Fuori dal branco

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Alla fine dell’ottocento la psicopatologia più frequente era l’isteria; in questo fine millennio ha dominato negli studi degli psichiatri e psicoterapeuti la depressione ed il malessere esistenziale. Si affaccia ora una nuova definizione del disagio all’interno del mondo del lavoro: il termine “mobbing” deriva da to mob che in inglese significa assalire, affollarsi attorno a qualcuno; nel campo etologico esprime l’azione di porre un animale, fuori dal branco.

 

In terapia sistemica relazionale si ipotizza che il disagio del gruppo viene espresso dall’individuo con un sintomo; possiamo così immaginare che la sofferenza, che sempre più spesso si sta manifestando all’interno dell’ambito lavorativo, possa essere interpretata come una disfunzione del sistema di relazioni in cui l’individuo vive.

 

Questa società, proiettata all’efficienza, sempre più razionale e poco incline all’ascolto, dove i criteri di produttività e razionalismo raggiungono il parossismo, sta favorendo un nuovo ma vecchio disagio; si tratta quello di essere messi fuori, quello di farti sentire inadeguato, un fallito; nell’antica Atene esisteva l’ostracismo, istituzione giuridica che consisteva nel diritto per il popolo di esiliare, mediante votazione, i cittadini la cui influenza fosse ritenuta pericolosa per la sicurezza dello stato. Nel nostro caso parleremo di una forma non legalizzata per estromettere un soggetto da una attività lavorativa.

 

La dove non c’è uniformità di pensiero si è posti come “quello diverso”, "quello strano".

 

Il “matto del paese” in fondo è diventato un archetipo e in questo momento chi non condivide pienamente gli obiettivi è posto fuori e in diversi modi: sistematici ed involontari. Scremare personale, rappresenta un sicuro e rapido modo di alzare il valore dell’azienda.

Facilmente si può ipotizzare una strategia di mobbing per arrivare allo snellimento aziendale.

 

Chi si trova nel sistema dove si sta attuando una strategia di questo genere, vedendo che un soggetto è fatto bersaglio di comportanti “particolari” da parte del “capo”, è più facile che si associ al gruppo, continuando a operare vessazioni, che farsi paladino dell’ingiustizia.

 

La persona che è fatta oggetto di mobbing, comincia a presentare un ventaglio di sintomi che solo in un secondo momento, si riesce a valutare come risposta ad una certa esposizione di azioni sociali discriminanti.

Secondo le prime ricerche in Italia soffrono di mobbing più di un milione di lavoratori.

 

Cosa possiamo fare se crediamo di essere vittime di un processo di mobbing?

Chiedere aiuto!

 

Sembra banale ma spesso ci si chiude in un processo depressivo lento ma continuo; riuscire a definire la propria sofferenza è necessario e condizione di partenza per risolvere questa nuova ed oggettiva situazione.

E’ necessario riuscire a capire che alcuni rapporti nell’ambiente di lavoro non risultano più su base collaborativa, ma antagonista; dare un spazio alle proprie sensazioni e considerare seriamente un intervento professionale.

Intervenire significa verificare le possibilità di agire sui sintomi e valutare la possibilità di un intervento in termini legali.

e se mobbing non è?

Il problema di una diagnosi differenziale si impone e non è di semplice soluzione.

Come mai ri-emerge un malessere nuovo ma antico?

 

Chi non è nel gruppo o del gruppo (di lavoro in questo caso), è nemico, e questo soddisfa un processo regressivo volto al controllo.

Questo è un problema che va affrontato nella sua complessità sia nell’aspetto individuale sia sociale.

Un individuo non può pensare di cambiare un ambiente mobbizzante… è più semplice cercare di dare un senso diverso a ciò che ci sta accadendo comportandoci di conseguenza in maniera equilibrata e con un sostegno esterno.

D’altra parte possiamo pensare di  agire sull’intero processo che ha generato il problema, attraverso tutte le autorità competenti e nella sensibilizzazione generale al fenomeno. 

 

Riusciremo a far emergere che un “sistema” vive meglio nell’equilibrio di una integrazione, che nella brutalità di una esclusione?

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pagina aggiornata al 11/1/2007