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I suoni di inzio millennio seguono sempre piu' con decisione la strada della contaminazione. Le sonorità e i ritmi piu' disparati si uniscono e si arricchiscono a vicenda, le tradizioni si incrociano e le culture si fondono. E il reggae/dub continua ad essere l'ingrediente principale di queste ricette musicali che sempre piu' spesso vengono copiate anche dal Mainstream. Il 1° Rocka Sound Festival, tenutosi quest'estate a Rocca Imperiale Marina (CS) ci ha dato la possibilità di ascoltare e di intervistare due gruppi che della contaminazione hanno fatto un marchio di fabbrica.I Pseudofonia di Foggia, interpreti quanto mai efficaci dello stile reso celebre dai Mano Negra, vale a dire il 'Patchanka' - seppur in una rivisitazione tutta italiana - e i Nidi D'Arac, noti interpreti della musica elettro-etno dub-salentina che in passato hanno collaborato, fra gli altri, con i Radici Nel Cemento.


INTERVISTA AI NIDI D'ARAC

(RasWalter per ReggaeTime e Alessandro Coppola per Nidi D'Arac, Agosto 2002)

ü      Dunque, innanzitutto qual è la migliore definizione per il vostro genere?

ü      Beh, a me piace collocarmi nella World Music, volendo intendere con questo termine non la corrente fondata da Peter Gabriel negli anni Ottanta ma bensì la riproduzione dei suoni del mondo attraverso un unico suono;.una miscela di suoni, quindi, provenienti da tutto il mondo che non fanno altro che esprimere la voglia di comunicare fra le razze e fra le tradizioni.

ü      E quindi come è iniziata la vostra ricerca musicale?

ü       E’ iniziata guardandoci dentro e cercando di capire chi siamo e una volta capito questo, dalla voglia di comunicare e di conoscere altre culture.

ü      Che vuol dire ‘Nidi d’Arac’?

ü      Fondamentalmente è un gioco di parole: parte da ‘aracnidi’, che come tutti sanno è il termine scientifico che indica i ragni e tutti gli affini  e quindi richiama un po’ la tradizione salentina , simbolicamente rappresentata dal ragno. ‘Nidi’ sta ad indicare la provenienza di ognuno di noi e il bagaglio culturale che ognuno di noi porta con sé. Ad esempio, il nostro tastierista è Svizzero e quindi ha portato nella nostra musica il culto per la tecnologia.

ü      Qual è la situazione della musica alternativa italiana?

ü      Si sta muovendo qualcosa. Noi abbiamo iniziato a fare musica a fine anni 80/inizio 90 e il piccolo movimento è diventato sempre piu’ grande; la gente comincia a diventare consapevole di questo nuovo mercato alternativo che in questo modo diventa sempre meno alternativo.

ü      E cos’è che non ti piace di questa realtà?

ü      Mah, come tutti i fenomeni ci sono lati positivi e lati negativi. Il lato negativo potrebbe essere quello di non intensificare le forze, insomma lo spreco di energia da parte di tutte quelle realtà che non fanno il loro mestiere con un impegno, non dico come il nostro, ma insomma…

ü      Fino a che punto il vostro discorso musicale si ricollega a quello dei Sud Sound System?

ü       I Sud Sound System hanno dato vita ad un fenomeno che è quello del ‘Tarantamuffin’ che è stato il primo tentativo, inconsapevole, di unire la tradizione giamaicana a quella salentina. E quindi hanno inconsapevolmente – o magari anche consapevolmente – dato vita ad un fenomeno culturale non indifferente. Io sono partito piu’ consapevolmente, dato che ho fatto studi etno-musicologici; mi sono guardato attorno e ho sentito il bisogno di suonare in una lingua oramai universale…

ü      …comunque il Reggae e il Dub sono molto presenti nella vostra musica…

ü     …sì, sì, fortemente presenti…diciamo che tutta la musica che si sente adesso nel Nord Europa deriva dalla musica giamaicana…

ü     …ecco, perché il Reggae influenza così tanto la musica underground di adesso?

ü     Perché dagli anni Settanta fino ad ora è stata una musica che non è mai tramontata e che, essendo molto forte ed avendo forti radici, è stata l’unica che è riuscita a non aver mai paura di smettere. Difatti si è passati dal Reggae al Raggamuffin, dal Raggamuffin alla Jungle, dalla Jungle al Drum’n’Bass, dal D’n’B alla Techno e così via…un po’ come ha fatto il Blues che ha dato vita al Rock…ecco, probabilmente il Reggae è il Blues degli anni Settanta.

ü      Quella di mischiare le sonorità elettroniche a quelle etniche piu’ disparate è una tendenza molto forte di questi ultimi tempi. Va verso questa direzione la musica del futuro?

ü      Certamente sì, ne sono convinto. Il campionatore e l’era digitale non hanno fatto altro che permettere d’imparare attraverso i nuovi media lingue differenti.

ü      Il sound del vostro ultimo album (‘Tarantulae’ ndr) è molto ricercato…

ü      E’ molto, molto curato, abbiamo fatto tutto da noi e ci abbiamo messo un grosso impegno, soprattutto da parte del nostro tastierista – ne parlavo prima -  che è Svizzero ed è meticoloso . Abbiamo cercato di tirare a lucido tutti i suoni etnici, cercando di registrarli al meglio, non come si sentono nelle registrazioni ‘rurali’ ma come si sentirebbero in una sala di registrazione molto buona. Li abbiamo poi mischiati ai suoni elettronici ed è venuto fuori un disco che a livello di suono ci lascia molto soddisfatti ed è una gran cosa.

ü      Cosa vi aspettate dalla vostra attività musicale? Quali sono i vostri obiettivi?

ü      Mah, tutto è iniziato per la voglia di suonare…adesso è diventato un lavoro ma a noi basta già sopravvivere in musica; già questo è molto importante.