Nell'ideare il viaggio di Enea, Virgilio utilizza come fonti principali l' Odissea di Omero, le Argonautiche di Apollonio Rodio e la leggenda di Enea formatasi nel corso dei secoli e riportata da Dionigi di Alicarnasso nel I libro della sua opera Antichità Romane. Questo storico opera a Roma, presso la corte di Augusto nello stesso periodo di Virgilio e, come aveva fatto Polibio nel II secolo a.C. , si propone di far conoscere ai Greci con la sua opera la Storia di Roma dalle origini all'età a lui contemporanea.
Consideriamo innanzitutto quest'ultima fonte, alla quale Virgilio ha attinto per fissare le tappe del viaggio. La rotta del viaggio di Enea è analoga a quella che si trova in Dionigi, con alcune varianti non certo casuali, ma in funzionali al messaggio dell'opera, utili per esprimere la sensibilità moderna dell'autore nella trattazione di temi come l'amore, la guerra, il destino,il senso della vita, il rapporto dell'uomo con le divinità.
La più importante delle novità è la sosta a Cartagine, episodio per il quale Virgilio si è ispirato alle Argonautiche , da un lato per approfondire l'analisi psicologica del personaggio di Didone ponendo in primo piano gli effetti distruttivi dell'amore inteso come furor, dall'altro per porre in risalto la pietas dell'eroe nella sua dolorosa rinuncia agli affetti per assecondare il disegno del fato.
Inoltre, anziché fare scalo a Citera, Enea sbarca e si stanzia a Creta; con questo episodio Virgilio sottolinea l'ambiguità dell'oracolo di Apollo e la delusione, il senso di disorientamento e di impotenza dei troiani, che avevano creduto che quella fosse la terra a loro destinata.
Un'altra variante è lo scalo nelle Strofadi , ripreso da Apollonio Rodio, nel quale si conferma la centralità delle profezie nel viaggio di Enea, come esperienza necessaria per cercare di comprendere il disegno degli dei e ritrovare la forza per proseguire nel proprio viaggio con qualche certezza in più.
Virgilio elimina la sosta dei troiani in Arcadia, durante la quale, secondo Dionigi, Enea avrebbe avuto due figlie; la novità mira a salvaguardare la castità dell'eroe e a consentire l'incontro con gli Arcadi nel Lazio (VIII libro) . In generale Virgilio taglia episodi poco significativi e che rallenterebbero eccessivamente la narrazione. Nel III libro non si parla neppure della costruzione di templi a Venere, come racconta Dionigi, il quale fa corrispondere alcuni scali di Enea alla fondazione di santuari che esistevano ancora al tempo di Augusto e alla celebrazione di culti in onore di Venere ancora praticati nel I sec. d. C. Con queste informazioni Dionigi aderiva al gusto della poesia eziologica alessandrina. Nel III libro dell'Eneide, invece, la presenza del divino consiste esclusivamente nell'intervento di Apollo e nei suoi oracoli ambigui che creano quel clima di penosa incertezza e di frustrazione, emblema della condizione umana ; in Enea si riflette l'uomo che si pone angosciosi interrogativi sul proprio destino, senza riuscire a trovare risposte rassicuranti.
Mentre la leggenda di Enea, attraverso la rielaborazione di Dionigi, ha fornito rotta del viaggio, l'Odissea costituisce la fonte principale dei materiali narrativi per tutti gli episodi, eccetto le soste in Tracia, a Delo e ad Anzio. Inoltre anche negli episodi ispirati ad altre fonti ci sono elementi omerici: ad esempio, nell'episodio delle Arpie, l'abbattimento del bestiame richiama quello delle vacche del Sole nl XII dell'Odissea, la tempesta tra Creta e le Strofadi imita quella che coglie Odisseo appena salpato dalla Sicilia. Tuttavia non si tratta di semplice imitazione, ma di originale rielaborazione coerente con gli scopi e la sensibilità dell'autore.
Innanzitutto, mentre il viaggio di Odisseo è caratterizzato dall'avventura e dai pericoli per l'incolumità dell'eroe e dei compagni causati da altri uomini e da divinità, come Circe, incontrati nel tragitto, Enea sbarca in terre deserte o abitate da popolazioni amiche. Gli sono ostili solo esseri mostruosi (le Arpie e i Ciclopi) che, però) non gli procurano nessun danno fisico; le perdite di vite umane sono causate dalla vecchiaia e dalla malattia. Dunque non c'è nulla di straordinario e di eroico in questo viaggio, caratterizzato piuttosto fino alla profezia di Eleno dall'incertezza della meta, dall'ambiguità dei presagi, dall'angoscia che incute il misterioso manifestarsi della divinità. Tale originalità dell'Eneide rispetto all'Odissea è determinata dall'intento dell'autore, quello di rappresentare non l'avventura del corpo, ma dell'anima.
Ad esso è da ricondurre anche il motivo della contaminazione e della corruzione materiale e morale che respingono i Troiani da alcuni luoghi in cui sono stati commessi orrendi crimini contro i famigliari ; esso sostituisce quello della morte, così presente nel viaggio di Odisseo. Il sangue putrefatto di Polidoro , arbusto con voce umana, la peste che divora i corpi a Creta, le Arpie, metà donne e metà uccelli che insozzano il cibo, sono mostruosità che riflettono i crimini mostruosi rispettivamente di Polinestore, del re cretese Idomeneo ( che sacrificò il figlio, perciò gli dei fecero scoppiare una pestilenza costringendolo a fuggire dall'isola), dell'indovino trace Fineo ( permise alle seconda moglie Idotea di accecare i figli di primo letto); essi suscitano orrore e ripugnanza in Enea e lo prostrano moralmente, quasi impedendogli di reagire.
Non l'eroe amante dell'avventura, astuto e intraprendente, versatile e determinato come Odisseo, ma un eroe pius, che, peraltro, accetta senza entusiasmo il volere divino, piuttosto con stanchezza e rassegnazione. Poiché in Enea prevalgono la nostalgia del passato e il desiderio di quiete, di una sede definitiva, è Anchise a prendere l'iniziativa nell'emergenza, a guidare i suoi, lui un anziano, conoscitore autorevole delle tradizioni ed interprete della volontà divina. Questo ruolo di Anchise denota che il viaggio di Enea consiste nel trasferire il passato di Troia nel futuro di Roma, attraverso la consultazione costante della volontà divina .
Nel III libro l'elemento divino è importantissimo: non si tratta di interventi personali e diretti degli dei per favorire o contrastare gli uomini, come nell'Odissea, ma di rivelazioni degli oracoli, spesso oscure; agli dei antropomorfi di Omero si sono sostituite presenze enigmatiche , ora spaventose ora benevole, comunque inquietanti. Concludendo, al di là delle riprese dei materiali dalla tradizione, la novità del viaggio di Enea va ricercata nel suo significato e nel suo valore di exemplum: quando l'uomo nelle difficoltà della vita non comprende il significato della sofferenza e non si sente sostenuto da un dio provvidente, deve sopportare e mantenere la fede, finchè la divinità non lo aiuti e non gli dia dei segni di speranza. Con Enea, dunque, Virgilio conferma la centralità del valore della pietas.