Sicurezza. Il nuovo testo unico (parte I)

 

Parlare della bozza del “Testo Unico sulla sicurezza”, proposto nell’ottobre 2004 dal governo alle organizzazioni sindacali e padronali non è semplice; l’argomento non può essere esaurito con poche righe perché il testo va a toccare molte questioni e, soprattutto, rimette in discussione lo spirito e la filosofia dell’intero corpo legislativo in materia.

Dopo la “legge Biagi” il governo sferra un nuovo attacco ai diritti acquisiti dai lavoratori. E intende farlo in tempi stretti dato che la delega scade il 30 maggio 2005.

il 27 ottobre 2004, il sottosegretario al Welfare - Sacconi - ha riunito 38 sigle sindacali e imprenditoriali, alle quali ha illustrato la bozza del TU sulla prevenzione e la sicurezza sul lavoro, un ponderoso progetto di legge di ben 186 articoli e 16 allegati tecnici.

Sfruttando la necessità di riordinare tutto il corpo legislativo in materia, che va da un insieme di leggi tuttora valide - anche se approvate negli anni ’50 e che chiameremo per comodità corpus 50 - fino alla legge 626/1994 e alla legge del 1996, il governo ha presentato una bozza che (a parte le molte incostituzionalità) è assolutamente a senso unico, cioè dalla parte delle imprese.

 

La dichiarata volontà del governo è quella di trasporre in Italia le direttive comunitarie, e mettere così le aziende nelle migliori condizioni di applicare la normativa antinfortunistica. Almeno, questo è quello che dicono.

In realtà il TU fa arretrare la legislazione italiana di diversi decenni e depenalizza quelle violazioni, anzi quei reati, che sono contemplati nel corpus 50, abroga le suddette leggi e derubrica le norme a livello di norme di buona tecnica e di buona prassi.

Viene colpito anche un importante strumento che permetteva ai lavoratori di controllare l’applicazione della normativa di prevenzione e sicurezza, il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, che perde molti dei suoi poteri.

Viene rivisto e stravolto il meccanismo per il computo del numero dei lavoratori necessari a definire quelle misure - e come devono essere applicate - a carico del datore di lavoro. Infatti, da questo computo vengono escluse tutte le figure precarie introdotte dalla legge Biagi, mentre la 626 non pone alcun limite.

In questo modo i precari e gli atipici vedranno precarizzata anche la tutela della loro salute e non solo quella del lavoro. Addirittura, originariamente era previsto che gli Enti Bilaterali fornissero una “certificazione” sulle misure preventive e di sicurezza, ma su questo punto il governo è disposto a tornare indietro, perché diversamente avrebbe causato una confusione di ruoli enorme tra poteri pubblici e privati.

 

Alessandro

 

- continua nel prossimo numero di PM -