Il motivo del viaggio è un archetipo universale, presente nella letteratura di tutti i tempi, con diversi significati a seconda delle epoche, delle culture e degli autori. Il fascino di questo tema va ricercato nella sua capacità di rispecchiare il cammino dell’uomo alla scoperta del mondo e di sé e di veicolare una complessità di esperienze e di emozioni. Ecco allora l’avventura di chi parte alla ricerca e alla conquista di qualcosa, come gli Argonauti che vanno alla ricerca del vello d’oro, il cammino alla guida di un popolo verso la terra promessa, come il viaggio di Abramo a Mosé, il ritorno a casa, come quello di Ulisse, il doloroso distacco di chi lascia le proprie cose costretto dalle circostanze esterne, come il pastore Melibeo della I Bucolica virgiliana o Renzo e Lucia nei Promessi Sposi, e ancora il viaggio faticoso e doloroso di chi parte per fondare una nuova patria per sé e per il proprio popolo, come Enea. Sempre il viaggio esprime il percorso esistenziale di chi ricerca una dimensione piena e consapevole della vita, l’inquietudine e l’insoddisfazione di fronte alla banalità e alla sicurezza del quotidiano. Affrontare il viaggio significa accettare il rischio di incontri casuali e fortuiti, imbattersi in pericoli, difficoltà e incognite che consentono all’uomo di mettersi alla prova, di maturare e di acquisire maggiore consapevolezza di sé e conoscenza del mondo. Esso dunque non è un semplice spostamento nello spazio, ma anche quando trae spunto da eventi reali, tende a diventare un’avventura dello spirito che, a contatto con esperienze diverse, modifica profondamente se stesso. E spesso nella letteratura moderna il raggiungimento della meta è meno attraente della condizione dell’essere in cammino. Infatti la concezione del viaggio degli autori moderni differisce notevolmente da quella degli antichi: mentre oggi viaggiare è sinonimo di svago, di piacere, di arricchimento culturale, nell’antichità il viaggio era visto in un’ottica per lo più negativa, in quanto soprattutto quello per mare, comportava rischi, pericoli, fatiche. Perciò era associato all’idea dello smarrimento e della sofferenza, era vissuto come una punizione divina o dura conquista, o come manifestazione di irrequietezza ed incapacità di adattarsi alla propria sorte.
Una prima indagine sul tema del viaggio ci consente di elaborare una mappa attraverso la quale si possono visualizzare le numerose valenze implicite in tale percorso (avventura, prova, perdita, esilio, ricerca di sé, svelamento), molte delle quali hanno trovato esplicitazione nelle opere che definiamo " i classici della letteratura".(vd immagine)
Come metafora della vita stessa, il viaggio rappresenta una fonte inesauribile di esperienze letterarie in grado di attraversare generi diversi e le diverse epoche storiche. Da Omero, nella cui opera incontriamo Ulisse nel suo viaggio di ritorno verso Itaca, a Virgilio che ci propone invece il viaggio di ricerca di una nuova patria, da Dante che attraverso il viaggio nell'aldilà può giungere alla redenzione, a Rimbaud che nel suo Battello ebbro ripropone la metafora del viaggio come frattura, totale allontanamento da ciò che è noto ma soprattutto come perdita di sensibilità, pieno abbandono all'oscillazione delle acque, a Joyce, il quale ripropone il topos dell'eroe viaggiatore nella moderna città di Dublino, sede della vana ricerca di senso della vita da parte dell'uomo moderno.
Il viaggio racchiude in sé una sostanziale polarità tra la fedeltà alle radici della terra natale, della patria, della società in cui si vive e la scommessa della ricerca. Esso è al tempo stesso rischio di perdita ma anche promessa di conquista e in questa intrinseca ambivalenza risiede appunto il suo fascino.
Il viaggio di Ulisse, forse il più ricco di significati, non è, infatti, solo un ritorno alla sua nativa Itaca, è anche prova di conoscenza, stimolo alla ricerca del nuovo, sfida.
Anche Enea compie un viaggio, ma appaiono subito evidenti le discrepanze rispetto al modello omerico. Diverso non è solo l'itinerario dei due eroi, diversa è non solo la loro meta, ma anche il tono e l'atmosfera del viaggio. Diversissimo appare soprattutto lo spirito del viaggio di Enea rispetto a quello di Odisseo. Il viaggio del greco è un ricco di avventure, di pericoli che minacciano la sua vita e quella dei suoi compagni. Il viaggio di Enea è assai meno pericoloso, ma è segnato dall'incertezza della meta da raggiungere, dall'ambiguità dei presagi, dall'angoscia paralizzante che il divino incute nell'animo degli erranti. Osserva P. V. Cova. "Quella di Enea non è l'avventura del corpo, ma dell'anima: è l'incertezza dinamica, è l'itinerario interiore, è l'ansioso interrogare che nel ricordo e nell'attesa allunga le sue ombre trepide".
Non c'è in Enea quel gusto dell'avventura, quella curiosità e desiderio di conoscere che caratterizza Ulisse. In Enea, Virgilio celebra, non l'intelligenza che trionfa e fronteggia i pericoli, ma la pietas, l'accettazione del volere divino.

Nella letteratura antica le Argonautiche spiccano per l’originalità e la modernità con cui è trattato il tema del viaggio: esso si attua in uno spazio chiuso e circolare, in quanto la meta coincide con il punto di partenza e il vero obiettivo degli Argonauti non è la Colchide, ma la Grecia che hanno dovuto lasciare per compiere un’impresa per la quale non si sentono motivati. Anche Pelia, il committente della spedizione , non si prefigge come obiettivo la conquista del vello, ma la morte di Giasone; e, mentre Enea raggiunge l’Italia per volontà del fato, Giasone non va alla conquista del vello perché gli è stato destinato.Insomma si tratta di un viaggio senza reali motivazioni, un andare verso la morte, in paesaggi surreali , in una sorta di labirinto che rende Giasone consapevole del vuoto che è nelle cose e nell’esistenza umana. Un viaggio, dunque, espressione di un’epoca di crisi, quella ellenistica, crisi di valori e di certezze, e di una visione pessimistica dell’esistenza.

IL TEMA DEL VIAGGIO NEL CANTO VI DELL'ENEIDE

All'interno del viaggio che l'eroe virgiliano compie alla ricerca della terra promessa dal fato, si colloca un altro viaggio ricco di significati simbolici: quello nell'oltretomba. Più di una volta, l'uomo ha fantasticato sulla possibilità di visitare l'Altro Mondo. Una delle prime testimonianze di queste incursioni è offerta da un papiro egiziano che racconta il viaggio compiuto dal faraone Satni, guidato dal figlio Senosiris nel ruolo di mago reincarnato; costui mostra al padre che, nell'Amenti (così si chiamava l'Aldilà degli egiziani), i giusti, anche se poveri in vita, saranno premiati, mentre i malvagi, anche se ricchi e potenti sulla Terra, saranno castigati. La mitologia classica ci riserva la poetica vicenda della discesa nell'Ade del poeta e cantore Orfeo per cercare di riportare in vita la propria sposa Euridice, morta prematuramente. Con la sua musica, Orfeo riesce a incantare il traghettatore Caronte e ad ammansire il mostruoso cane Cerbero, posto a guardia dell'Ade; Persefone, sedotta dal suo canto e commossa dal gesto di Orfeo, persuade il marito Ade a lasciar tornare Euridice sulla Terra. Ade accetta, a patto che Orfeo, sulla via del ritorno, non si volga mai indietro per accertarsi che Euridice lo segua; incapace di resistere al dubbio, Orfeo si volta ed Euridice scompare. I poeti si impossessano per la sua attrattiva del tema della discesa agli inferi e ce ne offrono alcune celebri versioni. Nell'undicesimo libro dell'Odissea, Ulisse compie la sua catabasi per consultare lo spirito dell'indovino Tiresia. Giunto ai confini occidentali del mondo, il polumechanos scende nell'Ade, riceve da Tiresia preziosi suggerimenti per il ritorno a Itaca, incontra gli spiriti di molti compagni d'armi, assiste agli eterni castighi di Tartaro e Sisifo e, nauseato da quel triste luogo, lo lascia... A sua volta, Virgilio, nel sesto libro dell'Eneide, rappresenta Enea nell'Aldilà. Sbarcato a Cuma e scelta la Sibilla come guida, il fondatore dell'etnia romana scende nel regno dei morti attraverso una grotta sulle rive del lago Averno. E dopo una rapida visita del Tartaro e dei Campi Elisi, incontra il padre Anchise, che gli spiega quale futuro è riservato alle generazioni che da lui discenderanno. Il viaggio nell'oltretomba ha un forte valore simbolico: consente ad Enea di recuperare la speranza nel futuro. Se il presente è ostile e il passato richiama alla memoria solo dolori (simbolicamente rivissuti dall'eroe troiano quando osserva il rogo di Didone), il futuro sembra ripagare Enea dandogli la certezza di aver trovato la terra promessa. Il viaggio nell'Ade, iniziato all'alba, dura un'intera giornata, fino a tarda notte. Durante queste ore Enea, attraverso il duplice insegnamento della Sibilla e del padre Anchise, si rinfranca, non solo riacquista la speranza della salvezza personale, ma ha la possibilità di conoscere, oltre al proprio destino, l'intera storia del popolo romano che da lui avrà origine. A questo popolo spetterà il compito di dominare il mondo e di mantenerlo in pace. La discesa nel regno dei morti è dunque un viaggio nel futuro, attraverso il quale il pius Enea ottiene la ricompensa ai suoi sacrifici e alle rinunce compiute per obbedienza ai voleri del Fato.