Piaggio. La lettera inviata ai giornali dai
lavoratori della Piaggio espulsi dalla FIOM
L’espulsione di undici tra delegati e lavoratori
e la sospensione di altri cinque è un fatto senza precedenti nella storia della
CGIL, ed è necessario che tutti possano conoscere i fatti che stanno dietro una
simile decisione.
Veniamo accusati di aver pubblicamente
e sistematicamente contestato, con interventi in assemblea, volantini,
promozione di agitazioni, nientemeno che la linea sindacale della Segreteria
provinciale di Pisa della FIOM.
Perché l’abbiamo contestata? Chi
conosce la storia sindacale alla Piaggio negli ultimi anni sa bene che dal ’95
una serie di accordi tra OO. SS. provinciali e Azienda ha introdotto alla
Piaggio forti aumenti dei ritmi di lavoro, oltre 2000 licenziamenti, uso
abnorme del lavoro stagionale, flessibilità e sabati lavorativi, senza aumenti
salariali.
In particolare, il metodo dei tempi di
lavoro TMC2, ben noto perché alla base della rivolta di Melfi, è stato
introdotto alla Piaggio da un accordo aziendale del 1995. La sua applicazione,
anche di fronte alla resistenza operaia, è stata possibile solo grazie al
sostegno delle OO.SS. provinciali, in particolare dalla FIOM.
Questo ha portato dal ’95 a oggi a una
serie di accordi, che hanno autorizzato la stagionalizzazione della produzione,
con l’uso massiccio del lavoro precario e dei sabati lavorativi e hanno
acconsentito ai licenziamenti generati dai forti aumenti di produttività conseguenti
agli aumenti dei ritmi di lavoro.
Nell’ultimo anno, con l’arrivo alla
Piaggio di Colaninno, la disponibilità della FIOM provinciale ad ulteriori
concessioni all’azienda si è tradotta nella sigla di un accordo integrativo che
riduce al minimo gli aumenti salariali, assenti in Piaggio da nove anni,
condizionandoli interamente agli obiettivi aziendali, conferma l’applicazione
del TMC2, introduce la legge 30 e reimpone i sabati lavorativi, che le lotte
operaie avevano resi impraticabili negli ultimi tre anni.
L’accordo è stato approvato a
maggioranza strettissima, solo grazie al voto favorevole degli impiegati, in un
Referendum fuori delle regole (per es., solo quattro rappresentanti del NO,
venti del SI, su otto seggi, un rappresentante del NO e cinque del SI in
Commissione elettorale).
Tutto questo stracciando la piattaforma
precontrattuale, dai contenuti diametralmente opposti, approvata lo scorso
settembre dai lavoratori a larghissima maggioranza nel quadro delle iniziative
della FIOM contro gli accordi separati di FIM e UILM sul contratto nazionale e
condraddicendo apertamente tutte le posizioni e gli obiettivi della FIOM
nazionale su TMC2, legge 30, flessibilità e salari.
In questi anni noi ci siamo fatti
interpreti della resistenza operaia, che si è espressa all’inizio con scioperi
di reparto e ha nel tempo consolidato un gruppo di lavoratori e delegati FIOM,
circa la metà dei 17 FIOM nella RSU prima del suo rinnovo nello scorso
novembre.
La continua crescita del sostegno
operaio alle nostre posizioni ha determinato negli ultimi anni uno scontro
aperto in fabbrica con la Segreteria provinciale della FIOM.
In ottobre le dimissioni dei delegati
FIOM legati alla segreteria provinciale hanno anticipato il rinnovo delle RSU.
Le elezioni sono state gestite da una commissione di sole quattro persone,
nominate dalle segreterie provinciali di FIOM FIM e UILM e UGL, col disprezzo
di ogni regola e garanzia (assenza in tutti i seggi degli elenchi dei votanti,
divieto ai componenti dei seggi di siglare le schede elettorali, siglate solo
della Commissione elettorale, che ha rifiutato di indicarne il nomero totale,
urne facilmente manomettibili e nella disponibilità della sola Commissione per
lunghi periodi, in particolare per quattro ore tra la fine delle votazioni e l’inizio
dello scrutinio, durato cinque giorni, rifiuto totale, anche a formale
richiesta, di accesso ai verbali).
I risultati hanno ridotto a sei su
sedici il numero dei delegati della minoranza nella RSU, con evidentissime
discrepanze rispetto alla parallela votazione per l’elezione dei responsabili
della sicurezza, dove la minoranza ha avuto tre eletti su quattro FIOM.
I nostri ricorsi agli organismi
sindacali sono stati respinti senza motivazioni. Abbiamo ritenuto giusto e
necessario rivolgerci alla Magistratura, ma il giudice di Pontedera ha ritenuto
di non essere competente.
Dall’inizio dell’anno sono stati
compiuti una serie di atti arbitrari nei nostri confronti, tra i quali
l’allontanamento sostanziale dalle trattative per il contratto integrativo, l’esclusione,
contro il regolamento, della nostra lista dal Congresso provinciale della FIOM,
e infine la richiesta, da parte della Segreteria provinciale alla CGIL
regionale dell’avvio del procedimento disciplinare che si è concluso con 11
espulsioni e 5 sospensioni. Sembra una commedia dell’assurdo: noi che abbiamo
rivendicato gli obiettivi della FIOM nazionale contro la diversa linea
sindacale della FIOM provinciale e denunciato in tutte le sedi le continue
violazioni regolamentari con cui è stato impedito alla volontà dei lavoratori
di esprimersi, veniamo sanzionati per averlo fatto apertamente e pubblicamente.
La nostra vicenda è solo un episodio di
un problema, che si sta imponendo sul piano nazionale e che è già esploso con
la lotta degli autoferrotranvieri, di reale e verificabile rappresentanza dei
lavoratori, che le organizzazioni sindacali finiscono per trattare come
soggetti passivi, privi della possibilità di espressione democratica e del
diritto di determinare le scelte di linea sindacale e gli obiettivi delle
rivendicazioni, e perciò privi degli strumenti fondamentali di difesa delle
proprie condizioni di lavoro.
Questo problema sarà difficilmente
eludibile e fa tutt’uno con la necessità di una ripresa dell’iniziativa
politica del movimento operaio, oggi subalterno agli interessi e alle
prospettive di classi parassitarie e inconsistenti.
Come lavoratori e lavoratrici di Primomaggio esprimiamo la
nostra solidarietà agli espulsi. Riteniamo questo provvedimento molto grave ed
auspichiamo che al più presto FIOM e CGIL rivedano la loro posizione. Siamo
certi, in ogni caso, che gli espulsi - fuori o dentro la CGIL - continueranno
la loro battaglia, così come la continueranno le migliaia di lavoratori
combattivi che in tutta Italia stanno rialzando la testa e non sono più
disposti ad accettare in silenzio ogni cosa che si cerca di imporre loro.
4 degli espulsi sono nel frattempo entrati nel direttivo
provinciale pisano della Fiom, ma crediamo che il problema che si è posto alla
Piaggio vada ben oltre la Fiom e investa il tema generale dell’intervento
sindacale e politico all’interno dei luoghi di lavoro.