IL 9 SETTEMBRE '43

Appena passata la mezzanotte dell'8 Settembre, tra le alte sfere riunite al Ministero della Guerra circola la voce che i paracadutisti tedeschi della 2^ Divisione hanno disarmato le truppe italiane; inizia a diffondersi il panico e si pensa solo più ad abbandonare la capitale; il generale Utili, capo reparto operazioni dello Stato Maggiore dell'esercito, chiede ad Ambrosio di ordinare l'applicazione della Memoria O.P. 44 (un piano, congegnato il 26 agosto, che stabilisce in caso di attacco tedesco la creazione di una zona militare compresa tra le basi navali di La Spezia e Gaeta con una linea di resistenza sull'Appennino Centrale, atta a proteggere il Governo romano), ma Ambrosio non dirama nessun ordine in base al principio, presente in tutti gli alti comandi italiani, di non prendere iniziative ostili contro i tedeschi e reagire solo se attaccati da loro (concetto contenuto nell'ultima frase del proclama letto da Badoglio alla radio).

E' ormai l'alba del giorno 9, Badoglio convince il re a lasciare Roma attraverso la via Tiburtina, l'unica libera, che conduce verso l'Abruzzo; la famiglia reale ed i comandanti militari naturalmente si aggregano, mentre da Sud provengono i fragori della battaglia in corso; la colonna dei fuggiaschi, formata da decine di auto, raggiunge Ortona sulla costa adriatica dopo diverse tappe, tra le quali la sosta per il pranzo presso il castello di Crecchio, e si imbarca sulla corvetta "Baionetta" diretta a Brindisi (in quanto Bari è segnalata come occupata dai tedeschi, ma la notizia è falsa); sulla piccola nave da guerra ovviamente non trovano posto tutti coloro che si sono accodati al re in fuga e quelli rimasti a terra danno luogo a patetiche scene d'isteria.

Durante il tragitto la colonna di auto scortate da autoblindo supera diversi posti di blocco tedeschi e viene sempre ripetuta la stessa frase: "Ufficiali Generali", quasi una parola d'ordine per avere via libera, come del resto è stato; su questo esistono varie testimonianze sia di parte italiana che tedesca. La corvetta "Baionetta", prima di salpare con il suo carico di fuggitivi, spara tre razzi: un comportamento alquanto strano per un'imbarcazione che deve muoversi in incognito, ma se si pensa che i razzi di segnalazione vengono avvistati dalle motosiluranti tedesche che incrociano al largo di Pescara, allora la cosa può assumere un senso compiuto.

Gli stati maggiori delle Forze Armate sono dichiarati disciolti e tutti i militari italiani, in patria e all'estero, restano senza ordini; a questo punto sorge spontanea una domanda: come può una colonna di decine di auto a fari accesi nella notte, che attraversa la penisola da Ovest a Est, passare inosservata ai tedeschi? Inoltre, durante la navigazione diurna tra Ortona e Brindisi, un aereo da ricognizione tedesco sorvola più volte a bassa quota la corvetta "Baionetta", ma l'avvistamento non ha seguito; per anni è circolata la voce di un accordo segreto tra i capi italiani ed i tedeschi: le Forze Armate vengono lasciate senza l'ordine di attaccare, anzi senza nessun tipo di ordine, in cambio della salvezza dei fuggiaschi da Roma; questa voce però non ha ancora, a tutt'oggi, trovato conferme.

Il principe ereditario, Umberto, esprime l'intenzione di tornare a Roma e di assumere la reggenza, ma la regina lo dissuade asserendo che i tedeschi se lo prendono lo uccidono (neanche le regine sono esenti dal "mammismo"); Vittorio Emanuele III°, dal canto suo, è convinto di poter tornare a Roma in pochi giorni, non appena gli Alleati avranno liberato la città dai tedeschi; ci potrà tornare solo due anni dopo!

Giunti a Brindisi i fuggiaschi iniziano una vera e propria opera di mistificazione della storia; Badoglio in testa a tutti, col tacito consenso degli Alleati, si scaglia contro coloro che non hanno difeso Roma; tra il 1944 e il 1946 si assiste ad una serie di processi che hanno il solo scopo di offrire capri espiatori all'opinione pubblica.

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E Mussolini? Il Duce viene veramente dimenticato dai fuggiaschi? Ricordiamo che dopo l'arresto egli viene tenuto prigioniero nell'Isola di Ponza, poi trasferito presso la base navale di La Maddalena in Sardegna ed infine inviato a Campo Imperatore sul Gran Sasso. Precauzioni affinchè non venga trovato, poi liberato, dalle truppe tedesche; almeno questa è la versione ufficiale.

La colonna delle alte sfere in fuga parte da Roma e attraverso la via Tiburtina raggiunge Ortona; un percorso di 226 chilometri che passa accanto al Gran Sasso; le condizioni armistiziali prevedevano la consegna del Duce vivo agli anglo-americani; perchè nessuno ha pensato di mettersi in contatto con gli agenti di custodia di Campo Imperatore e ordinare che venisse portato a valle dove avrebbe potuto unirsi alla colonna motorizzata?

Può darsi che in quelle ore fatali ognuno pensasse solo a mettere in salvo la propria meschina persona, ma ... è anche possibile che Mussolini sia stato volutamente lasciato dov'era, a disposizione dei tedeschi e che questo facesse parte dell'accordo segreto tra i capi monarchici e gli ex alleati.

Alle ore 5 e 15, prima di unirsi alla colonna dei fuggitivi, Roatta dirama un ordine al comando del Corpo d'Armata Motocorazzato (generale Carboni) nel quale afferma che la situazione è tale da escludere la difesa della capitale, che tutte le truppe dislocate a Roma devono passare agli ordini di Carboni, lasciando nella capitale solo le Forze dell'Ordine, e che il C.A.M. deve ripiegare su Tivoli ed oltre. Anche questo ordine potrebbe avvalorare la tesi di un accordo segreto con i tedeschi, stipulato in cambio della salvezza per le "alte sfere".

Gli attacchi tedeschi iniziano nelle prime ore del 9 con la 3^ Divisione Panzergrandieren da Nord e la 2^ Divisione Paracadutisti rinforzata da Sud; spicca la resistenza della Divisione "Granatieri di Sardegna" presso Porta San Paolo, appoggiata da civili fatti armare in precedenza dal generale Carboni.

All'alba la flotta italiana parte dalla base di La Spezia diretta a quella di La Maddalena, in Sardegna; verso le ore 16 viene attaccata da cacciabombardieri tedeschi che utilizzano le bombe-razzo (i primi missili della storia) e affondano l'ammiraglia, la nave da battaglia "Roma" di 46.215 tonnellate; oltre 1.200 marinai ed il loro comandante, ammiraglio Carlo Bergamini, si inabissano con la nave; 520 naufraghi vengono raccolti dalle altre navi; dopo lo scontro la flotta prosegue per Malta, dove si consegna agli alleati insieme ad alcune unità provenienti da Taranto.

All'estero la Divisione "Acqui" si oppone con le armi agli attacchi tedeschi nelle isole di Cefalonia e Corfù, confidando nell'arrivo di rinforzi che non giungeranno mai; 1.315 sono i caduti in battaglia e circa 4.750 militari vengono fucilati per rappresaglia dalle truppe germaniche, altri 3.000 circa prigionieri, imbarcati dai tedeschi su navi che appena fuori dal porto si inabissano per urto contro mine, periscono im mare portando il totale a circa 9.065 vittime; inoltre i feriti sono più di 1.200.

Molti altri episodi di resistenza all'aggressione germanica, da quelli che coinvolgono intere divisioni a quelli sostenuti da sparuti gruppi di uomini si verificano in tutta Italia e nei paesi ancora occupati dagli italiani, sempre però per iniziativa di singoli comandanti.

Il raffronto numerico tra le opposte forze comprende:

Va inoltre tenuto conto che le divisioni tedesche hanno un armamento ed un equipaggiamento molto più moderno ed efficiente di quelle italiane.

In particolare nella zona del Comando Difesa di Roma le forze sono:

Anche considerando le forze italiane efficienti pari a 5 divisioni, e le unità tedesche con un valore bellico doppio delle nostre si ha un rapporto di 5 a 4; e si tenga anche ben presente che, in battaglia, è sempre avvantaggiato chi si difende. Questo dimostra in modo abbastanza evidente che, se ci fosse stata l'intenzione e soprattutto se fossero stati impartiti gli ordini adeguati, una difesa della capitale sarebbe stata realizzabile in modo coerente e non frammentario come accaduto.

O forse sarebbe opportuno affermare: se le alte sfere italiane (Re e Badoglio in primis) non avessero venduto l'Italia, e in modo particolare le Forze Armate Italiane, ai tedeschi in cambio della loro meschina incolumità personale!

A guerra finita il generale Carboni, comandante del Corpo d'Armata Motocorazzato, e sul quale vengono ingiustamente addossate tutte le responsabilità per la mancata difesa di Roma, tenterà di giusticarsi asserendo che i suoi mezzi corazzati erano senza carburante, ma pochi giorni dopo il 9 settembre i tedeschi riferiscono di aver catturato ben 17.000 tonnellate di carburante stipate dei depositi di Mezzocammino e Valleranello, quindi in posizione utile per un'eventuale rifornimento.

Il giorno 9 settembre, secondo i piani tedeschi, avrebbero dovuto aver luogo la liberazione di Mussolini ed il contemporaneo arresto della famiglia reale e di una dozzina di generali (tra cui Badoglio). Tali piani erano stati ideati subito dopo il 25 luglio, ma il trasferimento di Mussolini dall'isola di Ponza alla Maddalena e poi al Gran Sasso aveva fatto posticipare l'azione di alcune settimane.

Il desiderio di Hitler era punire la classe dirigente monarchica che aveva osato arrestare il Duce (da lui considerato sempre un amico) e rimetterlo al potere; lo sbarco alleato di Salerno durante la notte sul 9 ritarda ulteriormente la liberazione di Mussolini che avverrà solo il 12 per mezzo di un colpo di mano dei paracadutisti tedeschi del maggiore Mors (il capitano delle S.S. Skorzeny se ne attribuirà poi il merito per volere del fuhrer), i quali hanno prelevato il generale della polizia Soleti per farsi accompagnare evitando così uno scontro a fuoco.

Solo due italiani, un carabiniere e una guardia forestale sentinelle alla funivia, iniziano a sparare e sono colpiti a morte dai tedeschi.

I giornali italiani pubblicano l'ultimo bollettino di guerra del Comando Supremo, il numero 1201: "Sul fronte calabro, reparti italiani e germanici ritardano in combattimenti locali l'avanzata delle truppe britanniche". Nulla viene pubblicato circa il bombardamento aereo di Frascati, che ha causato migliaia di vittime per lo più civili, rendendo difficile l'azione di comando di Kesselring.

"Il Messaggero" titola così la prima pagina: "E' stato concluso l'armistizio fra l'Italia e gli anglo-americani"; segue il testo del proclama di Badoglio.

Il "Times" di Londra scrive: "Spetta agli Italiani provare attraverso la loro condotta di essere pronti a riprendere il posto che è loro dovuto e che è stato loro promesso nell'Europa ricostruita".

Il "Times" di New York commenta: "La capitolazione di Roma avviene mentre i tedeschi occupano ancora in forze il suolo italiano. Quello dell'Italia è un atto di sfida".

Il "Volkischer Beobachter" riassume il giudizio tedesco: "Il governo Badoglio, costituito solo grazie ad un colpo di stato e all'aiuto dei nemici dell'Asse, aggiunge al tradimento nei confronti della Germania l'abbandono e la consegna privi di scupoli del popolo italiano nelle mani dei suoi peggiori nemici".

Dopo la fine della guerra i commenti in ambito internazionale saranno questi:

Il comandante delle Forze Statunitensi in Europa, generale Eisenhower, scriverà nel suo "Diario di guerra": "La resa dell'Italia fu uno sporco affare. Tutte le nazioni elencano nella loro storia guerre vinte e guerre perse, ma l'Italia è la sola ad aver perduto questa guerra con disonore, salvato solo in parte dal sacrificio dei combattenti della R.S.I."

Il comandante dell'8^ Armata Britannica, maresciallo Montgomery, scriverà: " ... il voltafaccia italiano dell'otto settembre fu il più grande tradimento della storia ... ".

Il generale britannico Alexander, nel suo libro "Le armate Alleate in Italia" scriverà: " ... il fatto è che il Governo italiano decise di capitolare non perchè si vide incapace di offrire ulteriore resistenza, ma perchè era venuto, come in passato, il momento di saltare dalla parte del vincitore ... ".

Sul "Taccuino segreto di Winston Churchill", primo ministro britannico, si legge: " ... solo dopo la defezione italiana noi abbiamo potuto raggiungere la vittoria ... ".

Nella "Storia della diplomazia" di Potemkin, ambasciatore sovietico a Roma, si legge: "L'Italia fu fedele al suo carattere di sciacallo internazionale, sempre in cerca di compenso per i suoi tradimenti.".

E infine sul Washington Post, giornale pubblicato negli Stati Uniti, appare un articolo di fondo nel quale è scritto, tra l'altro: "Che alleato sarà l'Italia in caso di una guerra? Quali garanzie ci sono che l'Italia, la quale ha cambiato schieramento nella Seconda Guerra Mondiale di questo secolo, non farà altrettanto?".