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     Molto è stato scritto sulle vicende belliche dell'ultimo conflitto mondiale ed i fatti qui raccontati non hanno la pretesa di aggiungere altro di nuovo, sono però l'espressione genuina di un "Alpino" che ha vissuto le fatiche della guerra. Ugo per tanti anni non ha voluto neanche accennare alla "sua guerra" quasi non volesse far riemergere le tristi vicende vissute. Ma questi fatti sono un patrimonio storico ed umano ed Ugo, nel 50° anniversario della Campagna di Russia, si è lasciato convincere a scrivere...e poi ha proseguito, come in uno sfogo liberatorio, raccontando tutto il suo "percorso di guerra" con la sincerità e la semplicità di un uomo che sotto l'apparenza rude, nasconde un animo sensibile ed attento. Sono ricordi lontani, ma così vivi e presenti per lui; quegli amici lasciati lassù sulla neve sono lì, nella mente ed ancor più nel cuore.

     Dal suo racconto sembra quasi di sentire i sibili delle bombe, il rombo assordante dei cannoni, ma soprattutto, anche se le gambe dolgono e sono gonfie, l'ansia del camminare...camminare e ancora del procurarsi quel poco insipido cibo che serviva a sopravvivere.  Gli artigli della "morte" sono lì in attesa di ghermire quelle giovani vite in fuga, ma in loro è comunque viva la speranza di uscire dall'inferno bianco, di arrivare ancora a godere dell'abbraccio caldo dei propri cari, della propria terra. Ugo ha scritto senza pensare che le sue vicissitudini potessero interessare ad altri oltre che ai suoi cari. Ed invece, come ben dice G. Bernardi, "...sono vicende che interessano a tutti perché la Storia non è quella che si legge sui libri di scuola; quella è filtrata, depurata, spersonalizzata, è una Storia di Stati e di governanti. La Storia vera è quella degli uomini qualsiasi, che l'hanno vissuta dal di dentro e la raccontano in modo semplice, senza espressioni auliche, senza trionfalismi. Ed è proprio nella semplicità che si manifesta la drammatica bellezza di queste pagine di Storia…" da "L'Alpino" del 12/1999.

     Ma ai ricordi dolorosi della guerra, Ugo ha aggiunto il racconto della sua vicenda canadese. Quell'immenso paese, quelle lande pressoché deserte dove ha avuto la ventura di vivere e lavorare duramente per tre lunghi anni, lo hanno affascinato. Lui che fin da bambino s'incantava davanti ad un albero, aveva ben vivi nella mente quegli abeti altissimi svettanti nel cielo freddo del Nord America; in quelle pianure sterminate lui scorgeva l'infinità, si estasiava di fronte alla visione imponente delle Montagne Rocciose, godeva del volo degli uccelli, del sorgere e tramontare del sole, ed in quei luoghi di pace e di silenzio avrebbe voluto il suo sonno eterno.

     La sua vivace memoria lo ha fatto anche risalire ai teneri anni della fanciullezza e ci ha lasciato uno "spaccato di storia" facendo rivivere le sue giornate di bambino "Alla Casa Rossa" dai nonni materni (pubblicato nella rubrica "Il racconto" de "Il Giornale di Vicenza" il 20 dicembre 1999 a pag. 45). Già allora vivere in mezzo alla natura era il suo sogno, ma in quell'ambiente si divertiva e nel contempo non era del tutto a suo agio perché gli mancava la famiglia alla quale era così attaccato.

     La sensibilità di Ugo è però palpabile nel racconto di Rossetta. Lì oltre alla vivace personificazione che fa di Cima Marana, così familiare e cara a tutti i Valdagnesi, il suo animo si intenerisce, si commuove di fronte a quella giovane donna spenta nella solitudine di quelle vecchie case di montagna e soffre quasi nell'allontanarsi da lì senza dare un aiuto e quell'anima sola.

     Anche noi siamo andati alla ricerca dei ricordi...ed allora ecco il "Brolò" dedicato a nonna Rosa. Non sono solo le nostre testimonianze, ma soprattutto quelle che ci hanno lasciato i nostri padri, i nonni che a loro volta ci parlavano dei loro padri e dei loro nonni. E così dentro di noi ci sono "tante altre vite, tanto altro tempo" come dice Mario Rigoni Stern. Quei racconti noi li abbiamo conservati come pietre preziose nei nostri cuori, ma non è giusto che vadano smarrite nel cammino del tempo e perciò le abbiamo scritte perché i giovani di famiglia, troppo assorti nel futuro, non dimentichino il passato.

     A Marco in particolare, l'erede della casata, che si prepara ora a vivere la sua vita di uomo del duemila, l'eredità di questi appunti, e l'impegno, se vorrà, di ampliarli e farne memoria a chi vivrà dopo di noi.


                                                                                                            Ada e Aldo Magnani

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