LA STRAGE DI CEFALONIA E CORFU'

GLI AVVENIMENTI A CEFALONIA

 L'8 settembre 1943 viene proclamato l'armistizio con gli Alleati, ma non è preceduto nè seguito da ordini operativi alle truppe del Regio Esercito.

Le isole greche di Cefalonia, Corfù e Zante sorvegliano l'accesso al Golfo di Corinto ed alla città di Patrasso e sono presidiate da forze italo-tedesche.

I reparti italiani che presidiano l'isola di Cefalonia sono:

 

33^ Divisione Fanteria da montagna "Acqui"

 Comando: Gen. Div. Antonio Gandin (Argostoli)

 Capo di S.M.: Ten. Col. Giovanni Battista Fioretti (Argostoli)

 2^ Compagnia/VII Battaglione Carabinieri Reali

 2^ Compagnia/IV Battaglione Guardia di Finanza

 Comando Fanteria Divisionale: Gen. Brg. Edoardo Luigi Gherzi (Argostoli)

 17° Reggimento Fanteria: Ten. Col. Ernesto Cessari

 317° Reggimento Fanteria (costituito in sostituzione della 23^ Legione Camicie Nere "Bersaglieri del

             Mincio" dopo il 25 Luglio 1943): Col. Ezio Ricci

 2^ Compagnia/CX Battaglione Mitraglieri di Corpo d'Armata

 4^ Compagnia/CX Battaglione Mitraglieri di Corpo d'Armata

 Comando Artiglieria Divisionale-33° Reggimento Artiglieria Divisionale: Col. Mario Romagnoli (Argostoli)

 I Gruppo Obici da 100/17

 II Gruppo Obici da 75/13 (meno la 5^ Batteria, isola di Santa Maura)

 5^ Batteria/II Gruppo Obici da 75/13 (Argostoli)

 VII Gruppo Cannoni da 105/28/8° Raggruppamento Artiglieria di Corpo d'Armata

 XCIV Gruppo Cannoni da 155/36/8° Raggruppamento Artiglieria di Corpo d'Armata

 CLXXXVIII Gruppo Obici da 155/14/8° Raggruppamento Artiglieria di Corpo d'Armata

 III Gruppo Controaereo da 75/27 CK

 1 sezione obici da 70/15

 2 sezioni controaeree da 20/65

 Comando Genio Divisionale

 31^ Compagnia Genio Artieri

 33^ Compagnia Genio Telegrafisti e Radiotelegrafisti (T.R.T.)

 31^ Sezione Genio Fotoelettricisti

 158^ Compagnia Genio Lavoratori

 215^ Compagnia Genio Lavoratori

 44^ Sezione Sanità

 37° Ospedale da Campo

 527° Ospedale da Campo

 581° Ospedale da Campo (ripiegato)

 5^ Sezione Sussistenza

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Comando Marina "Argostoli" (C.F. Mario Mastrangelo)

 2 cacciasommergibili

 1 flottiglia MAS

 1 flottiglia dragamine

 unità minori portuali

 208° Batteria Artiglieria Marittima (3 pezzi da 152)

 1 batteria artiglieria marittima (3 pezzi da 120)

 1 batteria artiglieria contraerei (5 pezzi da 76)

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Regia Aeronautica

 pochi elementi, ma nessun reparto aereo

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Personale e Armamento

 525 Ufficiali

 oltre 11.000 Sottufficiali e Militari di Truppa

 10 Unità di Fuoco (UNFOC)

 90 giorni di viveri

 assegnazioni extraorganico: 40 mitragliatrici pesanti, vari mortai da 45 e da 81, 4 cannoni controcarro da

            47/32 e 12 da 75/40

 

Da notare che il 317° Reggimento Fanteria è composto essenzialmente da reclute che non hanno completato l'addestramento.

Sull'isola si trovano anche formazioni partigiane dell'ELAS (Esercito Nazionale Popolare di Liberazione greco); le relazioni tra militari italiani e popolazione locale possono definirsi buone.

Le truppe tedesche presenti nell'isola, alle dipendenze del XXII Corpo d'Armata da Montagna (Gen. di C.A. Hubert Lanz), sono:

 

966° Reggimento Fanteria da Posizione (Ten. Col. Hans Barge)

 909° Battaglione Fanteria da Posizione

 910° Battaglione Fanteria da Posizione

 202^ Batteria Cannoni Semoventi d'Assalto (8 pezzi da 75, 1 da 105)

 

La difesa dell'isola è articolata in tre settori: "Nord-Occidentale" (Ten. Col. Barge, Lixuri) con forze italiane e tedesche, "Nord-Orientale" (Col. Ricci, Makryotika), "Sud-Occidentale" (Ten. Col. Cessari, Keramiaes).

Alle ore 21.30 dello stesso 8 settembre giunge un cablogramma del Comando 11^ Armata: "Seguito conclusione armistizio truppe italiane 11^ Armata seguiranno seguente linea condotta. Se tedeschi non faranno atti di violenza armata non, dico non, rivolgeranno armi contro di loro, non, dico non, faranno causa comune con i ribelli nè con truppe anglo-americane che sbarcassero. Reagiranno con la forza a ogni violenza armata. Ognuno rimanga al suo posto con i compiti attuali. Sia mantenuta con ogni mezzo disciplina esemplare. Firmato Generale Vecchiarelli."

Il Generale Gandin dispone di intensificare la vigilanza, fà ripiegare i reparti della difesa costiera su Argostoli ed istituisce il coprifuoco per la popolazione civile; il II Battaglione del 17° Reggimento Fanteria (Maggiore Oscar Altavilla) viene trasferito da Mazaracata ad Argostoli per proteggere il Comando di Divisione.

I MAS e le unità efficienti della Regia Marina salpano su ordine dello Stato Maggiore Marina, restano i dragamine privi di equipaggi.

La mattina del 9 Gandin chiama a rapporto il comandante tedesco Barge; questi lo rassicura dicendo di non aver ricevuto alcun ordine; la sera stessa giunge dal Comando 11^ Armata (tramite il Comando VIII Corpo d'Armata dal quale la "Acqui" dipende) l'ordine di cedere armi pesanti della fanteria e artiglierie ai tedeschi, questi in cambio si impegnano a rimpatriare tutti gli italiani.

Il Comando della "Acqui" suppone anche che l'ordine sia un falso, in quanto è in contrasto con le precedenti direttive, e non lo comunica ai reparti dipendenti; lo respinge con la dicitura "parzialmente indecifrabile"; tenta inoltre, senza riuscirvi, di contattare i comandi delle vicine divisioni "Casale" e "Piemonte".

Il giorno 10, di prima mattina, il Ten. Col. Barge comunica al Gen. Gandin di aver ricevuto l'ordine per cui la "Acqui" avrebbe dovuto cedere tutte le armi, anche quelle individuali; il generale italiano risponde di non aver ricevuto ordini e si riserva di dare una risposta.

Il giorno seguente, l'11 settembre, il Ten. Col. Barge sollecita il Gen. Gandin a dichiarare apertamente se intende schierarsi con i tedeschi, combattere contro di loro, o cedere tutte le armi e intima di fargli avere una risposta entro le ore 19.

Nel frattempo, però si verificano veri e propri atti di aggressione da parte dei tedeschi: 2 batterie di artiglieria, la stazione carabinieri e quella della guardia di finanza vengono sopraffatte e disarmate.

Il giorno 13 giunge, con un idrovolante, il Ten. Col. Busch tedesco il quale rinnova la richiesta della cessione delle armi senza offrire alcuna contropartita e invita il Gen. Gandin a recarsi in Italia per diventare Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Repubblicano, ma questi si è ormai orientato verso una resistenza ai tedeschi, dopo aver sentito il parere di tutte le sue truppe.

Tra il pomeriggio del 14 e le prime ore del 15 una formazione di Stukas tedeschi sorvola l'isola senza però bombardare, solo a scopo di monito; dal 15 al 17 settembre inizia l'attacco tedesco che si risolve a favore delle truppe italiane; dal 17 al 21 il contrattacco italiano è però favorevole ai tedeschi; l'attacco della Divisione "Acqui" del 21/22 settembre si conclude con la disfatta delle truppe tedesche, rinforzate fin dal giorno 16 dall'arrivo di nuove truppe con mezzi corazzati e sempre appoggiate dall'aviazione.

Le richieste del Gen. Gandin rivolte al Comando Supremo (in funzione a Brindisi agli ordini del Gen. Vittorio Ambrosio) hanno sempre esito negativo: in pratica dall'Italia non si può fare nulla. L'unico ordine è di infliggere al nemico più gravi perdite possibili. L'Aeronautica italiana, nei limiti delle sue possibiltà, effettua qualche intervento nei giorni 21 e 22 settembre e con un esiguo numero di velivoli.

Al termine del giorno 22 si giunge quindi alla resa italiana: 65 ufficiali e 1.250 sottufficiali e militari di truppa sono caduti in combattimento; poco più di 5.000 uomini si sono arresi; altri 155 ufficiali e 4.750 sottufficiali e soldati vengono fatti prigionieri un po' per volta.

Il Gen. Lanz, comandante del XXII Corpo d'Armata da Montagna tedesco, con ordine del 23 settembre dispone che tutti i prigionieri italiani vengano fucilati, ad eccezione di fascisti, altoatesini, medici e cappellani.

Il primo ufficiale ad essere fucilato è il Gen. Gandin e del suo corpo non rimane traccia; dopo di lui inizia il massacro. Presso la "Casetta rossa", dietro la penisola di San Teodoro (oggi sacrario della Divisione "Acqui") avviene l'eccidio dei soldati, marinai e finanzieri italiani, sono in tutto circa 4.750; i loro corpi non ricevono sepoltura, ma per la maggior parte sono cosparsi di benzina ed arsi.

Altri 3.000 uomini vengono imbarcati su navi destinate a trasportarli al Pireo, ma appena doppiano il capo di San Teodoro ben tre navi urtano mine e affondano: periscono così tutti i prigionieri.

I superstiti rimasti a Cefalonia sono poco più di 2.000; circa 300 vengono adibiti a lavori di fortificazione costiera sotto comando tedesco; circa 400 sono trasferiti prima al Pireo, poi nei campi di concentramento in Germania e circa 1.300 di loro entrano gradualmente a far parte del Raggruppamento Banditi "Acqui", comandato dal Capitano Renzo Apollonio, impiegato in azioni di resistenza nell'isola. Il 12 novembre 1944 saranno rimpatriati 1.256 superstiti del Raggruppamento; giunti in Italia essi chiederanno solo di poter essere subito impiegati al fronte contro i tedeschi.

GLI AVVENIMENTI A CORFU'

La sera dell'8 settembre sono presenti nella vicina e più piccola isola di Corfù le seguenti forze italiane:

 

 

Comandante Militare dell'Isola (Col. Luigi Lusignani)

 1 compagnia Carabinieri Reali

 1 compagnia Guardia di Finanza

 18° Reggimento Fanteria (Col. Luigi Lusignani)

Vice Comandante Militare dell'Isola (Ten. Col. Alfredo D'Agata)

 III Gruppo Cannoni da 75/27/33° Reggimento Artiglieria Divisionale (Ten. Col. D'Agata)

 1 gruppo cannoni da 105/28/8° Raggruppamento Artiglieria di Corpo d'Armata

 333^ Batteria Contraerea da 20/65 (meno 2 sezioni)

 1 compagnia genio artieri

 1 plotone genio radiotelegrafisti

 elementi di sanità

 elementi di sussistenza

Comando Marina "Corfù" (C.F. Nicola Ostuni)

 1 flottiglia dragamine

 Ufficio Porto di Corfù

 unità minori portuali

Comando Aeroporto (Ten. Albano)

 

Sull'isola è anche presente un presidio tedesco di circa 450 effettivi, agli ordini del Ten. Col. Klotz, formato da specialisti delle trasmissioni e dei servizi, in parte impegnati nell'installazione di due batterie da 150.

Poco dopo la proclamazione dell'armistizio i collegamenti con l'Italia e con la Grecia si interrompono per cui il Col. Lusignani deve affrontare la situazione con le sole forze di cui dispone.

Alle ore 8.30 del giorno 9 settembre giunge un cablogramma del Comando 11^ Armata di Atene: "Fino ad ore 10 nove corrente manterrete posizioni e vi difenderete da attacchi di qualsiasi provenienza. Ore 10 consegnerete Comando tedesco postazioni fisse, antinavi e antiaeree, conservando artiglierie mobili e armamento individuale. Saranno impartiti ordini circa rimpatrio."

Il Col. Lusignani ritiene di non dover prendere in considerazione il messaggio in quanto contrario all'onore militare. Del resto anche questo, come quello giunto al Gen. Gandin, avrebbe potuto essere un trucco messo in atto dagli specialisti tedeschi.

Il comandante militare dell'isola provvede ad impartire i primi ordini d'emergenza: il comando difesa e quello dell'artiglieria saranno nel castello di Corfù, fanteria e artiglierie creeranno diversi capisaldi, formando anche una riserva di manovra.

La mattina del 10 settembre si presenta al comando italiano il Ten. Col. Klotz chiedendo la consegna dei poteri, ma riceve un netto rifiuto; nel frattempo avvengono vari incidenti sempre provocati dai tedeschi.

Nella notte viene intercettato un messaggio del Comando Supremo (di Brindisi) così espresso: "Riferimento quanto comunicato circa situazione isola dovete considerare truppe tedesche come nemiche e regolarvi in conseguenza. Generale Rossi." Verso le ore 13 giungono parlamentari tedeschi ed il Col. Lusignani riesce a patteggiare con loro: il possesso di Corfù resta agli italiani, i tedeschi possono rimanere nelle loro sedi, ma devono avvisare prima di ogni spostamento.

Arrivano anche notizie poco confortanti: si viene a sapere che le truppe di presidio in Albania e in Grecia che hanno ceduto le armi sono state poi inviate nei campi di concentramento in Germania e non rimpatriate come promesso dai tedeschi.

Alle 11.30 del giorno 13 un convoglio che trasporta un gruppo tattico tedesco guidato dal Mag. Dodel viene fatto segno dalle artiglierie italiane: tre unità sono affondate e tre danneggiate; un secondo convoglio è costretto ad invertire la rotta.

Il presidio di Porto Edda in Albania intanto ripiega su Corfù; vi giungono circa 3.500 uomini:

 

Comando 49° Reggimento Fanteria/Divisione "Parma" (Colonnello Elio Bettini)

 I Battaglione/49° Reggimento Fanteria

 III Battaglione/232° Reggimento Fanteria/Divisione "Brennero"

 DXLVII Battaglione Costiero

 VIII Battaglione Milizia "Varese"

 CIX Battaglione Milizia "Macerata"

 XV Gruppo Artiglieria Guardia alla Frontiera (con 2 sezioni cannoni da 75/27)

 31° Ospedale da Campo

 elementi del genio fotoelettricisti

 elementi di sussistenza

 elementi della guardia di finanza

 elementi della Regia Marina

 

La sera del 13 giungono a Corfù anche le torpediniere "Sirtori" e "Stocco" inviate dall'Italia. Il 14 un attacco aereo di Stukas danneggia la "Sirtori", poi fatta incagliare sulla spiaggia, mentre la "Stocco" riceve l'ordine di rientrare a Brindisi. La mattina del 15 viene respinto un secondo tentativo di sbarco tedesco. Il 16 il Col. Lusignani fà completare l'armamento dei partigiani greci e dispone il loro impiego per la lotta antiparacadutisti; il Comando Supremo intanto gli concede la Medaglia d'Argento al Valor Militare sul campo.

La Regia Aeronautica dispone una "ricognizione offensiva" su Corfù per il giorno 17, ma non se ne conosce l'esito. Il giorno successivo seguono altre missioni aeree a protezione del presidio italiano.

Il giorno 19 settembre arriva la MS 33 carica di medicinali, la motonave "Probitas" e le torpediniere "Clio" e "Sirio", poi avviate a Santi Quaranta in Albania dove imbarcano e rimpatriano 1.760 soldati.

All'alba del 20 due ufficiali inglesi si paracadutano sull'isola e portano l'elogio personale del Gen. Eisenhower, mentre proseguono gli attacchi di velivoli tedeschi. Nella notte sul 24 i tedeschi riescono a sbarcare: si tratta di tre gruppi tattici appartenenti alla 1^ Divisione Cacciatori da Montagna. Nel contrastare lo sbarco le perdite italiane ammontano a circa 500 uomini.

Il 26 settembre il presidio italiano è costretto alla resa; circa 280 ufficiali sono rinchiusi nel Castello di Corfù, mentre la truppa è raccolta nell'aeroporto; numerosi militari riescono a fuggire grazie all'aiuto della popolazione locale.

28 ufficiali sono subito fucilati, altri sono eliminati con un colpo di pistola e alcuni deportati in Germania; il 10 ottobre oltre 4.000  prigionieri vengono imbarcati sulle navi; all'apparire di aerei alleati gli italiani manifestano gioia, ma i tedeschi li mitragliano subito facendo molte vittime; una delle navi è anche affondata dagli stessi aerei alleati, pochi superstiti si salvano a nuoto.

Il numero dei caduti italiani nell'isola di Corfù è incerto, ma si può calcolare intorno ai 1.315 uomini, il che porta il totale delle perdite italiane nelle due isole a circa 9.065 vittime e più di 1.200 feriti, oltre ai 4.000-4.500 internati in Germania, molti dei quali non faranno più ritorno