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Mukandi Lal e il ritorno della ‘gente normale’

Esce il nuovo album del viaggiatore musicale romano

(articolo di RasWalter comparso per la prima volta sul settimanale 'Controsenso' diretto da Antonio Savino ed edito dalla PubbliVenere)

Venti e passa anni fa lo conoscevano tutti come 'Daddy Reggae' ('Papà Reggae'). 'Romano de Roma', Marco Provvedi è stato infatti uno dei pionieri nella promozione in Italia di questa musica. Fondatore del primo sound system italiano, il "Reggae Tour 1981", ed animatore di altre iniziative seminali che hanno fatto conoscere questo genere nel nostro paese, Marco abbandonò questi suoni apparentemente per sempre dieci anni fa. In seguito ad un viaggio in India, infatti, Daddy Reggae divenne l'uomo che è ancora oggi e che corrisponde al nome di Mukandi Lal. L'ex rasta italiano abbracciò così la fede e la cultura induista e divenne un apprezzato interprete della musica indiana miscelata con suoni moderni. Il suo primo, bellissimo album, 'Shanti Dance', era infatti una raccolta di 'mantra' fusi con la musica elettronica. Adesso, dopo tanti anni, Mukandi Lal è tornato clamorosamente al primo amore. Il reggae. Per l'induista romano è infatti arrivato il momento di cantare le proprie convinzioni in italiano, avvalendosi anche del dialetto romanesco e del ritmo pulsante di una musica che aveva abbandonato tanti anni fa. 'Semo Gente Normale' è il titolo del suo nuovissimo disco.

I nomi con cui lei è conosciuto sono tanti. Le sue provenienze musicali e culturali sono multiformi, ma chi è veramente Mukandi Lal?

Mukandi Lal è un uomo semplice che cerca la verità come tutte le persone di coscienza. Parlare di me stesso non mi risulta facile. E’ invece più semplice raccontare le mie esperienze vissute e questo cerco di farlo attraverso delle canzoni. Ho scoperto delle cose e le voglio condividere con gli altri e la musica reggae è un ottimo veicolo.

Il suo primo album 'Shanti Dance' era una mistura di suoni indiani ed elettronici. L'ultimo lavoro invece, è sostanzialmente un disco di musica reggae. Per lei si tratta di un ritorno dopo diversi anni a queste sonorità. Cosa l'ha spinta a tornare alla reggae music?

"Shanti dance" è stato e rimane un progetto particolare. Proporre dei "mantra" con un suono e dei ritmi non tradizionali della musica indiana ha creato un interesse non indifferente e sto pensando ad un nuovo album di "musica devozionale" (i mantra sono preghiere). 'Semo gente normale' nasce dall'esigenza di comunicare lo stesso messaggio d'amore, di unione e fratellanza dei mantra attraverso canzoni in italiano, in modo che la gente capisca cosa voglio dire. Il reggae è stato per molti anni il motore delle mie giornate, poi la pace del silenzio dell'India. Ora torno alle mie radici musicali.

Lei è considerato uno dei 'padri' della scena reggae italiana. Come sta adesso, sua 'figlia' ?

"Pochi ma boni " era l'espressione spesso usata da me ai concerti ed alle dance hall. Certo, una volta era tutto circoscritto e ci si conosceva tutti, c'era uno spirito pionieristico che oggi si è un po' perso, era un sentiero aperto con il machete che diveniva piano piano un viottolo. Oggi è una super strada percorsa da band, sound, dj, radio e chi più ne ha più ne metta. Io sono orgoglioso (anche se è un peccato d'ego) del lavoro che ho fatto. Le basi erano solide ed oggi i risultati sono evidenti. Certo ci sarebbero tante cose da dire e si cadrebbe nella polemica, ma mi limito a ricordare che l'unione fa la forza e che si deve essere uniti sostenendoci gli uni con gli altri.

Cosa l'ha spinta a lasciare il reggae dieci anni fa?

La spinta iniziale è stata data da tutto quel reggae che parlava di sesso, o di violenza. Non c'era più una voce rasta a parte i soliti Burning Spear, I Jah Man etc.. Si è trattato di un bisogno dell'anima di spaziare e respirare vibrazioni pulite ed ecco che è arrivata l'India.

Quali sono i personaggi che più di tutti l' hanno influenzata, sia culturalmente che musicalmente?

Bob Marley sicuramente, ma anche Jimmy Cliff, Lee Perry, U Roy, Pablo Moses etc.. Erano tempi in cui ci si poneva le prime domande sul rastafarianesimo e con i rasta italiani ci riunivamo in 'reasoning' ('ragionamenti') per condividere le nostre esperienze. Nasceva così la nostra cultura. Semplicemente, giorno dopo giorno, vivendo la vita come Dio la manda nel modo più degno possibile. 

(Wal. De S.)