IL 6 SETTEMBRE '43

Il capo di Stato Maggiore Generale, Ambrosio, si reca in serata nella sua abitazione di Torino per prelevare documenti riservati e salutare la sua famiglia - almeno questa è la versione ufficiale - che saranno poi distrutti a Roma la mattina del 9 settembre dal maggiore Marchesi e dal sergente Grifoni per evitare che finiscano in mano ai tedeschi.

Il generale Ambrosio torna a Roma la mattina dell'8 Settembre viaggiando in vagone letto, benchè dal suo ufficio del Comando Supremo venga sollecitato a tornare più in fretta utilizzando un aereo.

Sul medesimo treno viaggia anche l'anziano maresciallo Enrico Caviglia (avversario di Badoglio fin dal tempo della Grande Guerra), proveniente dalla sua abitazione in Liguria, che la mattina del 10 Settembre assumerà il comando della piazza di Roma, ma dovrà cedere di fronte alla preponderanza germanica.

Il generale Roatta, capo di Stato Maggiore dell'esercito, viene a conoscenza di un concentramento di truppe alleate nel porto di Palermo; si chiede se gli anglo-americani stiano preparando uno sbarco minore, come quello avvenuto il giorno 3 in Calabria, oppure se la data dell'armistizio è stata da loro "arbitrariamente" anticipata.

Ciò dimostra quanto fosse radicata nei comandi italiani l'erronea convinzione che l'armistizio sarebbe stato reso noto il 12 Settembre.

Il Comando Supremo emana il "Promemoria n. 1", diretto ai comandanti delle Forze Armate, contenente una serie di disposizioni per la protezione degli impianti nazionali (dai tedeschi) e dei prigionieri angloamericani e l'autorizzazione all'intervento, nell'eventualità di una ritirata tedesca lungo l'asse Napoli-Roma-Firenze-Bologna-Brennero, ma solo nel caso in cui forze germaniche intraprendano di loro iniziativa atti di ostilità armata contro organi di governo e forze armate italiane, in misura e modalità tali da rendere manifesto che non si tratti di episodi locali, dovuti all'azione di qualche irresponsabile, bensì di un'azione collettiva ordinata.

Alle ore 21 viene emanato anche il "Promemoria n. 2", diretto ai comandi dipendenti, nel quale si fa un cenno all'armistizio:

- Particolari condizioni di ordine generale possono imporre di deporre le armi indipendentemente dai tedeschi. L'esperienza recente insegna che questi reagiranno violentemente. Non è neppure escluso che possano commettere atti di violenza, indipendentemente dalla dichiarazione di armistizio, per rovesciare il governo o altro. Con il presente promemoria si danno le norme generali da seguirsi dagli scacchieri operativi nell'eventualità di cui sopra. Reagire immediatamente ed energicamente e senza speciale ordine ad ogni violenza armata germanica; azioni slegate e sporadiche sono di nessun rendimento, occorre invece coordinamento e preparazione minuta. -

A parte i soliti ritardi nella trasmissione del documento fatta senza l'uso della radio e senza cifratura, la "preparazione minuta" viene delegata per intero ai comandi sottostanti; inoltre nè il Gruppo d'Armate Est di Tirana, nè il Comando FF.AA. Egeo lo ricevono.

Sergio Nesi, nel suo libro "Decima Flottiglia Nostra", afferma che il T.V. Edoardo Longobardi, comandante della Base Mezzi d'Assalto di Amalfi, riceve il giorno 6 un messaggio cifrato che gli ordina non di attaccare, bensì di prendere contatto con il Comando alleato e di mettersi a disposizione dello stesso.

Il messaggio proviene da Supermarina ed è firmato De Courten (il Capo di Stato Maggiore della Regia Marina). Nesi ipotizza che o alle spalle di De Courten qualcuno più informato di lui circa le trattative armistiziali ha inviato il messaggio (ad esempio gli ammiragli Sansonetti o Maugeri), oppure lo stesso De Courten era già informato degli avvenimenti.

Il T.V. Longobardi raggiunge in effetti la nave ammiraglia americana proprio il giorno 8, al momento dello sbarco alleato a Salerno; ma rimane il quesito: chi gli ha inviato l'ordine?