“Me name Junior Gong, youngest veteran…” con
queste parole Damian Marley si presentava nel 1995 al pubblico
internazionale con il brano “Me name Junior Gong” (appunto) e
riscuoteva il suo primo successo. Ne seguì poco dopo il suo album di
debutto “Mr. Marley” che al di là di qualche buon pezzo come quello
citato prima era la dimostrazione che se di cognome fai Marley puoi
tranquillamente far uscire un mediocre album su scala internazionale a
soli diciotto anni. Musicalmente ancora troppo acerbo era difatti
l’ultimo dei figli di Bob Marley (nato da una sua relazione con l’ex
miss mondo Cindy Breakspeare) ma se non altro si segnalava come il primo
dei suoi figli che cercasse di fare musica diversa da quella del padre
esibendosi nello stile raggamuffin deejay. Beh, sono passati sei anni da
allora e Damian “Jr.Gong” Marley s’è fatto uomo maturando sia a
livello vocale che a livello musicale e questo suo “Halfway Tree” è
un disco molto ben confezionato, sicuramente uno dei migliori usciti di
recente. Prodotto dall’eclettico fratello Stephen per la Ghetto Youths
di casa Marley il disco come sonorità si inserisce con decisione nel
filone ragga hip hop riuscendo brillantemente nel tentativo di creare un
perfetto connubio tra le sonorità che fanno inevitabilmente parte del
codice genetico del buon Junior e quelle, dall’appeal sicuramente
piu’ “internazionale”, della black music americana. E’ evidente
l’intento, come recita anche il disclaimer sulla copertina, di dare
vita al Marley della ‘next generation’ ma questo non è
assolutamente un punto a sfavore del
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disco in quanto ben vengano
prodotti del genere se fatti con simile stile e inventiva. Difatti
Stephen Marley s’è dato un gran da fare nella produzione di questo
album, basti dare un’occhiata all’impressionante elenco di artisti
ospiti, appartenenti sia al mondo del reggae - gente come Bunny Wailer
(!), Bounty Killer, Capleton, Yami Bolo, Daddigan e lo stesso Stephen
Marley - sia al mondo del rap come Teach, Drag-On e Mr.Cheeks. Il
lavoraccio di Stephen Marley risulta evidente anche anche a livello
stilistico in quanto l’album si estende su un tappeto sonoro
variegato: basti pensare all’hip hop di pezzoni quali It was
written,Educated Fools, la title track Halfway
Tree, Born to be wild, al roots reggae della stupenda More
Justice( scritta insime a Ziggy Marley), al dancehall style di Mi Blenda
e al ritmo nyabinghi massiccio di Give dem some way,
un’autentica gemma di reggae music, in cui Jr Gong ci dà lezioni di
deejay style. Fortissimo. Sì, difatti, su tutto questo grande lavoro a
livello di basi, è lo stile impeccabile di Damian a cementare il tutto
e non vi nego che i suoi interventi in deejay style nei duetti col
fratello Stephen che invece canta in classico stile marleyano (come in Catch
a fire, versione moderna di Slave Driver) rimarranno a lungo
nella memoria dei fans del Reggae. Rimarchiamo inoltre con piacere il
contributo al disco di Yami Bolo, entrato a far parte anche lui
dell’entourage della Ghetto Youhts e che è presente qui in tre brani,
fra cui lo spassoso “She needs my love” cantato insieme a Junior su
una solare base trenggae , lo stile di reggae latino ideato da Sly e
Robbie, anch’essi presenti in questo gran bel disco.
RasWalter
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