Il dramma all’acciaieria
ThyssenKrupp di Torino, dove quattro lavoratori si sono trasformati in torce
umane ed hanno perso la vita, mentre altri tre operai coinvolti nel rogo
giacciono in ospedale con gravissime ustioni sulla quasi totalità del proprio
corpo, ha fatto si che il carrozzone politico e quello mediatico siano tornati
ad occuparsi delle morti sul lavoro.
In Italia, nazione che si vanta
di far parte dei paesi più industrializzati del mondo, il numero di questi
invisibili fantasmi è agghiacciante.
Dal 2003 al 2006, i morti sul
lavoro sono stati ben 5.252. Un incidente ogni 15 lavoratori. Età media di chi
perde la vita sul posto di lavoro 37 anni. La mappatura, realizzata
dall'Eurispes elaborando dati Inail, evidenzia come ogni anno in Italia muoiono
in media 1.376 persone per infortuni sul lavoro .
Le responsabilità della tragedia,
come nel caso dell'acciaieria ThyssenKrupp sono da imputarsi al mancato
rispetto delle più elementari norme di sicurezza da parte dell'azienda, altre
al sistema della precarietà che determina la presenza di lavoratori privi di
esperienza in mansioni altamente pericolose, altre ancora alla stanchezza
determinata da turni di lavoro massacranti, o a cicli produttivi ossessivi ed
alienanti. Il mondo del lavoro è diventato negli anni una giungla strapiena di
trappole, dove il rispetto per la vita umana e la dignità della persona sono
stati immolati sull'altare della produttività e della competizione.
La ricerca per tirare avanti,
spinge ogni giorno centinaia di migliaia di lavoratori ad andare ben oltre i
propri limiti fisici accumulando ore ed ore di straordinario, costringe
altrettanti lavoratori ad accettare mansioni che danneggiano, spesso in maniera
irreversibile la loro salute, i pendolari a buttarsi su autostrade e
tangenziali alle 5 di mattina con il sonno che percuote le tempie. Quella
stessa ricerca della sopravvivenza induce a lavorare in nero in un cantiere o
in un'industria senza che siano rispettate le norme di sicurezza, induce a
spingere l'acceleratore nella nebbia per evitare di perdere un cliente, a
lavorare ancora anche quando si è ormai privi della lucidità necessaria.
Il mondo del lavoro è un teatro
di lotta altamente disumanizzato, dove le persone sono ridotte al ruolo di
utensili, esistenze codificate costrette a rincorrere la speranza di
sopravvivere, anche quando in fondo a quella speranza c'è il concreto rischio
di trovare la morte. Una lotta senza regole, senza senso e senza futuro. Una
lotta combattuta nel nome della produttività e della competizione sfrenata,
dove tutti i lavoratori sono irrimediabilmente destinati a perdere, mentre a
vincere sono soltanto i pochi burattinai che accumulano immensi profitti, e
poco importa loro se si tratta di profitti realizzati attraverso l'alienazione
della vita umana.
Per questo proclamiamo 3 ore di
sciopero per la giornata di venerdì 14 dicembre (ultime ore di ogni turno) per
far salire alta la voce dell'indignazione, uniti assieme al sindacato affinchè
la legge n°123 sia dotata urgentemente dei decreti attuativi di competenza
diventando legge dello stato, ma soprattutto perché i luoghi di lavoro
diventino luoghi del “fare” e non solo del produrre profitto a bassi costi,
rischiando ogni giorno il bene più prezioso che ci è dato: la vita .