ALCUNE PRESENTAZIONI, DAI NOSTRI CONCERTI


 

BENIA CALASTORIA

(Bepi De Marzi)

Il Veneto è stato ed è ancora terra di emigrazione. Ma succede anche, per fortuna, che qualcuno, dopo aver messo da parte quanto basta, riesca a tornare. È la storia di Benia (Beniamino) che, appena messo piede nella sua valle, nel suo villaggio, sussurra commosso “sono tornato per sempre”.

Eppure ... tutto è cambiato; non ci sono più nemmeno le case, la gente non lo conosce, e lui non riconosce quasi nessuno. Solo i monti sono come erano una volta, immobili e grandiosi, custodi fedeli delle sue radici di montanaro, testimoni di un amore che è durato per tutta la vita.

DI UDIN SIAM PARTITI

(trascr. Lamberto Pietropoli)

è uno dei più suggestivi canti degli alpini, le cui parole, di dolorosa obbedienza alla logica del conflitto, sono nate fra i soldati e gli ufficiali durante la seconda guerra mondiale, in occasione delle tragiche campagne di Grecia e di Russia; la melodia e una parte del ritornello risalgono alla “Grande guerra”, quando era già nota la caratteristica degli alpini di essere “motorizzati a piè”.

La trascrizione di Lamberto Pietropoli accentua il tono di sofferta nostalgia del paese lontano, insieme con l’orgogliosa affermazione dell’appartenenza al corpo degli alpini.

 

FORA LE TOLE

(Arm. Lamberto Pietropoli)

Ecco, in parata, le Dolomiti del Bellunese: il gruppo della Schiara, la Gusèla, il Monte Serva: d’inverno un paradiso per gli sciatori, d’estate una ideale palestra di arrampicata. 

Questa è la sostanza di un canto di grande, lineare semplicità: un elogio dei monti e un invito a vivere in allegria le atmosfere, le sensazioni che sono offerte dalla neve, dal sole, dalla roccia: col sacco in spalla, la borraccia ben rifornita di vino o grappa, e una profonda serenità nel cuore.

 

 

LE SOIR A LA MONTAGNE

(Arm. A. Benedetti Michelangeli)

Scende la notte sui campi, il sole fugge dietro i valichi, oltre le creste. Nella prima oscurità, si distende lungo le valli il suono della campana che chiama le donne a pregare; poi, il canto dei montanari segna l’inzio di una festa semplice e serena, con i balli della tradizione antica.

È uno dei canti valdostani più ricchi di fascino, nel quale le parole non rappresentano la scena, ma ne evocano i suoni e, quasi, la presenza lontana. 

 

LA MONFERRINA

(Arm. Guido Podestà)

È certamente la più nota canzone a ballo del Piemonte, impostata musicalmente su una antica danza tradizionale italiana e francese: la corrente. 

Il testo, che nella versione attuale risale all’ottocento, mantiene forse qualche traccia dell’originaria, audace vivacità popolare, e rievoca una danza collettiva a coppie abilmente guidata, con l’invito a prendere per mano la dama e a farla girare. In un ironico contrasto, che rappresenta l’orgogliosa affermazione del Piemonte contadino, si loda l’abilità delle ballerine paesane, che danzano meglio delle signore di città.

 

LYSANDRE

(Arm. Lamberto Pietropoli)

In un bosco, una strana coppia di innamorati tende le reti per catturare gli uccelli. Il giovane Lysandre, innamorato, cerca con parole e gesti di convincere la bella ritrosa. Lei, un po’ bruscamente, lo invita alla calma e al silenzio, perché il suo amore rumoroso spaventa gli uccelli.

è il tema di un antico canto provenzale, forse di origine trovadorica, che risale al medio evo, e presenta un singolare punto di vista "al femminile"; la protagonista è infatti la donna, che domina l’innamorato e frena la passione di lui.

 

Presentazioni curate da Leopoldo Gamberale