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Matrimonio

Libro del Matrimonio

All’interno della civiltà D’ni il matrimonio era fondamentale, molto più che in altre culture. Infatti, si credeva che il matrimonio fosse una parte importante del rapporto con Yahvo dato che egli stesso svelò quali fossero i requisiti per questo tipo di relazione. Sia il matrimonio che il rapporto con Yahvo venivano descritti dagli D’ni con la parola taygahn.
Letteralmente “amare con la mente”, questo rapporto implicava comprensione e rispetto profondi, ma soprattutto amore reciproco disinteressato e altruistico.
Ovviamente l’influenza religiosa sulla cultura degli D’ni era molto forte e quindi il matrimonio non veniva preso alla leggera. Era considerato un impegno permanente e soprattutto per gli D’ni che potevano vivere oltre 300 anni, una decisione che non si poteva prendere di fretta e sembra comunque che ciò accadesse molto di rado.
Alcune cronache menzionano matrimoni combinati, sebbene la grande maggioranza dei matrimoni fosse frutto di scelte individuali. Il matrimonio non era permesso prima dei 25 anni ed era strettamente vietato sposarsi tra parenti. Il matrimonio tra diverse classi era permesso anche se non era visto di buon occhio. Non si conoscono molti matrimoni con alieni. Ho trovato alcune scritture del 900 che definivano vergognoso mischiare sangue D’ni con altre culture, mentre altri sostenevano addirittura che un figlio che sposasse un alieno poteva considerarsi morto.
Il matrimonio non era una cerimonia che si svolgeva in un solo giorno, infatti poteva durare anche più di 5 giorni. Presenziare a tutti i momenti del matrimonio era molto importante poiché era considerato vergognoso non partecipare ad un evento al quale si era invitati.

L’evento iniziava solitamente con una breve cerimonia la sera precedente al Primo Giorno del rito matrimoniale. La cerimonia si teneva a casa del futuro sposo (o dei suoi genitori) e serviva a confermare, di fronte ai parenti più stretti, la decisione di entrambi di sposarsi.
L’uomo si presentava alla sua futura sposa con un regalo che simboleggiava la conferma delle sue intenzioni. Accettando il regalo la futura sposa confermava a sua volta la scelta di sposarsi. Subito dopo, la futura sposa veniva accompagnata altrove insieme alla sua famiglia per evitare che suo marito la vedesse fino alla cerimonia di unione, che si teneva durante il Quinto Giorno.

Sia la sposa che lo sposo passavano il Primo Giorno insieme alle proprie famiglie. Essendo in procinto di formare una nuova famiglia, la vecchia non costituiva più priorità . Così il primo giorno era destinato a passare del tempo con le famiglie d’origine. Tradizionalmente, il giorno si concludeva con un grande pasto dove si tenevano discorsi per augurare il meglio al figlio.

Il Secondo giorno era riservato agli amici fossero essi sposati o meno. La tradizione voleva che uno degli amici ospitasse tutti per una grande cena alla fine del giorno.

Il Terzo Giorno era riservato ai futuri parenti acquisiti. In questo giorno sposa e sposo ricevevano le benedizioni dai loro nuovi parenti e dagli altri membri della famiglia. Ancora una volta la giornata finiva con una grande cena tradizionale caratterizzata dai discorsi dei futuri parenti.

Durante il Quarto Giorno i futuri sposi dovevano passare del tempo da soli concentrandosi su Yahvo. Sebbene molti vedessero questo giorno come una formalità , altri consideravano questo giorno come il più importante. Gli sposi dovevano pregare per chiedere la benedizione di Yahvo sulla cerimonia e passare questo tempo cercando di comprendere quali fossero i desideri di Yahvo per la loro nuova vita insieme.

Questo giorno era inoltre considerato un modo per purificare se stessi davanti a Yahvo. Alcuni sceglievano di passare questo tempo con dei sacerdoti, mentre altri sceglievano di leggere le Sacre Scritture o parlare con Yahvo stesso.

Il Quinto Giorno è il Giorno dell’Unione. La mattinata era destinata alla preparazione degli sposi, mentre la seconda parte della giornata era riservata alla cerimonia vera e propria.
Per coloro che non avevano accesso a un’Era Privata, la cerimonia si teneva nell'“Era del Matrimonio”. Per le classi più alte il rito si teneva nell’Era della famiglia. Ci si aspettava sempre che tutta la famiglia partecipasse oltre a tutti i membri della Gilda.
Tutti i partecipanti alla cerimonia erano divisi in due parti. Un lato rappresentava il marito e l’altro la moglie. Fra i due gruppi, al centro c’era una grossa corsia e un podio triangolare. I futuri marito e moglie raggiungevano il loro lato del podio passando attraverso i rispettivi famigliari e amici. Gli D’ni credevano che famiglia e amici fossero i responsabili della crescita di ognuno, e che quindi spettasse a loro “presentare” l’un l’altro gli sposi. La sacerdotessa naturalmente presenziava sul terzo lato del podio.
Come nella maggior parte degli eventi importanti, specialmente nei matrimoni i futuri marito e moglie indossavano braccialetti che erano stati dati loro alla nascita e alla maggiore età . Una volta che gli sposi raggiungevano il podio, il padre della sposa toglieva i braccialetti alla figlia per consegnarli al futuro marito. La consegna dei braccialetti per gli D’ni rappresentava la consegna della purezza e della maturità della sposa allo sposo. Un piccolo discorso seguiva questa consegna. Il padre dello sposo ripeteva identico il rito consegnando il proprio figlio alla sposa.
La consegna dei figli era seguita da benedizioni dei genitori sugli sposi e su tutti coloro che erano intervenuti. I due sposi quindi cambiavano simbolicamente lato in segno di accettazione della famiglia altrui. Quindi sia la sposa che lo sposo consegnavano i quattro braccialetti alla sacerdotessa.
Mentre la sacerdotessa pronunciava i doveri di ognuno verso l’altro e della coppia verso Yahvo la sposa e lo sposo poggiavano le mani sul podio. In questa cerimonia la coppia faceva promesse reciproche seguite da promesse a Yahvo. Tutto questo era recitato ad alta voce verso la sacerdotessa. La sacerdotessa naturalmente ricordava alla coppia che il matrimonio era la concretizzazione del taygahn (amare con la mente) e che il loro amore doveva essere rappresentazione dell’amore per Yahvo.
Dopo aver illustrato agli sposi i doveri, la sacerdotessa metteva due nuovi braccialetti più grandi, al polso della sposa e dello sposo. Lo sposo indossava il braccialetto al polso sinistro mentre la sposa al destro. I nuovi braccialetti rappresentavano la purezza e la maturità dei braccialetti indossati in precedenza. Gli D’ni sottolineavano che dopo il matrimonio, la purezza e la conoscenza del bene e del male dell’uno erano responsabilità dell’altro. I braccialetti ricordavano agli sposi le proprie responsabilità e di dare il meglio al proprio compagno.
Dopo aver indossato i nuovi braccialetti, le mani della sposa e dello sposo venivano legate strette con una corda, coprendo il polso e la mano completamente. Dopo aver finito la sacerdotessa metteva un anello al mignolo delle rispettive mani libere. Gli anelli ricordavano per sempre la cerimonia ed erano piazzati sul quinto dito per rappresentare l’unione del quinto giorno.
La sacerdotessa a questo punto abbandonava il podio così che la coppia potesse prendervi posto. Gli sposi camminavano insieme lungo la corsia tra i due gruppi fino alla fine, dove li attendeva un bicchiere di vino. Prima di bere la coppia si inginocchiava e pregava insieme Yahvo.
Dopo la preghiera ognuno beveva dal calice mentre i due gruppi si univano al centro festeggiando insieme. Ora gli sposi erano considerati uniti in matrimonio e la festa poteva iniziare.
Tradizionalmente le famiglie servivano da mangiare a tutti i presenti mentre venivano eseguite danze e musiche tradizionali. La coppia doveva passare tutta la notte con le mani legate per ricordarsi che erano ora uniti agli occhi degli uomini e di Yahvo. Questo legame era appositamente inteso per essere difficile da sopportare, per simboleggiare che la coppia avrebbe affrontato sicuramente momenti difficili, ma che questo non doveva intaccare la loro unione.
Dopo le celebrazioni, la tradizione voleva che la coppia si abbracciasse e toccasse un Libro di Collegamento tra le mani della sacerdotessa per essere mandati in un Era di Vacanza o Luna di Miele. Sebbene queste vacanze fossero piuttosto corte, non era strano che un uomo dovesse lavorare un anno intero per preparare il suo matrimonio.
Devo anche segnalare che la corda usata per legare le mani era vista come un oggetto sacro. Sembra che le varie coppie facessero diversi usi di queste corde; alcuni le usavano come collane altri le appendevano in casa.

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