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"Il Reggae è uno strumento per parlare della tua vita"

Intervista a IL GENERALE

©2002 RasWalter

*            Tu sei stato uno dei precursori dell’epoca Posse: cos’è rimasto di quella esperienza nel panorama musicale italiano?   

*            Quella che tu chiami “epoca delle posse” fu uno strano connubio fra la contemporanea emersione di una serie di esperienze sommerse che vennero a galla più o meno contemporaneamente (e certo anche per via della situazione che si venne a creare) e l’improvvisa attenzione della stampa e dei media: Molti gruppi reggae (come gli Africa, i Different Style, i Pitura o anche la Ludus Dub Band) erano già esistenti, così come lo erano esperienze di mc come quelle dell’Onda Rossa Posse o di Briggy Bronson. Per cui bisogna vedere cosa si intende per epoca delle posse. Di fatto l’interesse per il rapporto fra sonorità nere e testi in italiano e in dialetto generò una profusione di gruppi ed mcs fino alla saturazione e anche a un generale appiattimento sia musicale che di liriche. All’epoca io vedevo male questo calderone in cui stava dentro un po’ di tutto col rischio di perdere in parte una certa identità di quello che facevi. In seguito, un po’ per il naturale evolversi delle cose un po’ come conseguenza dell’interesse suscitato dal “fenomeno” si sono avute varie conseguenze. In ordine sparso: una “selezione naturale” segnata anche dal fatto che alcuni hanno saputo trovare una loro dimensione nel rapporto con le major mentre altri no; un declino di quelle che erano le produzioni cosiddette indipendenti, una netta divisione fra il reggae e l’hiphop che prima sembravano andare di pari passo, un ridimensionamento della connessione con i centri sociali che in molti casi è coinciso con un “impoverimento” dei contenuti dei testi (vedi molti mcs hiphop italiani degli ultimi anni novanta, con l’incredibile capacità di blaterare senza dire niente) … da un altro punto di vista le “scene” (sia quella reggae, che quella o quelle rap) sono cresciute, come dimostrano la nascita di tante crew o – nel caso del reggae – di tanti sound system. La differenza sostanziale sta forse nel fatto che ci sono ora mondi molto legati a una certa estetica o a certe attitudini, che però (a differenza dei primi anni novanta) provano scarso contatto l’uno con l’altro. Mi spiego: puristi roots che non tollerano la dance o puristi reggae che non sopportano l’hip hop. Personalmente io cerco sempre la contaminazione da tutte le fonti e non mi ritrovo in ambienti dove si propone in qualche modo una chiusura verso altre forme espressive. Un po’ il contrario della situazione dei primi anni novanta. Allora c’era dentro tutto ora ci sono spesso mondi diversi e un po’ troppo isolati o, quantomeno, troppo legati a certi canoni. Per quel che riguarda il reggae, comunque, io vedo dai concerti che la scena italiana è cresciuta, anche se paradossalmente è diventato molto più difficile trovare spazio nel mercato discografico. LA differenze sostanziale forse è venuta dalla rete, con la straordinaria possibilità di trovare la musica in rete. Forse non ho risposto in modo preciso alla domanda, ma facciamo così, io prendo le domande come pretesto e vado a ruota libera, ok?  In ogni modo, un’ultima cosa, il frutto principale dell’”epoca” posse fu il fatto di cantare in italiano e in dialetto. A mio avviso, sia il cantare in italiano che le esperienze dui autogestione e autoproduzione (altra cosa importante di quel periodo) hanno avuto radici nelle esperienze dell’hardcore punk degli anni ottanta, dalle quali io stesso (come molti altri “anziani”) provengo.    

*           Il tuo ‘Non è un miraggio (Roberto Baggio)’ – uscito a fine anni 80 - è stato uno dei primissimi esempi di raggamuffin nostrano. Quanto è cambiata da allora la scena reggae italiana?     

*            Un po’ ho già risposto. Allora era originale fare talkin’ in italiano. Oltre a me c’era l’Onda Rossa, la posse di Bari e l’africano Kito Goncalves, che fece “Lasciate l’Africa in pace” prima di Baggio/San Marco Skanking (questo secondo fu il mio primo pezzo “raggamuffin”). Altri, incluso Briggy “the Originator”, proprio non lo sentivano l’italiano e continuavano ad adoperare il patwa.  Detto questo, guardiamo la cosa da un altro punto di vista, oggi diciamo che ci sono concerti reggae in tutta la penisola, mentre allora a parte Roma che era un pianeta a parte, non c’erano poi tutti questi grossi nomi che girano oggi. Ciononostante la scena nella sua globalità era forse meno frastagliata. Ma forse solo perché eravamo in molti meno, e quasi tutti legati a una visione strictly roots del reggae. Oggi invece come detto ci sono molti sound, c’è molta più conoscenza dei vari stili giamaicani e molte più possibilità di trovare i dischi o di scaricarsi direttamente dal computer anche gli ultimi 45 giri.      

*            Discutendo con Jahro’ (Zu Luciano Band) abbiamo concordato sul fatto che le reggae band italiane di adesso non sempre comprendono appieno le potenzialità della loro musica e del loro appeal (anche in una prospettiva internazionale del reggae) e per questo spesso non profondono l’impegno e la convinzione necessari nel promozionarsi, facendo in modo che emergano soltanto cose commercialotte come, ad esempio, il pezzo estivo di Brusco. Mi interessa sapere il tuo parere di veterano sull’argomento.      

*            Prima cosa. Secondo me Brusco è un grande. Sa scrivere cose semplici ma al tempo stesso efficacissimi e ha fatto una serie di pezzi (ad esempio I sogni e le idee, che è stupendo) di grande livello. A me è piaciuto anche Abbronzantissima, il fatto che sia commerciale non è intrinsecamente un limite. Il problema di molti è invece scimmiottare le cose di altri invece di cercare una propria via. Per come vedo io il reggae, è uno strumento per parlare della tua vita, delle cose che succedono. Quindi occorre trovare una via italiana e non adeguarsi semplicemente a un’estetica e a dei temi sfruttati da tutti. In linea di massima, io ho una predilezione per i gruppi del centro-sud che esprimono le esperienze che vivono (il che vale per i salentini, come per lo stesso Brusco) e scarso interesse per la maggior parte dei gruppi del nord che trovo troppo precisi e asettici (il che vale per i Tickets e anche per gli ultimi Africa): Non mi fraintendere comunque, parlo qui a livello di scelte musicali (o di visione generale del reggae) non appiccicarci in alcun modo una valutazione sulle persone. Venendo alla tua domanda, io penso che capire la potenzialità sia conseguente alle cose che ho appena detto. Non si tratta infatti di saper suonare più o meno bene, quanto piuttosto di sentire di fare cose che hanno o meno una loro particolarità     

*            Tu vieni dal punk: accade spesso che artisti punk poi si ‘convertano’ al reggae. Perché accade questo, secondo te?     

*            Penso sia una questione di spirito che vale soprattutto nei paesi “industrializzati”. In quei paesi i due generi esprimono qualcosa contro lo stato presente delle cose, esprimono il disagio giovanile e non solo giovanile, hanno elementi comuni che possono essere i potenti, la polizia, la ganja e tante altre cose che puoi immaginare. In Italia poi come ti ho detto, ci sono radici che implicano continuità fra il punk e il reggae e che passano dalle esperienze di autoproduzione e dalla nascita di scene locali con gruppi, locali o centri sociali, gente che segue le cose, fanzine, ecc…     

*           Nel tuo ultimo album ‘In Transito…’ non c’era solo reggae ma anche altre sonorità, hip hop, jungle etc. Andrà in questa direzione la tu musica , cioè verso la contaminazione?

*            A dire il vero sto preparando l’album nuovo, che farò insieme a Toni Moretto, è faccio prevalentemente pezzi ragga. Un po’ perché mancavano nel disco precedente, un po’ perché la cosa armonizza la voce fondamentalmente roots di Toni (hai presente Angoli su Combo?). Per questo disco (che uscirà nel 2003) è stata fatta questa scelta, poi staremo a vedere. In cantiere ad esempio (per riallacciarsi alla domanda precedente) c’è un disco in cui Ludus Pinski e io rivisitiamo alcuni brani degli I Refuse it (la band dove suonavamo all’epoca del “granducato hardcore”). Un pezzo è già pronto, ma prima di procedere aspettiamo che finalmente esca la ristampa del materiale originale degli I.R.I.     

*            Una domanda che faccio spesso: è un’epoca in cui si sentono sempre piu’ sonorità derivanti dal reggae e dal dub; secondo te perché il reggae influenza così tanto la musica ‘ alternativa’ (e non solo) prodotta adesso?     

*            Vediamo: il fatto che il reggae e il dub sono stati la trait d’union ideale fra il rock e la musica da discoteca; il fatto che si può fare dub con i computer o anche con strumentazioni alla portata di singoli (senza bisogno cioè di trovare i musicisti, fare le prove evia dicendo …), Il fatto che le sonorità dub si sposano alla perfezione sia con le ambientazioni metropolitane che – appunto – con il fatto di stare chiusi in una stanza in solitudine; il ritmo, il ritmo, il ritmo … la potenza dei bassi,  il messaggio, la ganja e via e via e via     

*           Cos’è che stai ascoltando maggiormente in questo momento, e se dovessi fare un solo nome nell’ambito reggae di adesso, quale faresti?     

*            Confesso che sento molti tipi di musica, ma che attualmente (a differenza di qualche mese fa) sto di nuovo ascoltando prevalentemente reggae. Molta dancehall negli ultimi giorni, soprattutto Sizzla, che mi ha emozionato moltissimo nel suo concerto di Perugia. Però ti parlo di questi giorni, vado un po’ a flippature. I cd si accumulano. Ascolto molto rap non convenzionale: quello senegalese e africano in genere, quello turco (Nefret, gli Islamic Force… sono gruppi straordinari). Ho scoperto che c’è una grande tradizione rap in Azerbaijan … dove facevano uno stile chiamato meykhana (che è in pratica rap senza basi musicali) già alla fine del secolo scorso (poi fu proibito dai sovietici) e che ora hanno una produzione incredibile (soprattutto quattro me che si fanno chiamare DAYIRMAN) … poi ascolto rai, rap francese, un po’ di punk, anche qualche cosa di più vecchio…. Qualche mese fa mi era preso il trip dei pezzi degli anni venti dedicati alla marijuana … una produzione sconfinata …     

*            Prima parlavamo del vecchio pezzo dedicato a Baggio; se dovessi dedicare adesso un pezzo a Cecchi Gori, come lo intitoleresti?     

*            Guarda che esiste già. Si chiama LA BAMBA. Lo facciamo dal vivo, anche se da quando è successo il crac ho cambiato l’ultima strofa. E’ un ragga che poi passa al ritornello della BAmba. Ecco il testo:

Sta a villa Borghese con i servi filippini

Ha specchi dappertutto anche sui tavolini

La notte sta in pigiama e delude la Marini

Perché l’ha messo in culo a tutti i fiorentini

     Ahi la Bamba Ahi la Bamba

    Quando Sebastian Coe fece il record mondiale

    C’era ancora la pista allo stadio comunale

    La tolsero e Vittorio per colmare la lacuna

    Decise di montarsene qualcuna su in tribuna

   Ahi la bamba  

   Il cine è la sua storia, Benigni il suo scudetto

   Per questo la sua vita è recita a soggetto

   A questo punto la vecchia versione diceva

   Quest’anno per favore solo una ciliegina:

   levati di culo e vendi la Fiorentina

 La nuova dice: 

i soldi non ci sono però c’è un grande piano

pagare con assegno in bianco colombiano

(Lo sapevi no che ha provato a pagare i debiti con un assegno a vuoto emesso da una banca di Medellin… non si può dire però che non sia un uomo unico nel suo genere) 

*            Parlami dei tuoi progetti imminenti, so che hai ripreso a fare date con Jahka, Tony Moretto e la tua band… 

*            A parte un breve periodo, non ho praticamente mai smesso di suonare dal vivo. La formula è quella della backing band, la One drop, che accompagna praticamente tutti i cantanti della zona. In genere giriamo così io, Jaka, Toni e Jah Mento. Quest’estate abbiamo girato abbastanza e ci piacerebbe prima o poi fare anche un disco live tutti insieme. Ognuno di noi fa cose molto diverse, ma il bello è proprio questo … vabbè, io smetto qui, se chi legge va sul sito, www.ilgenerale.it  magari può trovare altre informazioni, scaricarsi dei brani (sia in studio che live), scrivermi e anche contattarmi per i concerti o per tutto il resto.

Del disco poi ti ho detto … e anche JAka sta preparando un album … poi vedremo.