Ogni anno in Italia muoiono circa 1.000 persone per
mesotelioma alla pleura e, sommando anche i decessi per malattie riconducibili
all’amianto (”asbesto-correlate”), si sale sino a 5.000 morti annue.
Inoltre, dato che il tempo di latenza di questa tipologia
di tumore è molto lungo, gli epidemiologi hanno calcolato che nei sei
principali paesi europei e nei prossimi 20 anni i decessi per mesotelioma
saranno almeno 250.000.
Aggiungiamo che,
soltanto in Italia, i lavoratori entrati in qualche modo a contatto con
l’amianto sono circa 1.300.000.
Anche il bacino apuo-versiliese è stato particolarmente
colpito.
Nella provincia di Massa-Carrara sono ancora circa 1.000 i
lavoratori interessati al riconoscimento dei benefici per l’esposizione
all’amianto; circa 500 i procedimenti amministrativi attivati dalle domande
presentate all’INPS; circa 200 le procedure aperte con l’INAIL; circa 200 i
procedimenti giudiziari in corso.
Nella provincia di Lucca sono circa 600 (un centinaio per Viareggio, esclusi i lavoratori di
Fervet, Sec ed ex-Benetti) i lavoratori interessati al riconoscimento.
Non meno rilevante è la situazione nelle zone limitrofe,
basti pensare ai lavoratori spezzini (e liguri in genere), livornesi e
soprattutto ai lavoratori, che per antonomasia sono stati purtroppo uno dei
simboli degli effetti dell’amianto, dell’Ansaldo Breda di Pistoia.
Cosa fa il governo per rispondere a questo scenario
drammatico ?
Con un articolo (che neanche il più cinico amante della
cabala avrebbe numerato 47), facente parte del Ddl. 269 del 1 ottobre 2003
collegato alla Finanziaria 2004, il governo
cala definitivamente la mannaia sui lavoratori esposti all’amianto.
Vediamo cosa cambia.
Il coefficiente di rivalutazione dei benefici
previdenziali (previsto dall’articolo 13 comma 8 della legge 257/92) dimezza passando
da 1,50 a 1,25.
Chi ha 20 anni di esposizione riconosciuta non avrà più 10
anni di rivalutazione, ma solo 5. In pratica da 6 mesi si passa a 3 mesi per
ogni anno di esposizione.
Il “coefficiente moltiplicatore si applica solo ai fini
della determinazione dell’importo delle prestazioni pensionistiche e non alla
maturazione del diritto di accesso alle medesime”.
Da ora in poi l’esposizione all’amianto non sarà più
calcolata per il pensionamento anticipato.
Ad esempio, un lavoratore al quale vengono riconosciuti 5
anni di maggiorazioni previdenziali pur avendo 35 anni di contributi non potrà
accedere alla pensione, ma dovrà continuare lavorare fino a quando non avrà
maturato i requisiti validi per tutti i lavoratori.
Dopo aver respirato veleno per anni bisogna continuare a
lavorare.
Per l’esposizione all’amianto si verrà, miseramente e meno
di prima, solo “monetizzati”, sgravando i padroni di ogni responsabilità civile
per le neoplasie professionali causate dall’amianto.
Si “salverà” da queste misure chi è già ammalato o è già
andato in pensione, chi è in mobilità o può andare in pensione con il minimo di
anzianità , chi ha già la certificazione INAIL alla data del 2 ottobre.
Tutti gli altri, in attesa del riconoscimento, verranno
colpiti.
Si tratta di migliaia di lavoratori, di intere categorie e
di piccole e piccolissime ditte.
Il riconoscimento dell’esposizione avverrà solo dimostrando
una esposizione per 10 anni superiore alle 100 fibre per litro per turno.
Chi oggi è in grado di dimostrare una simile esposizione ?
E poi perché questa soglia ?
Non si sa forse che l’amianto è altrettanto pericoloso
anche in dosi infinitamente più basse ?
Dalla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, passati 180
giorni per i lavoratori esposti all’amianto ma non ancora riconosciuti, non
sarà più possibile richiedere alcun beneficio.
Le lotte dei lavoratori negli anni passati avevano
conquistato una legge che garantiva, seppur in modo parziale, alcuni diritti.
Se ci chiediamo perché esisteva un “beneficio” per i
lavoratori esposti all’amianto la riposta è avvilente, spettrale: avevano la
possibilità di andare in pensione prima per la semplice ragione che avevano una
maggiore probabilità di morire prima.
Per “fare cassa”, il governo Berlusconi condona tutto e taglia le tasse ai ricchi
mentre condanna a morte i lavoratori.
Regala miliardi alle compagnie assicurative con la polizza
obbligatoria sulle calamità, miliardi alle scuole private, miliardi al
Vaticano.
Ma non possiamo neppure dimenticare che l’attuale
smantellamento della legge 257/92 avviene in continuità con i tentativi dei
precedenti governi di centro-sinistra (basti ricordare il testo Battafarano ?)
i quali, recependo accordi tra CGIL-CISL-UIL, padroni, INAIL e INPS, produssero
indirizzi amministrativi tendenti ad escludere interi settori che avevano subito massicce esposizioni.
Riforma del lavoro, tagli alla sanità e alla scuola
pubblica, speculazione sulla salute e sulla vita delle lavoratrici e dei
lavoratori sono tutti aspetti dello stesso attacco che i lavoratori stanno
subendo da anni.
In nome del profitto ogni anno nel mondo più di un milione
di lavoratori è costretto a morire sul posto di lavoro.
E quanti sono quelli che muoiono, anche a distanza di
tempo, per quello che hanno inalato e respirato ?
Nessun padrone ha mai dovuto pagare per i suoi crimini. Neanche
quando i lavoratori sono riusciti a portarli davanti ad un tribunale.
Basti pensare alla sentenza del tribunale di Milano nel
2002 (e ancora prima a quella di Venezia nel 2001 che assolse i vertici
dell’industria chimica italiana per i centinaia di morti e ammalati per
l’esposizione al cloruro di vinile) che
ha mandato assolti i vertici della ex Breda Fucine di Sesto San Giovanni.
Dobbiamo lottare per impedire che questa ennesima infamia
ai danni dei lavoratori diventi realtà.