farmaco e dipendenza

 

"Un farmaco è sempre un farmaco!"

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Solo a dirlo uno sta già meglio, si sente più tranquillo e anche un po’ più sicuro.

Quando il medico definisce i sintomi, da un nome alla nostra sofferenza e pensa alla terapia, per noi il più è fatto; assumiamo la nostra medicina che ci restituirà la salute.

La farmacologia ha aiutato ed aiuta in maniera determinante la qualità della nostra vita…pensiamo all’avvento dei vaccini, alla penicillina alla sconfitta di malattie che sembravano inattaccabili…e allora?

Viene da pensare che come tutte le cose che servono qualche volta se ne fa un uso sconsiderato.

Prendiamo, ad esempio l’utilizzo degli psicofarmaci; questa parola che riporta al termine psiche ci interessa, ci incuriosisce. Quante persone prendono questi farmaci perché le cose della vita hanno fatto si che un giorno qualcuno ha detto: “Lei è depressa/o, è stressata/o e forse ci vuole un aiuto!”.

Per fortuna esistono gli psicofarmaci e queste molecole che di tanto in tanto rimettono tutto in ordine dentro il cervello riordinano e danno equilibrio ai nostri neuro-mediatori.

Conosco persone che con una pasticca hanno ritrovato il sorriso e sono uscite dal loro torpore e sono ritornate fuori; conosco persone che con una pasticca hanno iniziato un percorso di dipendenza sofferenza e solitudine.

Il discorso non è tanto “psicofarmaco si – psicofarmaco no” ma che uso se ne fa.

Chiedersi il perché del nostro umore è importante; essere giù, non stare bene al proprio posto, spesso, in queste nostre città frenetiche e distratte, viene interpretato come malattia, come una iattura e spesso questo stato viene definito, a torto, “depressione”. Quando il nostro medico ci prescrive questo o quello “psicofarmaco”, dobbiamo avere un atteggiamento di fiducia ma anche chiederci cosa possiamo fare per noi stessi e come aiutarci.

Riconsiderare la nostra storia forse è il primo passo;

Se la nostra vita ci ha portato sino a questo punto avrà un senso?

Che conti dobbiamo fare con i nostri dubbi, le nostre paura e le nostre scelte?

Perché ci sentiamo così?

Dipende solo dal mondo esterno e dagli altri?

La curiosità aumenta ma come aprire un varco?

Consideriamo questa figura.

 

 

Cosa vedete?

 

Questa configurazione rappresenta una figura ambigua. Certe volte vedremo un volto femminile e altre vedremo un musicista mentre sta suonando il suo sax.

Di solito questo effetto ci sorprende; ma come si spiega? E’ un fenomeno legato a determinati processi di saturazione - insaturazione o più semplicemente di quanto siamo desiderosi o stanchi di certe forme o esperienze.

Questo per dimostrare che la realtà, la nostra realtà, più che una semplice assunzione di stimoli esterni, è invece una rivisitazione e una nuova organizzazione di ciò che percepiamo, in modi e forme che sono nostre, personali e creative.

Tutto quello che sentiamo compresi i nostri disagi, è l’elaborazione, a più livelli, di quello che arriva al nostro cervello dai nostri organi di senso.

Poter pensare di dare un valore al nostro stato, alla nostra sofferenza è già un passo, un movimento per riappropriarci della nostra salute anche senza troppe medicine.

 

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pagina aggiornata al 11/1/2007