“Secondo te, ho sbagliato? Non ho ragione?”
Quando arrivano queste domande, state attenti!
Il rischio è di schierarsi inutilmente da una parte o dall’altra; più utile sarà ascoltare (se ne avete voglia e tempo) ciò che è accaduto, cercando di trovare la risposta nelle parole di chi ci sta parlando.
Il nostro interlocutore si può relazionare a noi frequentemente in due modi; l’uno è quello di essere nella certezza di aver fatto l’unica cosa giusta e possibile, l’altro è quello che individua il dubbio sul suo operato.
Proviamo a chiederci: “ Perché lo sta domandando proprio a me?”
“Ha fiducia?”, “Vuole un sostegno?”, “Vuole colludere?”.
La fiducia è la buona reputazione, è il prestigio accumulato nel corso del tempo attraverso ciò che abbiamo detto e fatto;
il sostegno e’ cercato in colui che garantisce un aiuto, un appoggio o anche conforto e consolazione;
la collusione è un accordo segreto a danni di qualcuno.
Già queste tre accezioni definiscono che la richiesta va, da parte nostra, ridefinita.
Spesso, per distrazione o poca attenzione, per automatismo o superficialità, giochiamo insieme (cum/ludere) a colui che ci fa queste domande in una sorta di patto, alleanza; entriamo in una danza di motivi senza cercare le ragioni del terzo, ci associamo a questa persona che nel chiederci consiglio ci soddisfa nel nostro narcisismo.
E’ gratificante porsi nel ruolo di consigliere, ma è una lusinga pericolosa.
I consigli hanno valore solo quando è presente la fiducia, la stima ed il rispetto reciproco, ma l’aiuto più grande è quello di stimolare a far nascere la risposta dentro colui che è nel dilemma.
Utilizziamo il dubbio come opportunità, per ripensare a come agiamo e non, come elemento per sentenziare chi ha torto o ragione.
Se il danno è stato fatto pensiamo a come, insieme, porre riparo e non tanto di chi è la colpa.
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pagina aggiornata al 11/1/2007 |