LA QUESTIONE DELL'ISTRIA
La bella terra d'Istria diventa italiana alla fine di ottobre del 1918, quando il Corpo di Cavalleria, con le sue quattro divisioni a cavallo, insegue gli austro-ungarici ormai in rotta; l'armistizio di Villa Giusti ad Abano ne sancisce il possesso italiano insieme alla provincia dalmata di Zara; la zona di Fiume invece dà origine ad una specifica "Questione di Fiume".
27 anni dopo, durante la fase finale della Seconda Guerra Mondiale, l'Istria è governata dal "gauleiter" tedesco della Carinzia, anche se territorialmente fa parte della Repubblica Sociale Italiana.
Nella confinante Slovenia il IX Corpo Sloveno del "generalissimo" Tito preme per invadere le italianissime città di Fiume, Pola, Trieste e Gorizia; il 29 aprile 1945 i comandi tedeschi in Italia si arrendono agli Alleati cessando di fatto ogni resistenza.
Esiste però un "piano De Courten", l'allora Capo di Stato Maggiore della Regia Marina che, di concerto col premier britannico Churchill, prevede uno sbarco alleato nel Golfo di Trieste; l'ammiraglio De Courten, che ricordiamo è in servizio nel Regno del Sud, prende anche contatto con elementi della R.S.I. per organizzare una resistenza in Istria fino a sbarco avvenuto.
In Istria si sacrificano alcuni battaglioni e compagnie autonome appartenenti alla Divisione "Decima", che il Comandante Borghese ha appositamente inviato con l'ordine di resistere ad oltranza, in barba ai divieti tedeschi, insieme a 5 Reggimenti Milizia Difesa Territoriale; diverse unità vengono completamente annientate dai partigiani jugoslavi ed i pochi sopravvissuti sottoposti ad indicibili torture.
Purtroppo il piano di sbarco è ostacolato dal presidente degli Stati Uniti, il quale vuole mantenere buoni rapporti con l'Unione Sovietica ed i suoi satelliti, e quindi non sarà mai posto in atto; il sacrificio di marò e camicie nere non viene ricompensato in modo adeguato.
Subito dopo la guerra l'intera Istria è in mano ai titini comunisti dell'Esercito Popolare di Liberazione; nel maggio 1945 un'ondata di massacri vede uccidere migliaia di persone, i cui cadaveri vengono gettati nelle "foibe"; nelle foibe vengono anche gettate molte persone ancora vive, colpevoli solo di un sentimento nazionalistico italiano; nelle città di Gorizia e Trieste i massacri cessano il 12 giugno, con l'arrivo di contingenti alleati; studi recenti, degli anni '90, stimano morti e scomparsi a circa 11.000.
Il Partito Comunista Italiano di Palmiro Togliatti già durante la Guerra Civile aveva ordinato alle Brigate Garibaldine partigiane di mettersi sotto il comando di Tito; nascevano così le "lotte intestine".
Per quanto concerne la zona italiana di Trieste il 12 giugno 1945 essa viene suddivisa in "A", controllata da un Governo Militare Alleato, e "B" amministrata dagli Jugoslavi; il 3 luglio 1946 il governo italiano, accettando le clausole del Trattato di Pace, deve anche accettare la creazione del Territorio Libero di Trieste, una zona franca in terra italiana.
Il 15 settembre 1947 truppe jugoslave tentano di occupare la zona "A", ma vengono respinte dalle truppe Alleate; si registrano poi vari scontri e attentati; la situazione si regolarizza solo il 5 ottobre 1954 quando il maresciallo Tito, che nel frattempo ha perso l'appoggio sovietico, accetta il passaggio della Zona "A" all'Italia in cambio del possesso della Zona "B".
Il 10 novembre 1975 il Trattato di Osimo, ratificato per l'Italia dal Ministro degli Esteri, Rumor, sancisce il definitivo passaggio della Zona "B" alla Jugoslavia, facendo perdere agli esuli istriani ogni speranza di poter tornare a vivere nella loro terra natale.
N O T A
Dopo il distacco di Slovenia e Croazia dalla Federazione Jugoslava, avvenuto negli anni '90, è stata rimessa giuridicamente in discussione la validità del Trattato di Osimo da varie persone che ancora nutrono (e giustamente!) un sentimento nazionalistico.