni lavoratori interinali. Siamo tutti
immigrati, meno 10 lavoratori, tutti italiani, in pianta fissa nell'azienda,
non appartenenti a ditte esterne.
D. Quale tipo di contratto hai?
R. Un contratto a tempo indeterminato con una paga mensile
di 950 euro.
D. Per quante ore e giorni?
R.160 ore mensili dal lunedì al venerdì, senza contare gli
straordinari, che mediamente si aggirano attorno alle 60 ore, di cui solo 29 in
busta paga. Lavoro principalmente a Massa, ma anche La Spezia, Viareggio,
Livorno. Insomma, tutta la costa.
D. Il salario è uguale a quello dei lavoratori italiani?
R. No. Innanzitutto devi considerare che ormai i lavoratori
impiegati in questo settore sono per il 90-95% - a volte 100% - stranieri
(rumeni, marocchini, senegalesi...). La nostra paga base non va oltre i 6,50
euro all'ora, mentre il lavoratore italiano può riuscire comunque ad arrivare
perlomeno a 7,50 euro. Abbiamo, sì, malattia ed infortuni, come loro, ma siamo
totalmente esclusi dai premi di produzione, e questo fa la differenza vera e
sostanziale.
D. Quale è il rapporto con i lavoratori italiani?
R. Pessimo. E' il problema maggiore. Ci vedono come quelli
che sono qui per rubare il loro posto di lavoro; non capiscono i reali motivi
della nostra presenza, non capiscono come mai siamo disposti a fare gli
straordinari o a lavorare il sabato. Non capiscono, o non vogliono capire, che
siamo sotto il costante ricatto congiunto della ditta e dello Stato, tramite le
normative sul permesso di soggiorno. Noi non possiamo alzare la voce per
denunciare le nostre condizioni di lavoro, pena l'allontanamento immediato.
Loro non la alzano di certo la voce, per i nostri problemi. Ti considerano solo
se ti lasci sottomettere a loro e al padrone, e se ciò non avviene ti lasciano
completamente solo, qualsiasi sia la difficoltà o il problema che ti si
presenti. Ti faccio un esempio banale, ma significativo. Alle 9 del mattino abbiamo
la pausa caffè: tu noterai sempre che i lavoratori italiani fanno la pausa tra
di loro e non si mescolano mai con gli immigrati che fanno pausa tra di loro.
Non ci si mescola neppure in quella occasione, e non certo per nostra volontà.
Ci si ritrova in piccoli gruppi e si apprezzano le differenze di colore e di
nazionalità. La cosa positiva è che tra i lavoratori immigrati esiste una reale
solidarietà che si estende anche al di là del lavoro, anche se discutiamo dei
problemi del lavoro e non discutiamo né di religione né di politica in senso
stretto.
D. Veniamo alla tragedia di Torino. Come è stata vissuta
ma, soprattutto, come vivete giorno per giorno il problema della sicurezza sul
luogo di lavoro?
R. Torino ci ha molto colpito; sappiamo che quello che è
successo non rappresenta un episodio casuale ma un qualcosa che accade ogni
giorno sui luoghi di lavoro italiani. Noi ci alziamo al mattino sempre con la
paura che sia l'ultima volta. Viviamo ogni ora di lavoro con paura.
D. Esiste nella tua fabbrica un rappresentante della
sicurezza indicato dai lavoratori?
R. Sì, ma non si vede mai, nè si vede il lavoro che
dovrebbe fare. Si fa vedere solo quando viene l' ASL a fare i
"controlli".
D. Quali norme antinfortuni adottate?
R. Le norme che sono segnalate su vari cartelli nei vari
cantieri.
D. In quale lingua?
R. Ovviamente solo in italiano, per cui devi avere la
fortuna che qualcuno di noi possa conoscere un po' la lingua per aiutare gli
altri.
D. Di quali strumenti antinfortuni siete forniti?
R Principalmente guanti e mascherine. Ma la cosa pazzesca
è che i guanti te li danno per un periodo di tre mesi e se li usuri prima o te
li vai a comprare o aspetti la scadenza dei tre mesi. Le mascherine sono quelle
sottili inutili (quelle che usano i chirurghi e non certo quelle che dovrebbero
possedere un filtro particolare che evita i veri danni). Voglio segnalarvi che
i mezzi di protezione minimi che ci forniscono (guanti, mascherine) sono
inadatti o insufficienti. Per questo il più delle volte lo acquistiamo di tasca
nostra. Ogni mese dobbiamo riservare dei soldi per l'acquisto così come lo fai
per la benzina, per l'auto, il bus.
D. Avete fatto un corso di formazione sulla sicurezza e
come è stato svolto?
R. Non è mai stato fatto.
D. Avete incidenti sul luogo di lavoro? Qual è il più
frequente?
R. L'incidente più frequente è la caduta, che non viene
mai registrata dall'azienda come infortunio ma declassata a malattia. I più
esperti di noi cercano di seguire i più giovani ed i nuovi arrivati, almeno nel
mettere le mascherine. E ciò perchè il nostro vero problema sono le inalazioni
di vernici, che riguardano tutti, dal manovale al carpentiere al saldatore. Ti
racconto un episodio triste. Poco più di un mese fa un lavoratore rumeno
abituato a ore e ore di straordinario si è sentito male. Lo ha fatto presente e
gli hanno risposto di finire il turno e di tornare il giorno dopo. Avvertiva un
dolore al torace. Bene, il giorno dopo si è alzato dal letto, ha fatto due
passi ed è morto. Questa come lo consideriamo? Morte per cause naturali?
D. Quale è stato l'atteggiamento dei vostri colleghi
italiani rispetto a tutto questo e a Torino in particolare?
R. Molto semplice. Ci hanno accusato non solo della
tragedia di Torino, ma anche di tutti gli incidenti che avvengono sul lavoro in
Italia. Siamo troppi immigrati in Italia, ci dicono, siamo noi che impediamo ai
padroni di investire nella sicurezza. Siamo noi che impediamo l'applicazione
delle norme antinfortunio.
D. Come Primomaggio abbiamo scritto che ci troviamo di
fronte ad un padronato arrogante ed omicida. Sì, omicida perché la
responsabilità dei morti è sempre dei padroni anche quando a
"sbagliare" sono i lavoratori. Una vera sicurezza non è quella per
cui appena si compie un errore si muore o si perde un braccio o un occhio.. ma
quella in cui l'errore umano è previsto, appunto perché umano, quella in cui si
investono i soldi necessari per strutture, tecnologie, formazione, prevenzione.
Noi pensiamo in realtà che il vero responsabile di queste morti sia il profitto
capitalistico, e non qualche tragica fatalità, disposto a sacrificare
sull'altare del proprio interesse le nostre vite. Tu cosa ne pensi ?
R. Assolutamente sì, sono completamente d'accordo con voi.
D. Abiamo anche scritto che le condizioni degradanti
imposte agli immigrati servono anche per far regredire quelle dei lavoratori
italiani, in nome del profitto privato. Noi pensiamo che lavoratori immigrati
ed italiani debbano lottare uniti per ottenere maggiori diritti. Pensi che sia
possibile un' unità fra lavoratori italiani ed immigrati per conquistare
maggiori diritti oppure pensi che questa strada passi principalmente dalla
verifica di come e quanto sapranno fare, anche sotto ricatto, gli immigrati
stranieri, un po' come fecero i lavoratori italiani meridionali negli anni '60?
R. Ti rispondo con la morte nel cuore ma, anche se quello
che sostenete è quello che serve o servirebbe, oggi non vedo nessuna unità
possibile tra lavoratori immigrati ed italiani. Mi pare più probabile un'unità
vera fra i lavoratori immigrati (rumeni, polacchi, senegalesi, marocchini)
sulle questioni dei diritti e della dignità.
D. Qual è il ruolo del sindacato (CGIL CISL UIL UGL o
altri)) nel tuo posto di lavoro?
R. Sinceramente non li vediamo mai e vediamo solo di tanto
in tanto manifesti che invitano al tesseramento.
In ultimo voglio ricordare con affetto (e assieme a lui
tutte le vittime di questa guerra) Matteo Valenti, morto in un capannone
viareggino l'anno scorso. Ebbene, la ditta dove è stato ucciso Matteo ha
cambiato nome ed è ora intestata alla moglie del padrone o a qualche suo
parente prossimo e dentro quel capannone tutto continua a funzionare come e
peggio di prima. Continua a lavorarci la stesso personale con le stesse
mansioni. Lo Stato e le autorità preposte non hanno fatto nulla di
significativo per difendere gli interessi dei lavoratori, ma hanno solo difeso
il profitto del padrone, quando invece questa ditta doveva essere esclusa per
sempre dai cantieri navali.