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AMADI 'Black
Spark, White Fire'
Amadi
è un cantante giamaicano dalla grande voce la cui carriera è iniziata
ufficialmente nel 1974 con l’uscita del singolo ‘Free Natty Dread’ e che
solo negli ultimi anni ha deciso di puntare seriamente sul suo grande
talento di vocalist (forse convinto dal fatto che c’è tanta gente in
giro che fa i soldi senza saper neanche cantare.) Ed ecco qui pertanto
l’uscita del suo secondo album intitolato ‘Black Spark, White Fire’
(ad esemplificare il concetto del dualismo fra bianco e nero) che vede un
gran numero di grossi nomi del reggae affiancare il relativamente
sconosciuto Amadi che non a caso mette in bell’evidenza il nome di Bunny
Rugs (dei Third World) in copertina. Oltre a quest’ultimo sono qui
presenti il cantante Hopeton Lindo che affianca Amadi nella bella ballata
Gospel ‘Jah is Here’, nientemeno che Donald ‘Satta’ Manning (degli
Abyssinians) e Derrick Harriot ai background vocals, le vocalists Chevelle
Franklin e Sharon Forrester qui presenti in veste di coriste, e musicisti
di altissimo calibro quali Dean Frazer, Earl ‘Chinna’ Smith, Latty
Guzang e il musicista/engineer Karl Pitterson che ha mixato gente come Bob
Marley, Bunny Wailer e Peter Tosh. Beh, niente male Amadi! Dicevamo della
grande voce di Queenmakes (questo il suo nome di battesimo) …beh, il
nostro è dotato di un tono baritonale notevolissimo che lo fa
rassomigliare ad una sorta di Tom Jones prestato al reggae. Pertanto le
sue influenze derivano piu’ dal Soul e dalla musica Black americana in
generale che dalla ‘scuola’ Reggae e se a questo aggiungiamo che Amadi
è in grado di dare vita a canzoni accattivanti ci rendiamo conto del
potenziale che ha in valore assoluto questo cantante giamaicano residente
negli States. Va detto pero’ che così com’è fatto questo album
lascia piu’ che altro intravedere le capacità del cantante piu’ che
sfruttarle appieno. Mi spiego: che Amadi come cantante sia un grande non
si discute, ma non si capisce perché abbia voluto inzeppare questo album
(annacquanbdolo) di brani RB, Pop e persino Soca che ci azzeccano
francamente poco. Credo difatti che un artista emergente che voglia
crearsi il suo spazio nel reggae debba fare tutto tranne che infilarci
altri generi dentro che rischiano di abbassare (come in questo caso)
l’attenzione e l’interesse di chi ascolta. Comunque, brani come la
potente ‘Don’t Give Up’, l’emozionante ‘A Who Dem’ (questo è
lo stile per te Amadi, roots!), ‘Crack Pipe Lovers’ e ‘Deny’
lasciano presagire cose grosse.
RasWalter
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