Lapideo in crisi. Quale futuro per i lavoratori e per la montagna ?

 

Mentre avviamo un lavoro di inchiesta nel settore lapideo non possiamo non tenere conto della crisi che, ormai da tempo, sta colpendo il settore. Gli ultimi dati del mercato lapideo sono stati diffusi a novembre (fonte ISTAT, elaborazione a cura del Nucleo Analisi Territoriali di Assoindustria).

Prendiamo ad esempio quello che scriveva il quotidiano “La nazione” il giorno 13 novembre: “Scendono le quantità, scendono i prezzi, scendono i valori... Le esportazioni segnano una contrazione in valore del 12,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: equivalente ad un calo del 10,8% delle quantità. Un preoccupante giro di boa ‘in negativo’, se raffrontato al già buio dato del 2002, che raccontava di un calo di sei punti e mezzo percentuali.

Nel dettaglio, la maglia nera va alle esportazioni di lastre di marmo e graniti (-12,7). ‘Solo’ -6,7, invece, per le scaglie lavorate e i granulati, e -2,7 per le pietre lavorate rispetto ai primi sei mesi del 2002”.

Questi dati si riferiscono al dato complessivo nazionale, ma nulla invita a sperare che i dati del comprensorio apuo-versiliese siano in controtendenza, anche perché i poli del lapideo in Italia sono relativamente pochi.

In questa situazione chiaramente hanno giocato una serie di fattori: la concorrenza di paesi come la Cina (che la stampa definisce “vera rapace del mercato lapideo mondiale”), il valore dell’euro...

Essendo per noi inimmaginabile mettersi nell’ottica di aprire una escalation di concorrenza con i lavoratori di altri paesi (soprattutto perché questa “guerra tra poveri” si trasformerebbe in una concorrenza al ribasso delle condizioni di vita e di lavoro di tutti) è evidente che si debba aprire un confronto basato su un approccio del tutto diverso.

Dobbiamo, ad esempio, ragionare su quale debba essere il destino del marmo estratto nella nostra zona. Se si debba puntare, come si è fatto in questi anni, sulla quantità estratta e inviata alla lavorazione all’estero o se non si debba, invece, spingere (magari anche attraverso pesanti disincentivi istituzionali) per la lavorazione “in loco” del materiale estratto dalle nostre montagne.

E dobbiamo ridiscutere complessivamente il destino stesso delle nostre montagne.

Sfruttare in modo indiscriminato una risorsa esauribile vuol dire “segare il ramo su cui si sta seduti”; inoltre, lo scempio ambientale che viene perpetuato ai danni dell’ambiente (e quindi delle persone e dei lavoratori) trova la sua logica conseguenza nel ripetersi di alluvioni, calamità e quant’altro.

Pensiamo all’ultima alluvione che ha colpito Carrara in cui c’è stata una precipitazione forte, ma non straordinaria. E’ solo per caso che non si debbano contare decine di vittime.

Fino a quando possiamo pensare di continuare così ?

Non è più rimandabile, per noi, discutere e decidere di nuovi assetti e di nuove prospettive per far cessare definitivamente lo scempio ambientale che è allo stesso tempo attacco alle nostre condizioni di vita e di lavoro.

Il marmo è una ricchezza attorno a cui deve svilupparsi una filiera produttiva che consenta un minore impatto ambientale e un aumento di posti di lavoro e di migliore qualità. Questa è una scommessa su cui lavoratori e popolazioni locali possono impegnarsi.

 

Abbiamo intervistato un operaio di una ditta sotto i 16 dipendenti (A.) e uno di una ditta (cooperativa) sopra i 16 dipendenti (B.).

 

Presentati

 

A.:  Sono un cavatore di 30 anni, lavoro almeno da 10 anni in cava, con l’attuale ditta sono in forza da circa un anno e mezzo.

 

B.:  Ho 29 anni, lavoro da 5 anni in una cooperativa di estrazione lapidea .

Sicuramente vedo le cose da una prospettiva privilegiata rispetto ad altri lavoratori del settore.

 

Con quale contratto lavori ?

Esistono nella tua ditta contratti di lavoro “precari”: part-time, interinale....(se esistono diverse tipologie di contratto quali sono i rapporti tra i lavoratori  dei diversi contratti ?)

In quanti siete?

 

A.: L’attività comprende sette lavoratori tutti con contratto a tempo indeterminato, credo. Non c’è l’abitudine di parlare dei contratti e di quanto riguarda il nostro mestiere dal punto di vista normativo; siamo molto disinformati.

 

B.: Il mio contratto di lavoro è da operaio specializzato e nella mia ditta siamo tutti parificati contrattualmente. Alla lavorazione estrattiva siamo circa una sessantina, divisi in coppie.

 

Quale è il tuo orario di lavoro ?

E’ lo stesso per tutti ?

 

A.: L’orario è unico seppure con qualche variante e va dalle 7 del mattino alle 16 del pomeriggio. Lo straordinario è una norma in quanto serve soprattutto a compensare quelle che sono le decurtazioni dovute alle avverse condizioni meteorologiche. Mi spiego meglio: se piove o nevica noi dobbiamo attendere in cava fino alle 9 e se non smette percepiamo la giornata all’80%; con uno stipendio intero di 900/1000 euro il mese di base, i mesi invernali decurtati diventano molto miseri.

 

B.: L’orario di lavoro è 8 ore con un ora di pausa mensa. L’orario è per tutti uguale.

 

Ci sono lavoratori immigrati ?

Se sì come sono le loro condizioni e il vostro rapporto con loro ?

 

 A. e B.: Con me non lavorano immigrati

 

Riguardo alle norme di sicurezza cosa ci puoi dire ?

La 626 viene applicata ?

 

A.: Per quanto riguarda la sicurezza posso ritenermi fortunato, è il nostro principale che ci fa più storie per il rispetto delle norme, non esiste la figura del delegato della sicurezza o quanto meno io non ne sono a conoscenza; comunque è norma utilizzare caschi di protezione, effettuare controllo e pulizia della tecchia, usare i carter per il taglio con la catena diamantata. Non sempre è così: anzi, in rapporti di lavoro passati, anch’io ho avuto incidenti anche piuttosto seri, che erano evitabili.

 

 B.: Applicare la legge 626 nella sua totalità nei bacini marmiferi è quasi impossibile.

La sostanziale incongruenza è che applicandola non avremo mai una sicurezza oggettiva.

Per natura la cava non è mai sicura, può succedere sempre qualcosa di casuale .

Molte norme personali non vengono applicate: caschetti, cinture di sicurezza e scarponi anti-infortunistici che dopo due settimane di lavoro passa no l’acqua e che quindi nessuno usa.

L’assurdità sono le macchine per il taglio:  io le considero molto pericolose .

La migliore sicurezza la crea l’operaio che mette in primo piano la stessa sicurezza personale, ma non è sempre cosi.

 

Quanti infortuni avete annualmente o mensilmente?

In che condizioni lavorate?

 

A.: Il lavoro in cava era e rimane un lavoro fisicamente impegnativo per i ritmi e per le condizioni ambientali in cui si è costretti a lavorare. Dove lavoro io gli infortuni sono diminuiti, ma in proporzione il numero degli infortuni rispetto agli occupati in tutto il bacino massese  e  carrarino continua ad aumentare.

 

 Lav.B) Una stima precisa degli infortuni non sono in grado di darla, in genere sono di piccola entità , penso che si aggiri sotto la decina all’anno.

Le condizioni lavorative sono: l’inverno umido e freddo, l’estate  molto caldo.

Nonostante tutto, noi stiamo  bene rispetto alla maggior parte degli addetti , abbiamo molti mezzi in discrete condizioni, mentre dove il padrone fa il padrone i mezzi si cambiano quando non sono più utilizzabili.

 

Esiste il sindacato (confederale o Cobas) ?

Come sono i rapporti e come si muove il sindacato  (un tuo giudizio) ?

 

A.: Il sindacato esiste anch’io sono iscritto, ma se non riesce a farci avere un salario dignitoso, una pensione prima di diventare vecchi decrepiti e a stoppare l’aumentare degli  infortuni, siamo messi male.

Il sindacato dovrebbe tutelare anche la ricchezza che il marmo va a ridistribuire sul territorio e il territorio stesso. Oggi sempre più cave oltre che marmo tendono a commercializzare i detriti. Una volta la “risulta” di lavorazione (carbonato di calcio, ndr) era un fastidio, un prodotto da dover smaltire; oggi è un affare, estraggono pezzi alla “svelta” anche informi, li triturano e li commercializzano a pezzi.

 

B.: Sì, esiste il sindacato: sia il confederale, sia i Cobas.

Non esiste un rapporto con i lavoratori, non esistono riunioni, non esiste informazione nemmeno sulle manifestazioni. Ma la ditta segue in maniera categorica le direttive del sindacato di maggioranza. Io non sono iscritto.

 

Cosa ci puoi dire dello stipendio e dei pagamenti ?

 

A.: Come ho detto lo stipendio base si aggira attorno ai 900-1000 euro al mese, i pagamenti sono regolari.

 

B.: Il mio salario si aggira intorno ai 1250 euro, i pagamenti sono regolari.

 

Lavorate nel bacino apuano. Avete rapporti con i lavoratori di altre cave della zona e con i lavoratori delle ditte al piano ?

Avete rapporti con i lavoratori del bacino della Garfagnana e siete a conoscenza del tipo di contratto di questi lavoratori e se è differente dal vostro?

 

A.: Non ne sono a conoscenza

 

B.: Lavoro nel bacino apuano ma personalmente ho solo rapporti con i lavoratori delle ditte confinanti. Con gli operai delle ditte al piano non ho nessun rapporto. Personalmente io non conosco nessun lavoratore dalla Garfagnana. Credo che i contratti di  settore siano all’incirca simili, ma francamente non ne sono a conoscenza.