Lettera ad un presidente mai visto
A Paolo Ottani, presidente di NCH e DS Data Systems
Presidente, vorrei rivivere raccontadoglieli, i miei 4
anni e mezzo da dipendente DS.
Prima di essere assunto qui, prestavo la mia opera in una
piccola realtà (avevo lavorato per 9 anni per un capo che, tra le altre cose,
aveva l’abitudine di far finta di svenire quando finivano gli specchi dove
arrampicarsi) e, arrivato alla soglia dei 30 anni, mi resi conto che era giunto
il momento di chiudere quella fase e scegliere se avventurarmi nella creazione
di una mia azienda oppure se trovare un posto sempre da dipendente ma in una
ditta più “seria” (uso le virgolette non a caso).
Non essendo per indole assetato di successo o denaro,
scelgo la seconda strada e entro in organico a settembre 2000 durante il primo
anno della sede di Carrara. Alla prima riunione aziendale sento il nostro ex
presidente parlare di “mercato mondiale”, di “quotazione in borsa” e nella mia testolina
formata da una famiglia contadin-operaia pensai “speriamo in bene…”.
I primi due anni scorrono abbastanza velocemente tra
l’effettivo tanto, troppo lavoro, tra gli straordinari un pò pagati e un pò no
(i miei li hanno sempre pagati tutti, ma a tanti dei miei colleghi, al primo
impiego dopo la laurea, no), tra grossissime lotte dei nostri “capetti” con
Parma per accaparrarsi competenze e potere e il grosso passo per il tentativo
di quotarsi in borsa: l’acquisto di Formula (nostro concorrente) per la cifra
di 52 miliari di lire.
Nell’estate del 2002 la sterzata: a fine luglio blocco
dei pagamento degli straordinari (badabene, del pagamento non
dell’effettuazione), ai primi di settembre prime voci di cassa integrazione
(con pronta assicurazione del direttore di filiale che la cassa era uno dei
tanti elementi che stavano valutando, ma che non era ancora stato deciso
niente), alla metà di settembre partenza
della prima cassa integrazione. Una cassa abbastanza “soft” (10 ore alla
settimana) che, dopo un primo momento di grosso sconcerto per i devoti della
“new economy” e un “ecco, ci siamo” di quelli che la pensavano come me, viene
“digerita” dai dipendenti e sminuita dalla dirigenza (Seletti in assemblea a
Parma asserì “abbiamo pagato per vent’anni l’INPS non sarà la fine del mondo se
ci riprendiamo un pò di quei soldi”, io ancora oggi mi chiedo come mai nessuno
si alzò per dire “scusi, ma quelli sono soldi pagati dai dipendenti attraverso
l’azienda che funge da sostituto d’imposta!”).
L’anno 2003 inizia in maniera interlocutoria (il
direttore di filiale in una riunione allargata afferma che per tutte le nostre
fonti di lavoro il carico sarebbe rimasto uguale o aumentato), poi ad aprile,
di nuovo a ciel sereno, riparte un’altra richiesta di CIGO per 3 mesi,
inizialmente solo per il personale di Parma, e poi dopo qualche ora viene
ricorretto il fax includendo anche Carrara. Senza di nuovo alcuna presentazione
di numeri o progetti, l’azienda fa ripartire la cassa per 4 (leggasi quattro)
persone della nostra sede!
L’anno finisce in bellezza con il non-rinnovo da parte
dell’azienda di 2 contratti di collaborazione e di un Co.co.co.
Così come riparte bene quello successivo a Febbraio con
altri 3 mesi di CIGO per una trentina di lavoratori. Qui si utilizzò un C.F.L.
in scadenza come ostaggio per ottenere la firma dei Sindacati e delle RSU
(peraltro poi rinnovato a part-time). A maggio, rientro del personale, un mese
ancora più interlocutorio e a fine mese ripartenza di cassa per più di venti
lavoratori.
Ad agosto, non che ce ne fosse bisogno, altra novità: non vengono più erogati gli
stipendi. Ridda di voci sui motivi (giochi di potere interni, esterni, di chi
ci finanziava, ecc.), e prime indiscrezioni di interessamento di NCH alla
proprietà.
Ai primi di settembre uno dei nostri responsabili (tra
l’altro dimissionario) racconta di essere stato contattato dal presidente di
NCH Ottani (tramite un amico comune) e invitato al Golf Club di Forte dei Marmi
(di cui Ottani è il presidente); lì sarebbe stato invitato a diffondere
tranquillità ai dipendenti della sede di Carrara, e avrebbe affermato che
c’erano grandi progetti per creare un centro di ricerca e sviluppo nella sede
di Carrara. Nel frattempo (senza ancora lo stipendio di luglio) un C.F.L. non
rinnovato e inizio di un duro confronto oltre che con la proprietà anche gli
RSU della filiale di Parma dai quali veniamo anche accusati di aver fatto
fallire la possibilità di un nuovo fido tramite la pubblicazione della nostra
situazione sui giornali locali. La situazione stipendi si risolve magicamente
il 1° giorno di sciopero (dichiarato ad oltranza dalla sede di Parma), giorno
in cui si vota l’aumento di capitale, con una mossa di Banca Intesa che
anticipa per conto di DS gli stipendi.
Dopo l’acquisizione della proprietà da parte di NCH si
riaccende un barlume di speranza; si annuncia che a metà novembre verrà
presentato un piano industriale (che per inciso veniva rimandato da metà
luglio).
Alla fine di ottobre presentazione del nuovo Cda;
collegamento dalle varie filiali in videoconferenza e monologo del nuovo
presidente nel quale sono incastonate alcune frasi di un certo tipo: “dobbiamo
aggredire e crearci il mercato”, “la moda italiana è il riferimento per il
mondo e deve avere un prodotto di riferimento” (riferendosi al prodotto
TAXIFashion, creato per queste aziende) , “il cliente è il nostro dio e noi
dobbiamo fare tutto per il cliente”; a questo punto la vocina contadin-operaia
nel mio cervello esclama “Ci risiamo…”, ma il bello doveva ancora venire: con “se qui c’è qualcuno che non vede l’ora
di uscire alle 18 in punto per andare a mangiare la pizza con gli amici è
meglio che cambi mestiere”, “se così non è, è meglio che abbandoniate”
(ripetuta 4 volte) e con, alla fine del monologo, “ah, volevo anche dire alla sede
di Carrara che non ci siamo dimenticati di loro, troveremo qualcosa da fargli
fare” la vocina di cui sopra ha esclamato “Col cavolo che ci risiamo, qui è
peggio di prima!”. Naturalmente l’ultima frase la dice lunga sulla conoscenza
dell’impegno profuso e del prezzo pagato dalla nostra filiale in questi quattro
anni (di questo dobbiamo ringraziare i nostri dirigenti e quelli di
Parma).
Il mese passa senza alcuna presentazione del piano
industriale che viene rimandato alla metà di dicembre, in compenso negli ultimi
giorni viene annunciata la volontà di trasferire il ramo d’azienda della
divisione TAXIFashion ad una società controllata DS (appunto DSTaxiFashion Srl
già creata a suo tempo), che comprederebbe personale di Parma e di Carrara allo
scopo di: “- rafforzare l’attività imprenditoriale, consentendo un’efficace
delega di autonomia decisionale; - migliorare la percezione, la visibilità e la
riconoscibilità, da parte del mercato, dei prodotti e servizi offerti dalla
Società, anche grazie l’utilizzo di denominazioni e marchi specificatamente
correlati ai prodotti e servizi offerti , migliorando la remunerabilità dei
servizi prestati; - migliorare la focalizzazione degli obiettivi strategici
delle singole business-line; - stimolare la motivazione del personale
attraverso una più efficace definizione degli obiettivi e misurazione dei
risultati.”; nell’elenco non mi sembra ci sia niente che non si possa fare
senza scorporare l’azienda, però metto da parte i miei preconcetti e aspetto la
verifica con sindacati/RSU.
Alla visione dell’elenco del personale di Parma coinvolto
e (dopo un pò di richieste) di quello di Carrara, mi scattano un pò di dubbi: a
parte un 4° e un 5°, i dipendenti della sede di Parma e delle altre filiali
più’ piccole coinvolti (62) sono tutti 6°, 7° livello o quadro, considerando
che qualcuno sopra il 5° c’è anche tra quelli di Carrara (33) la nuova
società avrebbe circa il 70% di “capi”
e il 30% di “impiegati”… penso che
nemmeno nelle holding più spinte, che sono in cima alla piramide, si arrivi a
tali livelli figuriamoci in una controllata che sta alla base. Oltretutto (in
barba alla legge che presuppone un’autonomia funzionale per poter effettuare
uno “spin-off” di questo tipo) nessuno del personale di supporto (sistemisti,
amministrativi, ecc.) è coinvolto nell’operazione.
Nel frattempo l’ultimo C.F.L. in scadenza a metà dicembre
non viene rinnovato ed un altro lavoratore va a rinforzare le fila dei
disoccupati, senza alcuna agevolazione (cassa, mobilità, ecc.) che possa
aiutarlo a ritrovare un lavoro, anzi con l’onta del non rinnovo di un contratto
di formazione (che, in teoria, non viene rinnovato solo nel caso in cui al
termine del periodo di “formazione” il lavoratore non abbia raggiunto i livelli
necessari e non a discrezione dei problemi dell’azienda) e l’ormai “
famigerato” piano industriale viene rimandato “alla fine di gennaio o più in
là”.
Mi trovo quindi in una situazione in cui, non solo faccio
fatica a distinguere il modo di agire della nuova proprietà dalla vecchia, ma
trovo difficoltà a trovare diversità anche con i comportamenti del mio vecchio
capo, per quanto riguarda sincerità e onestà.
Il mio è sicuramente un punto di vista “dal basso” e
quindi magari poco obiettivo, però sono convinto che un’azienda prima di
convincere i clienti della sua serietà deve convincere i suoi lavoratori;
ritengo quindi che la prossima volta che passa qui davanti per andare a giocare
a golf non sarebbe male se si fermasse a conoscere qualche persona e a sentire
qualche opinione.
Un lavoratore DS Data Systems