1° maggio. Giornata di lotta, non solo di festa

 

Il Primo Maggio non è un appuntamento rituale, ma un’occasione per ribadire un significato e una storia di lotta. Anche se i decenni passano, esiste sempre una classe sfruttata (la classe lavoratrice) e una classe di sfruttatori (i capitalisti), esiste sempre un conflitto di classe, malgrado i vaticini dei sostenitori della “morte delle ideologie” e della “scomparsa della classe operaia”. E finché esisterà questo conflitto tra sfruttati e sfruttatori, allora il Primo Maggio manterrà sempre intatta tutta la sua importanza.

Il Primo Maggio non è solo una giornata di festa perché i lavoratori hanno ben poco da festeggiare, mentre hanno molto per cui lottare; oggi, purtroppo, lottando non per conquistare nuovi diritti e nuovi spazi di libertà, ma per cercare di mantenere diritti e spazi conquistati con dure lotte e che ora vengono, man mano, erosi.

La giornata del Primo Maggio è legata alle lotte per la settimana corta, cioè per le 8 ore lavorative, ed ha le sue radici nel movimento operaio americano, uno dei più combattivi di quel tempo. All’epoca, la giornata lavorativa era dall’alba al tramonto e fu solo nel 1834 che le lotte dei lavoratori portarono alla giornata di 10 ore. Ma fu merito del movimento dei lavoratori australiano che, coniando lo slogan “8 ore per lavorare, 8 ore per riposare, 8 ore per il resto” fecero diventare la rivendicazione delle 8 ore patrimonio del movimento operaio americano prima e internazionale poi.

Ma perché proprio il Primo Maggio? Il 1 maggio 1886 scesero in sciopero gli operai di Chicago ed il 4 maggio, durante una manifestazione di protesta per l’uccisione di sei operai alla McCormick Reaper Works da parte della polizia, in Haymarket Square, viene lanciata una bomba, e negli scontri che ne seguirono morirono sette agenti e tre lavoratori.

Per questi fatti furono condannati e impiccati 5 esponenti del movimento dei lavoratori. L’anno successivo, il sindacato americano propose la data del Primo Maggio come giornata di lotta per le otto ore.

Nel 1891, la II Internazionale sancì questa data come giornata internazionale di lotta per la giornata corta, con scioperi simultanei in tutte le città del mondo e per ricordare i fatti di Haymarket Square.

Negli anni successivi il Primo Maggio diventò una delle date più importanti per le lotte del proletariato internazionale e alla rivendicazione delle 8 ore ne furono aggiunte altre, e cioè: 1) solidarietà internazionale della classe lavoratrice; 2) suffragio universale; 3) guerra contro la guerra; 4) lotta contro l’oppressione coloniale; 5) libertà per i prigionieri politici; 6) diritto ad organizzazioni politiche ed economiche della classe lavoratrice.

In Europa il Primo Maggio fu celebrato per la prima volta nel 1890; in Italia nel 1891. Il Primo Ministro Crispi vietò ogni manifestazione, ma i lavoratori scesero ugualmente in piazza e negli scontri con la polizia 2 di loro furono uccisi e decine feriti. Nel 1898 la celebrazione del Primo Maggio si legò ai cosiddetti “moti del pane” che furono repressi in modo durissimo dal generale Bava Beccaris che a Milano fece prendere a cannonate i manifestanti da parte dell’esercito, ottenendo una decorazione da Umberto I, il “re galantuomo”.

Con l’avvento del fascismo la ricorrenza fu soppressa, e fu ripristinata solo nel 1945, dopo la vittoria della Guerra di Liberazione. Anche dopo il “ritorno della democrazia” in Italia, le manifestazioni e le lotte operaie subirono sempre la repressione della polizia e dei carabinieri.

Si arriva così al 2 maggio del 1947, quando a Portella delle Ginestre, in Sicilia, operai e contadini si unirono per celebrare il Primo Maggio e per lottare contro i latifondisti, quando furono falciati dalle raffiche di mitra sparate dalla banda del mafioso Salvatore Giuliano, che operava al servizio della mafia e della DC locale, e che venne armato dai carabinieri.

In quel tragico giorno ci furono 11 morti e più di 50 feriti, a ribadire come ancora quel giorno, e lo fu anche in seguito, le lotte dei lavoratori di tutte le categorie, sono state pagate con il loro sangue.

E’ per non dimenticare questi fatti, è per non dimenticare che mai nessuno ha regalato qualcosa ai lavoratori, che noi siamo qua a ricordarne brevemente la storia, per non dimenticare, per continuare a lottare.