Stop Bolkenstein

 

La direttiva Bolkestein prende il nome dal “ministro europeo” per la Concorrenza e il Mercato Interno della passata amministrazione UE a guida Prodi che l’ha proposta. Si tratta di una riproposizione in chiave europea del GATS (Accordo Generale sul Commercio dei Servizi, General Agreement on Trade in Services) del WTO che ha l’obbiettivo di ridurre i vincoli nel mercato interno e di aumentare la competitività delle imprese sui mercati internazionali, ovviamente a discapito degli interessi e dei diritti dei lavoratori.

La Commissione stima che i servizi coinvolti nella direttiva coprano circa il 50% del PIL europeo e il 60% della forza lavoro [2].

 

Il fulcro della direttiva - e l’elemento di maggiore controversia - è costituito dall’art.16, il cosiddetto “principio del paese d’origine”.

In base a questo principio “il prestatore è sottoposto unicamente alla legislazione del paese in cui è stabilito e gli Stati membri non devono imporre restrizioni ai servizi forniti da un prestatore stabilito in un altro Stato membro” [1]. Dunque, un “fornitore di servizi” (un imprenditore) è sottoposto normativamente alla legge vigente nel paese in cui ha sede l’impresa fornitrice e non a quella del paese dove fornisce il servizio.

Per i lavoratori significa che una impresa rumena che opera in Italia può applicare le leggi della Romania ai propri dipendenti. Dunque, se si vuole usare forza-lavoro rumena in Italia senza dover applicare le leggi italiane basterà creare finte società in Romania che distacchino lavoratori in Italia e il gioco è fatto. Questo meccanismo viene chiamato “dumping sociale” perché consente di usare forza-lavoro immigrata sotto-costo per ”mettere fuori mercato” i lavoratori “indigeni”, cioè per innescare una spietata concorrenza tra poveri.

Ma il timore che grazie alla Bolkestein possa aumentare troppo la capacità concorrenziale dei paesi più poveri dell’Unione ha fatto sì che anche i governanti di alcuni paesi europei si siano dichiarati contrari all’attuale formulazione (da Chirac a Schroeder fino al presidente di turno dell’UE Jean-Claude Juncker, lussemburghese).

 

Nel vertice del Consiglio Europeo di Bruxelles del 22-23 marzo 2005 la proposta di direttiva è stata al centro della discussione per via delle molte critiche ricevute. La direttiva non è stata però ritirata e Barroso ha dichiarato l’intenzione di aspettare la discussione del Parlamento Europeo prima di valutare eventuali modifiche.

In sostanza, si teme che gli effetti della Bolkestein possano provocare forte disagio sociale e mobilitazione, colpendo ulteriormente la fiducia nella costruzione del polo imperialistico europeo (a questo riguardo si può ricordare che un sondaggio recentissimo svolto in Francia dice che la maggioranza dei francesi è contraria persino alla ratifica della Costituzione Europea approvata nei mesi scorsi a Roma).

 

Sul piano politico vale la pena sottolineare due aspetti; 1) la direttiva è stata proposta da una commissione a guida Prodi. Questo ha fatto sì che il “ministro degli esteri europeo” Frattini abbia parlato di direttiva Prodi-Bolkestein; 2) la bozza della direttiva è stata approvata da tutta la Commissione Europea quindi anche da esponenti del Partito Popolare Europeo (di cui in Italia fanno parte partiti come UDC e Forza Italia).

Questi due elementi ci dicono a loro volta 3 cose.

La prima, che quando si tratta degli interessi reali del grande capitale europeo, non esistono differenze significative tra destra e “sinistra”. La seconda, che l’azione anti-popolare e privatizzatrice di Romano Prodi e dei suoi alleati, inaugurata con il Pacchetto Treu nel 1997 e proseguita con l’impegno europeo, continuerà anche in caso di vittoria alle prossime elezioni politiche del 2006; la terza, che i lavoratori - che si preparano a votare nuovamente Prodi - non hanno evidentemente fatto tesoro né dell’esperienza italiana, né di quella europea dell’ex presidente dell’Iri.

Se ci sarà una forte mobilitazione contro la Bolkestein aumenterà la probabilità che essa venga riscritta o anche, addirittura, annullata. Diversamente il processo di smantellamento dei diritti dei lavoratori a livello europeo continuerà ad andare avanti.

 

***

 

[1] Proposta di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO relativa ai servizi nel mercato interno, pag. 4.

 

[2] European Commission proposal for a Directive on services: frequently asked questions (FAQ).