Redazione veneta di Primomaggio: Lavorate alla Forgital,
un'azienda metalmeccanica leader a livello mondiale nel settore della
fabbricazione degli anelli a caldo. Il problema sicurezza, quindi, viste le
dinamiche lavorative, è un problema molto importante.
Lavoratori Forgital: La Forgital di Velo d'Astico (Vi)
comprende attualmente circa 300 addetti (più una cinquantina circa di esterni);
sita nell'Alto vicentino, fa parte di Forgital Group. È la fabbrica più
importante di questa multinazionale che comprende la Rimach, la Sumec, la
Rtm-Breda (sempre nel vicentino) e la Forge Dembienmont in Francia. Questi siti
sono tutti produttivi. Forgital USA, Forgital Germany, Forgital East Europe,
Forgital France sono invece i siti commerciali. La Forgital produce anelli a
caldo, anche di grosse dimensioni, in acciaio e varie leghe.
Già dagli anni '80 ci si è accorti che, sia per la
lavorazione di anelli pesanti, con alte temperature, con enormi presse e
laminatoi, sia per la movimentazione di tali pezzi enormi, sia di peso che di
diametro, la sicurezza sul posto di lavoro era uno dei problemi più urgenti,
perché alquanto precaria.
I Comitati di Fabbrica prima e le RSU poi, hanno sempre
cercato di affrontare la questione della sicurezza, direttamente e
primariamente con il datore di lavoro.
Quando le macchine sono ben funzionanti e i carrelli
elevatori sono a norma e con una buona manutenzione, con i reparti puliti ed in
ordine, i rischi d'infortunio calano…
Con scioperi e diversi blocchi degli straordinari si sono
fatti dei bei passi in avanti, ciononostante, nel 1997, un carrellista è morto,
schiacciato sotto il mezzo che stava guidando e che si è ribaltato.
Durante le assemblee di fabbrica si sono sempre invitati i
lavoratori ad andare piano con i carrelli elevatori, e soprattutto, se mal
funzionanti, di non usarli, di mettere in atto tutti i sistemi di protezione
individuali.
Fin qui, teoricamente, tutto bene. Ma c'è un però, un però
da 240 milioni di Euro.
Il fatturato, padre del profitto, che si alimenta di
produzione. Produrre su 3 turni anche il sabato e su qualche reparto anche la
domenica.
Al reparto Trattamenti Termici lo chiamano il Forgital week
end. 12 ore il sabato e 12 ore la domenica su 2 turni, più altre 2 giornate di
8 ore infrasettimanali per raggiungere le 40 ore settimanali. Spesso, ai
neo-assunti in questo reparto, chiedono la disponibilità (vincolante per
l'assunzione) al Forgital week end. Vengono anche eliminati i pochi ponti del
calendario, ed è chiaro come la manutenzione si faccia solo sui macchinari che
si fermano e non possono più lavorare. Ordine sui reparti, quando c'è tempo.
Vengono comunque appesi grandi cartelli con la scritta “+ ORDINE E PULIZIA –
INFORTUNI” (…)
In molti sono presi da questo produrre. I datori di lavoro
(padroni), per il fatturato. I capi reparto, per farsi ben volere dal padrone,
e per qualche bustarella (premio aziendale) a fine anno. I capi squadra e
molti, molti operai, idem.
Cosa significa? Che siamo alla beffa. Il direttore generale
nel discorso di fine anno raccomanda ai carrellisti di andare piano e non usare
macchine difettose o senza freni. Poi, in busta paga, s'incentivano quegli
operai che per non fermare la produzione usano carrelli senza freni o difettosi
ed obsoleti.
(PM) Anche alla luce di come avete descritto il mondo dove
lavorate, pensate possa essere utile un collegamento dal basso, diretto, tra
lavoratori, per cercare di coinvolgere anche quelli che non sono iscritti ai
sindacati, e quelli che hanno oggettive difficoltà a sviluppare un intervento
sindacale?
(Lavoratori Forgital) Questo è un problema reale ed
importante. Quando ci sono le assemblee parlano sempre i soliti: o i
sindacalisti esterni, o i rappresentanti dei lavoratori eletti. A parte qualche
piccolo gruppo di operai, che anche durante la pausa pranzo si confrontano sui
temi che di volta in volta sono messi sul tappeto, per il resto è una calma
piatta.
Non si leggono neanche i volantini. Forse avete ragione. La
soluzione è partire da noi e comunicare tra noi lavoratori. Riappropriarci del
quotidiano dentro la fabbrica e con lavoratori di altre fabbriche.
Delegare significa rinunciare. Invertire questa rotta
potrebbe essere, oltre che giusto, anche - chiamiamola - una “scossa positiva”.
Anche se la situazione che prima vi abbiamo descritto, non mette certo di buon
umore. Certo, allegri o tristi, non ci sono tante altre vie.
(PM) Pensate che i lavoratori siano sufficientemente
informati sulle questioni della loro sicurezza?
(Lavoratori Forgital) Per rispondervi vi parliamo ancora
della fabbrica dove lavoriamo, portandovi degli esempi. Ogni certo periodo 2
addetti dell'azienda partono e vanno verso il Sud ritornando, dopo vari
colloqui, con un “pullman” di giovani che vengono assunti per 3 mesi, tramite
agenzie di lavoro interinale. A questi giovani viene fatto un corso
antinfortunistico, dove gli si spiega per bene tutte le cose. A parte il fatto
che tutta quest'operazione crediamo preveda dei finanziamenti, sia per il fatto
di assumere gente del Sud, sia per il fatto di fare dei corsi sulla sicurezza;
ma quelli regolarmente e stabilmente assunti di queste operazioni sono 4 o 5.
Anche i lavoratori a tempo indeterminato vengono aggiornati,
e possiamo dire anche in maniera seria, sul modo di comportarsi e sul cosa fare
in determinati casi. Come vedete, la situazione sarebbe teoricamente
accettabile, è il resto che non quadra.
Vi raccontavamo prima degli incentivi e del come e a chi
vengono dati. Adesso l'azienda propone un premio legato alla presenza, da anni
se ne sta parlando e per il momento abbiamo resistito. Significa che vedremo
lavoratori che oltre a correre su carrelli senza freni, saranno sul posto di
lavoro anche se febbricitanti. Prima di essere informati, dovrebbero essere
curati.
(PM) Della vicenda ThyssenKrupp nella fabbrica dove lavorate
si è parlato?
(Lavoratori Forgital) Sì, sì, se n'è parlato molto e con
grande solidarietà e partecipazione. Vedete, la lavorazione a caldo che viene
fatta da noi ricorda molto quel posto, magari anche solo a livello istintivo.
Se n'è parlato. Molti lavoratori increduli, molti preoccupati. Vedete, anche
qui nel Veneto, nel “ricco Nord-Est”, si muore ogni giorno di lavoro, e molto,
troppo. E se ne parla anche, ma non basta, se poi noi lavoratori non capiamo
che è della nostra vita e della nostra salute che si sta parlando.
Le cose sembrano accadere sempre lontano da noi, ma non è
così. Questo si deve capire.