In collaborazione con la rivista telematica di diritto
del lavoro DL OnLine
Cosa sono i comportamenti antisindacali ?
Lo Statuto dei lavoratori (L. 300/70) prevede un apposito
procedimento per la repressione della condotta antisindacale. Più precisamente,
l’art. 28 stabilisce che, nel caso in cui il datore di lavoro si comporti in
modo tale da impedire o limitare l’esercizio e la libertà dell’attività
sindacale, il sindacato possa denunciare tale comportamento al Pretore; nel
caso in cui il giudice accerti che, effettivamente, vi è stata una lesione dei
diritti sindacali, potrà ordinare al datore di lavoro di cessare dal
comportamento ritenuto antisindacale e di rimuovere gli effetti dallo stesso.
In particolare, è stato ritenuto antisindacale il
comportamento che incida, in modo diretto, su diritti sindacali espressamente
riconosciuti dai contratti collettivi di lavoro, dalla legge o, addirittura,
dalla costituzione. La giurisprudenza ha però avuto modo di precisare come la
violazione dei diritti esplicitamente stabiliti da norme legali o contrattuali
non esaurisca l’ambito dei comportanti antisindacali; infatti, si ritiene che
il procedimento citato sia destinato a tutelare il sindacato da tutti quei
comportamenti del datore di lavoro tali da ledere, ingiustificatamente, le
prerogative del sindacato stesso, danneggiandone l’immagine. Più precisamente,
è stato sostenuto che, una volta aperta una trattativa tra il sindacato e il
datore di lavoro, entrambe le parti sono tenute a condurre tale trattative con
correttezza e buona fede.
Il Giudice che si è occupato della fase delle sommarie
informazioni, nell’ambito di un procedimento per la repressione della condotta
antisindacale, può occuparsi anche della successiva fase dell’opposizione ?
La Corte Costituzionale è intervenuta recentemente per
ribadire il concetto che un Giudice che si sia occupato in una fase qualsiasi
di un giudizio, è obbligato a non occuparsene mai più, nel corso della sua
carriera.
Con sentenza del 15 ottobre (n. 387) la Corte
Costituzionale ha infatti affermato l’obbligo di astenersi da parte del
magistrato che, dopo aver giudicato di un procedimento per condotta
antisindacale nella sua fase sommaria, si trovi ad essere investito
dell’opposizione contro il provvedimento da lui stesso emesso.
La legge (art. 28 Statuto dei Lavoratori) stabilisce un
particolare procedimento per la denuncia dei comportamenti antisindacali posti
in essere dai datori di lavoro, e per la loro repressione nel caso in cui il
Giudice ritenga sussistente la condotta antisindacale. L’antisindacalità può
essere deliberata e voluta (tipico il caso di sanzione disciplinare per avere
partecipato ad uno sciopero o a una manifestazione sindacale), ma può essere
anche non voluta, ma purtuttavia sanzionabile, se il comportamento denunciato
determini comunque oggettivamente una lesione dei diritti sindacali.
In questi casi, su richiesta dell’organizzazione
sindacale, può essere proposto un ricorso al Giudice del Lavoro per sentir
dichiarare l’antisindacalità del comportamento denunciato e l’ordine di
rimozione degli effetti. Tutto questo avviene attraverso uno speciale
procedimento, che ha come caratteristica la sommarietà, l’urgenza e
l’immediatezza del provvedimento di repressione della condotta antisindacale (ove
ritenuta sussistente). Il decreto con cui si conclude questa fase può essere
opposto in via ordinaria, con un normale procedimento di cognizione. Queste due
diverse fasi del procedimento sono appunto delle fasi, e insieme costituiscono
il primo grado di giudizio; mentre i gradi successivi sono rappresentati
dall’appello e dalla cassazione.
La Corte Costituzionale ha dunque ritenuto di equiparare
le due distinte fasi in cui si articola il procedimento dell’art. 28 S.L.
(sommaria e d’opposizione) a due diversi gradi di giudizio.
L’art. 51 del codice di procedura civile stabilisce
infatti che il Giudice ha l’obbligo di astenersi se ha trattato la causa come
magistrato in ”altro grado” del processo. Secondo la Corte l’art. 51 deve
essere interpretato nel senso che l’obbligo di astensione sussista anche per il
giudice che, dopo essersi pronunciato nella fase sommaria del procedimento
previsto dall’art. 28 S.L., venga investito della decisione sull’opposizione
nel medesimo processo. Infatti, secondo la Corte, esigenza imprescindibile
rispetto ad ogni tipo di processo è quella di evitare che lo stesso giudice,
nel decidere, abbia a ripercorrere l’identico itinerario logico precedentemente
seguito. Con la conseguenza che la previsione di cui all’art. 51 cpc, secondo
cui il giudice ha l’obbligo di astenersi se ha conosciuto la causa come
magistrato in altro grado del processo, ha fondamento nell’esigenza che il
giudice dell’impugnazione sia diverso da quello che ha già deciso in precedenza
la stessa causa. L’espressione ”altro grado”, per la Corte, non può avere un
ambito ristretto al solo diverso grado del processo, ma deve comprendere anche
la fase che in un processo civile ha sostanzialmente contenuto impugnatorio,
come avviene nel caso dell’opposizione a decreto emesso in base all’art. 28
S.L.
E pertanto, conclude la Corte, deve ritenersi che
l’obbligo di astensione sussista anche per il giudice che, dopo avere emesso la
decisione nella prima fase del procedimento ex art. 28 S.L., si veda assegnare
anche l’opposizione.