MIME-Version: 1.0 Content-Type: multipart/related; boundary="----=_NextPart_01C97E1D.C452C580" Questo documento è una pagina Web in file unico, nota anche come archivio Web. La visualizzazione di questo messaggio indica che il browser o l'editor in uso non supporta gli archivi Web. Scaricare un browser che supporti gli archivi Web, come Microsoft Internet Explorer. ------=_NextPart_01C97E1D.C452C580 Content-Location: file:///C:/AE4B4642/recensioniwalterrastasnob.htm Content-Transfer-Encoding: quoted-printable Content-Type: text/html; charset="us-ascii"
Zigg=
i
“In Tra=
nsit”
(Greensleeves)
Nonostante il nome (“Z=
iggi”)
e la voce (simile a quella di Ky-Mani Marley), questo artista no=
n ha
nulla a che fare con la famiglia del grande Bob. Il nostro, infatti, &egrav=
e;
un giovane cantante creolo residente in Olanda, in cui si dice un gran bene=
di
lui e del suo ultimo album, “In Transit=
8221;,
uscito per una “grande” del settore,
Ziggi ha
talento, questo è sicuro, e tutto sommato=
il
disco scorre via piacevole all’ascolto, fra nuovo roots
e un dolce tipo di dancehall.
Non
si tratta certo del capolavoro di cui si vantano nei Paesi Bassi, ma vale la
pena dargli una chance.
In futuro Ziggi potr=
ebbe
diventare un big.
Benaïssa
“Tables
Turn” (Silver Kamel)
Dopo l’exploit del connazionale Ziggi, tocca ora alla “sorpresa” Benaïssa, portare alto, in giro per il mondo, il
vessillo del reggae olandese=
. Nei
Paesi Bassi, infatti, anche grazie alla densa immigrazione africana ed antillana, pulsa una fervida scena in levare, finora =
non
adeguatamente rappresentata nei contesti appropr=
iati.
L’uscita dell’album di debutto Benaïssa, “Tables
Turn”, sul proscenio internazionale (favorita dalla pubblicazione per
conto della piccola, ma storica, Silver Kamel), potrebbe rivelare al mondo un’inedita
fabbrica di talenti. Anche perché, alla splendida ed intensa voce del
titolare del disco (un “singjay” ch=
e,
nell’attitudine, ricorda un po’ il “nostro” Alborosie), si aggiunge quella di=
altri
giovani cantanti del reggae olandese. “Un lavoro fatto bene”, c=
ome
direbbe Don Vito Corleone.
Victor Demè=
span>
“Victor Dem&eg=
rave;”
(Makasound)
Il suo dis=
co
omonimo, è stato votato dalla prestigiosa
rivista musicale "Songlines", come mi=
glior
album world del 2008.
Con già più di 20 000
copie vendute in Francia, Victor Démé,
cantante del Burkina Faso<=
/span>,
è il nuovo fenomeno del settore.
E pensare=
che,
dopo oltre vent'anni di carriera nel suo paese,
è al primo lavoro su disco. Ma, pa=
rlando
in termini di riscontro internazionale, con la sua incredibile voce ha bruc=
iato
le tappe. La sua musica folk blues profonda &egr=
ave;
stata acclamata dalla critica e dal pubblico in Belgio, Inghilterra, German=
ia
Spagna, Portogallo e in Italia. Per questo, il cd è facilmente
reperibile anche qui da noi.
Meno male=
.
Earl Chinna Smith
“Earl Chinna=
span>
Smith & Idrens Vol.
“Il nuovo volume della serie 'Inna de =
Yard' festeggia il leggendario chitarrista Earl Chinna Smith,
con la partecipazione di tutti i suoi amici (Idrens).
Earl Chinna Smith ha fatto la storia del reggae suonando sui disc=
hi di
Max Romeo, Burning Spear=
span>, Linval Thompson e tanti a=
ltri. Ci
propone un ottimo disco acustico registrato come al
solito nella sua yard a Kingston, Giamaica, con alcuni giovani artisti
giamaicani molto promettenti". Fin qui le parole del
comunicato stampa di presentazione del disco.
Ciò che è doveroso aggiungere, però, è che ormai
questa ricetta del reggae roots (radici) "=
ancora
più roots", proposta dall'etichetta
francese Makasound, comincia ad essere un po'
ripetitiva. Nonostante le numerose collaborazioni (su t=
utte
l'exploit del vecchio Kiddus I), il seco=
ndo
volume di "Chinna Smi=
th
& Idrens" è roba riservata ad <=
span
class=3DSpellE>ultra-appassionati e completisti=
.
Yasu=
s
“Revela=
tion
Chapter
Uno
che ha l’impudenza di farsi chiamare come Ges&ug=
rave;
(nonché come il Negus Etiope), deve, quan=
to
meno, saperci fare. Fortunatamente è il caso di Yasus
Afari, “dub <=
span
class=3DSpellE>poet” giamaicano dalla voce squillante.
Il
nostro, per il suo nuovo cd, si è dato interamente
all’auto-produzione. Non solo, ma il buon =
Yasus si è messo a distribuire il suo album, a=
bbinato
ad un suo nuovo libro, personalmente.
Essendo un dub poet della seconda generazione, il nostro si avvale di
ritmi sia roots che =
dancehall, sfiorando anche l’hip
hop. Lo stile vocale, declamatorio e leggermente allucinato, è quell=
o di
sempre. Se riuscite a trovarlo, provatelo.
Perfect
“Born
Dead With Life” (=
Irie Vibrations)
Nonostante
la copertina (l’artista che culla un teschio ed un bambino) ed il tit=
olo
(“Nati morti con la vita”) piuttosto macabri, il nuovo lavoro d=
el
giamaicano Perfect sta facendo parecchio parlar=
e di
sé, nel giro.
Registrato
con i musicisti austriaci (!) dell’etichetta Iri=
e
Vibrations, il disco trova il nostro in un R=
20;mood” meno concitato rispetto all’album
d’esordio (“Giddimani”), fort=
e dei
ritmi roots morbidi degli insospettabili musici=
sti
europei di cui si è servito. Il lavoro è una specie di “=
;concept album”, con una scaletta di brani, cioè, che affrontano complessivamente un unico =
tema:
il problema della convivenza sul nostro pianeta. Non è un capolavoro
–come qualcuno ha anche detto- ma per gli appassionati ne vale
sicuramente la pena.
Alpha
Wess
“Le Choc Des Cultures” (Makas=
ound)
Fondatore
del movimento Rasta in Guinea (e scusate se &eg=
rave;
poco), Alpha Wess &=
egrave;
un artista africano di multiforme talento, attualmente<=
/span>
“in esilio” in Francia.
“Le Choc Des Cultures” è il suo nuovo album, uscito Oltralpe e sullo scenario internazionale grazie ai tipi dell’etichetta Makasound.<= o:p>
Lo
“chanteur” guineano è dotato=
di
una voce imponente che, anche se non molto “melodica”, dà
quel tono di “militanza” di cui non sempre il reggae africano
è dotato.
Lo
stile delle canzoni rimanda all’energia del Principe della
musica in levare del continente, l’ivoriano Tike=
n
Jah Fakoly, anche se
l’impronta del “Re”, l’arcinoto Alpha
Blondy, si sente eccome.
In
ogni caso, Alpha Wess
infonde un marchio personale a questo bel disco, con l’aggiunta di
sonorità acustiche e tradizionali.
E’ nata una nuova stella dell’african reggae.
Nemo
“Cross-Breed” (Silver Kamel)
Nemo è un personaggio che sembra uscito =
dritto dritto da un romanzo
fantastico dell'Ottocento. Proprio come il suo omonimo Capitan Nemo, infatt=
i,
ha viaggiato in lungo e in largo per il mondo e ha vissuto e studiato a
Venezia, Parigi e Londra. Ma non è un
archeologo, uno studioso o un diplomatico. E' un cantante di musica black. In particolar modo è un fine interprete =
del
reggae style. Il suo album d'esordio, 'Cross-Breed', registrato=
in
Giamaica dove ora Nemo vive, è stata una deliziosa sorpresa per gli
amanti della musica nera..In un genere musicale=
dove
la pelle bianca è vista con diffidenza, raramente era capitato che u=
n 'whitey man' suscitasse ta=
nto
interesse. Tutto ciò è dovuto alla=
sua
voce stupenda e al suo rifarsi a certi cantanti che sono considerati
demodè all'interno stesso del mondo della musica reggae. Ma nelle sue canzoni in patois
giamaicano e in francese c'è anche spazio per qualche lirica in
italiano, sull'onda dell'ispirazione suscitata da certi cantanti del nostro
paese, in primis, Adriano Celentano. L’al=
bum
è prodotto nientemeno che dal mitico Jah=
Thomas. Delizioso.
Michael
Franti & Spearhead
All
Rebel Rockers (Anti)
Meno male che Michael=
Franti
c’è. Il musicis=
ta afroamericano, leader degl=
i Spearhead, è uno di quelli convinto che la mus=
ica
può cambiare –se non il mondo- almeno qualcosa, nella testa de=
lla
gente. Questa sua convinzione si è rafforzata in Giamaica, dove il
nostro –una volta ingaggiati i gemelli del ritmo Sly
& Robbie- si è recato nuovamente per registrare un disco. “=
;Lì la gente non gira con gli =
8216;i-Pod’ –ha dichia=
rato-
perché la musica è ov=
unque,
come in un’eterna dancehall”. <=
span
class=3DGramE>E proprio ai suoni della dancehal=
l
(quella buona), il rapper sempre più cantante si è affidato p=
er
dire la sua, sul mondo che deve cambiare. L’hip<=
/span>
hop e il funk sono sempre lì, un po̵=
7;
nascosti dai suoni dub e dai ritmi in levare, i=
n un
disco che suona alla grande. Il titolo è “All
Rebel Rockers”=
;, dove
“rockers” è inteso
nell’accezione reggae-rasta. Michael Franti è ormai uno di loro.
Ragga
Twins
“The
Ragga Twins Step Out”=
(Soul Jazz)
Negli an=
ni 90,
Il fenomeno della musica “Jungle” &e=
grave;
stata la luce di una candela che ha bruciato da entrambi i lati. Intenso ma
brevissimo. Sta di fatto, che quei ritmi concitati e frenetici, con dosi
massicce di campionamenti “ragga”, =
per un
paio d’anni hanno dominato letteralmente nei club inglesi, da cui nas=
cono
da sempre le ultime tendenze in fatto di dance &=
#8220;unrdeground”. Due dj/rappers di origine giamaic=
ana, i Ragga Twins, furono fra i
pionieri di questo genere, essendo stati fra i primi a mischiare raggamuffin, dance ed hip=
hop. Il
tutto, sotto le sapienti mani dei produttori che si facevano chiamare ̶=
0;Shut Up & Dance”=
. Oggi
esce una doppia raccolta di quegli exploit ormai dimenticati. I suoni e le
atmosfere sono un po’ datati e gli stessi Twins<=
/span>
sono dei DJ piuttosto convenzionali. Parecchi,
inoltre, i brani strumentali, piuttosto aridi. Un disco=
per i
nostalgici dei rave anni 90 e per i curiosi.
Dread
Inna Babylon & AA VV
Rast=
a Com=
munity (Autoprod)
R=
20;Rasta CommUn=
ity”
è un frutto piuttosto gustoso di reggae music italiana. L’inte=
nto
del produttore Alessandro Falcone -musicista della storica band
“Dread Ina Babylon=
span>”-
è stato quello di raccogliere le migliori produzioni dei musicisti in
levare foggiani, dando così
“visibilità” all’attiva comunità rasta della città pugliese. I brani di questo =
lavoro
autoprodotto sono quindi tutti di tematica
“conscious”, cantati in inglese ed
italiano, su basi nuove di zecca e sulle immancabili “version”
giamaicane. In questo modo, infilato il cd nello stereo, si susseguono con
energia i brani di Dread Ina Babylon,
Micky Souljahr,
UB40
“Twenty=
FourSeeven” (Edel)
Questo “Twenty =
Four Seven”, &egrav=
e; una
specie di canto del cigno per gli UB40. Almeno, se intesi nella formazione
originaria. Infatti, ad inizio 2008, lo storico
cantante e co-fondatore Ali Campbell,
a causa di beghe legali (e finanziarie), ha lasciato il supergruppo di pop-reggae anglosassone. Sono passati tantissimi anni=
da
“Red
Red Wine”, il singolo milionario c=
he
regalò loro la fama, e gli UB40 sono ora in una fase di drammatica
transizione. Niente paura, però. Sembra siano tutti contenti. Ali Campbell, col suo disco solista, =
è
andato benino. Il gruppo, dal canto suo, ha trovato nell’ex prodigio =
di
colore Maxi Priest (nei primi anni 90 una vera
superstar del reggae inglese), il suo ideale sostituto. Nel frattempo, allo=
ra,
esce questo disco di “passaggio”. Contiene
infatti le ultime registrazioni con Ali, e quelle con i nuovi vocali=
st:
il fratellino Duncan Campb=
ell
e il già citato Priest. Completano lR=
17;ensemble, illustri ospiti, come One Love e Rasa Don de=
gli Arrested Development. Ris=
ultato?
Il miglior album degli UB40 da diversi anni a questa parte.
Winston
McAnuff
“Nostradamus” (Makasound)
Torna=
l”Electric Dread”.
Zuli=
“Grande ” =
Zuingo
Si fa chiamare Zuli, =
viene da
Torino ed ha sorpreso un po’ tutti col suo album intitolato
“Grande”. Per la verità, i seguaci più attenti delle reggae vibes di casa=
nostra
si erano accorti della voce possente di questo artista sulla compilation
“4 Riddims 4 Unitiy<=
/span>”
degli Africa Unite, in cui compariva già il brano che dà il
titolo al cd. Zuli viene dalla scena hip hop –e nel suo fraseggio si sente-
ma all’ascolto appare più come una specie di cantautore=
in
rima. I testi, infatti, non sono mai banali e non replicano le solite tematiche e parole della dancehal=
l
ruffiana. I ritmi spaziano in tutte le varianti del reggae e dintorni e
ciò contribuisce al =
confezionamento
di un disco piacevole e diverso.
Dr
Ring Ding
“Nice
Again”
Il
suo vero nome è Richie Jung,
ed è un omone tedesco trentacinquenne che ha preso il suo nom de guerre da un vecchio pezzo di =
Roland Alphonso.
Il
nostro, molto apprezzato anche in Italia, si è fatto conoscere come =
trombonista e vero maestro dello =
ska
grazie, in primo luogo, all’ensemble che portava il nome di Dr Ring Ding e the
Senior AllStars. Oggi, =
il Dr
Ring Ding è un artista solista, che con =
la sua
voce di roccia ha temporaneamente messo da parte i suoni caraibici
anni 60 per buttarsi con decisione nel frenetico regga=
e-dancehall.
D’altronde, il buon Dottore era conosciuto nell’ambiente anche =
per
la sua capacità di esibirsi in dj style, la parlata dei vecchi “toaster”
giamaicani, già nel pieno del suo periodo ska. A testimonianza di qu=
anto
raccolto nel reggae “moderno” dall’artista tedesco, esce =
un
album dal titolo “Nice Again” in cu=
i Dr
Ring Ding raccoglie i suoi migliori singoli rec=
enti,
con gli auspici di vari produttori tedeschi ed internazionali.
Il titolo (“Bello
di nuovo” ndr) fa riferimento proprio=
al
mondo della dancehall, un genere ed un ambiente=
che
di recente aveva assorbito un po’ troppo gli stereotipi negativi della
musica cugina, l’hip hop
In passato Dr Ring Ding si
è esibito anche in Italia, dategli una chance,
se capita dalle vostre parti.
Jame=
lody
“Be Prepared” VP
La nuova “speranza” del reggae
internazionale –qualcuno cioè, che =
sappia
sdoganare questa musica come fece Marley- adesso
viene da Trinidad e Tobago. Si fa chiamare Jamelody,
e con la sua voce a metà strada fra Jah =
Cure e
Stevie Wonder si &e=
grave;
imposto fra i colleghi della vicina Jamaica e n=
elle dancehall di tutto il mondo. Sono bastati pochi singo=
li,
fra cui “Be Prepared=
”
che dà il titolo a questo suo primo album, per far gridare al miraco=
lo.
In realtà, questo cd uscito per la “big”
del settore, Vp Records,
non mantiene del tutto le promesse dei primi exploit di Jamelody.
In particolar modo, non convince la mezza dozzina di brani qui propinati in
chiave pop ed R/B. Il tentativo è quello di gi=
ocarsi
subito la carta del lancio internazionale, anche sulla scena più
commerciale. Errore. Jamelody ha voce e stile,
è vero, ma al di fuori delle sonorità reggae (in cui eccelle)
sembra acerbo e banale. Speriamo che la lezione sia servita, e che il
“gioiello” non si bruci troppo presto.
“Lyrical
Fya” Pow Pow
Sembrerà strano ai “profani”,
ma la scena reggae attuale deve molto alle fervide produzioni tedesc=
he e
persino svizzere. Ne é una testimonianza questo =
album
molto ben confezionato. Si tratta del primo lavoro del “sing-jay” Cali P, originario del Guadalupe ma attivo =
appunto
in Svizzera. “Lyrical Fyah”
è uscito per l’etichetta Pow Pow =
Records,
gestita dal celeberrimo, ed omonimo, sound system tedesco. I ritmi sono di
provenienza eterogenea (Germania, Francia, Svizzera e Italia) e vengono cavalcati da un Cali P assai ispirato ed in ve=
na di
“big tunes”. New roots
e dancehall di ottima
fattura. Forse, uno dei dischi reggae dell’anno.
Corey
Harris
“” Telarc
Chi scrive ha avuto il piacere di vederlo esibirs=
i dal
vivo, a Picerno (Potenza), qualche anno fa. La =
serata
era inserita nel contesto di alcuni importanti
appuntamenti “blues”, ma quel tizio sul palco –noto per a=
ver
partecipato ad un documentario di Scorsese su q=
uel
genere musicale- ad un certo punto iniziò a suonare reggae. La non f=
olta
platea seduta ai tavolini storse il naso. Sacrilegio! Sbottò qualche
integralista del blues lì convenuto. Pochi sapevano
infatti, che Corey =
Harris
–che porta, tra l’altro, le treccine e i
“colori” rasta- aveva già al=
lora
intrapreso un viaggio musicale, partendo dall’Africa, alla ricerca de=
lle
evoluzioni della musica “nera”. A distanza
d’un paio d’anni, ecco allora un album di =
Corey
Harris integralmente reggae, sin dal titolo.
“Zion Crossorads”,
uscito già da diversi mesi, sta riscuotendo
consensi anche in Italia, intriso com’è di puro roots reggae –con qualche concessione alla chit=
arra
‘blues’, ovvio- nello stile di Burning Spear, Royals e via disco=
rrendo.
Eccezionale. Magari il prossimo album di Corey =
Harris sarà pura musica africana, chi lo sa. <=
span
class=3DGramE>Con buona pace di chi è sempre pronto a storcere il na=
so.
Dutty Desi
“Slave
Field” Autoprod.
Anche in Inghilterra, con la predominanza dell=
217;hip hop e dell’RnB più sfacciato, artisti “black”=
che
si dedicano alla “cultura” della dancehall=
e dei sound system sono ormai una merce rara. Pertanto, non c’è
poi molto da meravigliarsi che arrivi dopo quasi trent=
’anni
di carriera il primo album di Dutty Desi, stori=
co
“mc” del Saxon=
e di diversi altri sounds targati Uk,
il cui primo singolo risale addirittura all’inizio degli anni Ottanta.
“Slave Field” (altro nom
de guerre di Desi) è pertanto il titolo di questo suo cd autoprodotto in compagnia di musicisti amici, interam=
ente
“roots e culture” nei testi e calato
completamente nell’atmosfera delle fumose danceh=
all
uk per quanto riguarda la musica. Un disco diff=
icile
da trovare e forse un po’ nostalgico (vedere il film “Babylon” di Franco Rosso, per capirci), ma se
capitate a Londra in vacanza, conviene cercarlo in qualche negozietto
specializzato.
Amp<=
/span>
“Inspir=
ation
Information Vol. 1” (Strut=
)
Amp Fiddler è un celebrato talento del “Nu-Soul” statunitense.
Beta
Simon
“Kraity Payan Guez” Nocturn=
e
Per il re del Reggae, Bob Ma=
rley,
il culmine della sua carriera fu probabilmente il concerto nello Zimbabwe che aveva appena conquistato l’indipen=
denza.
La sua musica rivoluzionaria aveva saputo ispirare –ed ora li celebra=
va-
veri combattenti per la libertà Ma lo ste=
sso Marley non avrebbe mai immaginato che la musica reggae
potesse diventare “strumento” della lotta armata. Accade oggi,
nella Costa D’Avorio, dove le camionette dei militari passano lente f=
ra
le baracche e i palazzi con i suoni del reggae spruzzati dagli altoparlanti=
. E le star locali di questa musica, il “re”=
Alpha Blondy, il
“principe” Tiken Jah
Fakoly, Beta Simon, Serge<=
/span> Kassy e Fadal Dey,
negli anni scorsi si sono apertamente schierati per le fazioni in guerra, i
ribelli “nordisti” di Guillaume
Kenyatta
“Culture” Hill
“Pass
the Torch” =
Tafari=
In
copertina, padre e figlio. Il titolo “Pass=
the Torch”, sta per “passaggio di testimone=
8221;.
E così è.
Con
questo album, Kenyatta Hill, decide di riprendere la strada del compianto Joseph Hill, anima, voce =
e corpo
di una delle leggende del reggae, i Culture. In realtà, il nome
“Culture” (inizialmente un trio vocale) già da tempo fac=
eva
riferimento al solo Joseph, uno dei più
importanti protagonisti del roots giamaicano, e=
con
la sua prematura scomparsa datata 2006, si temeva che un certo tipo di sound fosse perduto per sempre. Ad un certo punto,
però, il figlio Kenyatta, fino a quel mo=
mento
“semplice” tecnico del suono, ha deciso di proseguire
l’attività dell’illustre genitore, ereditando il nome di
“Culture”, e dando vita a questo dis=
co
stupendo.
“Pass the Torch”, di Kenyatta
“Culture” Hill, è allora qua=
nto
mai un disco di passaggio (ma non “transitorio”) in cui, ad alc=
uni
inediti del padre, registrati poco prima della scomparsa, si affiancano le
canzoni nuovissime del figlio. Kenyatta
–benché all’assoluto esordio come cantante e compositore=
- rivela una notevole capacità nel creare melodie
accattivanti con i tipici testi “energici” della tradizione
paterna. Il suo timbro vocale, poi, a tratti ricorda molto da vicino quello=
del
compianto genitore, anche se caratterizzato da un’identità
propria. Insomma, la storia musicale dei “Culture” continua, e =
alla
grande.
Daby Tourè
“Stereo
Spirit” =
span>Real
World
E’ cresciuto fra
Daby, cantante dalla voce intensa, è infatti un vero e proprio one-man band, avendo curato=
ogni
aspetto del disco, strumentale e sonoro, in prima persona. Tra suoni della =
sua
terra, ballate semi-acustiche quasi reggae (o addirittura quasi ska), e
passaggi a metà strada fra Marley e Lokua Kanza, Daby
Tourè dà vita=
ad un lavoro ipnotico e curatissimo, assai piacevole all’ascolto e tutt’altro che cervellotico.
Lee<=
/span>
“Inner<=
/span> Exile” Rootdo=
wn
Si
presenta come una specie di Ben Harper bianco, =
con
cappellino e barba incolta che sanno tanto di menestrello folk.
Il suo disco d’esordio”Inner Exile”, è uscito per l’etichetta <=
span
class=3DSpellE>Rootdown, impegnata nella reggae<=
/span>
music, e il singolo in rotazione su MTV “So Prou=
d
of You”, ha fatto gridare al nuovo Bob Dylan.
Il cantautore svizzero Lee Everton, in realt&agr=
ave;,
è tutte queste cose messe insieme, ma nessuna di esse. Il gio=
vane
cantante, tuttavia, ama inserirsi nel filone della musica reggae, ed &egrav=
e;
orgoglioso di aver inventato uno sottogenere tut=
to
nuovo, quello che lui chiama lo “Slingstyle”.
Si tratta di una cadenza ritmica, chiaramente ispirata al roots
e al rocksteady giamaicano, che con il tocco di=
Lee Everton suona come un
blues/reggae a singhiozzo, come se l’autore avesse voluto proseguire i
tentativi folk del Bob Marl=
ey
di “Redemption Song” e “Time =
Will Tell”. Le melo=
die, in
effetti, risultano tipiche di un certo tipo di
tradizione della musica giamaicana, oggi riletta con successo anche da gente
come il “francafricano” Patrice o la nigeriana Asa. Anche
se un po’ ripetitivo, alla fine, “Iner Exile” risulta comun=
que un
album piacevole e Lee Ever=
ton
rimane un personaggio da tenere d’occhio per il futuro.
Ahme=
d
“Alemye=
” <=
span
class=3DSpellE>Buda Musique
Ahmed Mahmoud è un=
o dei
più grandi interpreti della musica pop et=
iope.
Un vero e proprio artista di world-fusion ante-litteram, il nostro negli an=
ni
Settanta –prima e dopo la caduta di Haile=
Selassie- furoreggiava in Etiopia con il suo mix
micidiale di funk, soul e
musica tradizionale. Una specie di Otis
Redding che canta in amari=
co!
Questo suo “Alemye”, album del 1974=
, viene riproposto in bello stile nella serie “
Awad=
i
“Sunuug=
aal” Mr Bongo
Come un’avida, ma al tempo stesso generosa
progenitrice, l’Africa sa riappropriarsi degli stili musicali creati =
dai
suoi pronipoti sparsi per il mondo e reinterpretarli=
span>.
E’ successo col reggae, e sta accadendo adesso con l’hip hop, specie nella fervida scena senegalese. Dopo =
gli
exploit dei Daara J, e in=
span>
attesa dell’album Rap (!) del grande Baba Maal, a dominare la =
scena e
gli articoli di giornali, in questo momento è il rapper Didier Awadi. L’ex =
membro dei positive Positive Blac=
k Soul, è un autore con grande personalità=
; e
una chiara visone politica. Il suo album appena uscito =
in
Europa “Sunuugaal” (etichetta Mr Bongo) è uno
straordinario esempio di rap francofono made in Senegal, con temi urgenti ed attuali, infarci=
to di
melodie africane molto evocative. Un album ricco di spunti, di ospiti e di intuizioni sonore. Forse una svolta per
l’Hip Hop mondiale.
Gov’t Mule
“Mighty
High” Ird
Avevano
ragione quei tizi (tra cui chi scrive) che al loro programma radiofonico
avevano voluto dare il nome di “Virus̶=
1;.
Certi suoni, infatti, si diffondono e si moltiplicano in maniera incontroll=
ata,
in modo imprevedibile. Fra questi, sicuramente, c’è il dub/reggae, una specie di dado K=
norr
che oggi ritroviamo in quasi tutti i minestroni:=
dalla
musica dance, all’elettronica d’avanguardia.
Sono stati contagiati dal virus anche i tipacci
“sudisti” dei Gov’t Mule,
Rasta
Pacey &nb=
sp;
“Pilgrim
Journey” SunVibe Records
Come spesso accade nei generi di nicchia, le sorp=
rese
più gradite arrivano dagli artisti “operai”, cioè quelli poco noti ai f=
ans,
ma che si conquistano il loro spazio nelle esibizioni dal vivo. Rientra in
questa categoria Rasta Pac=
ey,
cantante giamaicano attivo nel circuito tedesco, vecchio collaboratore della
superstar del reggae Everton Blender.
Il suo album “Pilgrim Journey”,
uscito qualche tempo fa per la piccola SunVibes=
Records, è un vero gioiel=
lino.
Sembra di essere tornati ai tempi degli Abyssinians!
Una chicca per gli appassionati.
Duane
Stephenson
“From
Town
Dopo anni di cloni ed imitazioni di Sizzla,
Capleton e Co, anch=
e in
Giamaica si sta diffondendo con successo la figura del cantautore. Non che prima di adesso mancassero cantanti autori dei propri
testi, ma personaggi come Duane Stephenson,
Tarrus Riley e Screwdriver, hanno saputo imporsi con le loro canzoni
elaborate in un genere dove molto si basa sull’improvvisazione,
sull’imitazione e sul flow del momento.
Proprio l’album di Duane Stephenson
“From August =
Town” è l’emblema di questa nuova
tendenza. Il cantante, che ha scritto l’indimenticabile “True Reflections” p=
er
l’ex galeotto Jah Cure, con la sua voce c=
he
ricorda il compianto artista sudafricano Lucky =
Dube, si è imposto nei circuiti reggae di tutt=
o il
mondo con questo lavoro dolce ed intenso. Un capitolo fondamentale della st=
oria
del reggae recente.
Emmanuel Jal<=
/span>
“WarChi=
ld” (Audioglobe)
Non conosce la sua età, non sa nemmeno quando è nato. Sa solo che da bambino si
è ritrovato a fare il soldato nella guerra civile del Sudan.
Un’esperienza tremenda dalla quale è
però riuscito a fuggire rifugiandosi nel Kenya. Emmanuel Jal, oggi che è adulto, fa il rapper,
e ci racconta la sua storia in un disco travolgente, “War Child”. Abbimao gi&=
agrave;
parlato nel caso di Didier Awadi
della crescita internazionale dell’hip hop
africano e il lavoro di Emmanuel è sicura=
mente
uno dei suoi capitoli più fulgidi. Rap, =
Soul e musica World si mescolano<=
/span>
in un disco in cui non conta tanto lo stile dell’autore, ma le cose
terribili ed importanti che ha da raccontare. Per questo, “War Child” è
già un caso di rilievo mondiale.
Doug Wimbish
“Trippy Notes for Bass + Remixes=
8221; Echo Beach
Doug Wimbish è un=
o dei
più grandi bassisti del mondo. Ha milita=
to in
gruppi come i Furious Five=
di Grandmaster Flash, Living=
Colour, Tackehad e Strange Parcels e anche da
solista è uno dei musicisti più ispirati e ricercati. Nel 199=
9, ad opera del produttore Adrian Sherwood della On U Sound, uscì forse il suo
manifesto. "Trippy Notes for
the Bass". Oggi viene<=
/span>
ristampato dalla Echo Beach con l'aggiunta di a=
lcuni remissaggi mai apparsi su cd. Du=
b,
funk, ambient e tan=
to altro
si fondono in soluzioni musicali liquide ed ipno=
tiche.
Un must da riscoprire per gli amanti delle vibr=
azioni
dal basso.
Baba=
man
“Dinamite” Vibrar=
ecords
Per chi credeva che il ragga=
muffin
di casa nostra fosse una cosa realizzabile solo al sud, e in dialetto, arri=
va
“l’uragano” Babaman a fargli
cambiare idea. Un po’ avulso dal consueto “giro” reggae,
l’artista milanese (ex rapper hip hop) sf=
orna
il suo secondo album “rasta”, prodo=
tto dal fido Bassi Maestro. “Dinamite”, questo=
il
titolo, in complesso mostra cose buone ed altre meno. Il limite principale =
di Babaman è una certa ripetitività nei te=
sti,
che scimmiottano un po’ troppo quelli giamaicani (non c’è
bisogno di prendersela sempre con i poliziotti). Essere rasta
in Giamaica o Africa è una cosa, in Italia è un’altra. =
La
voce e lo stile invece non si discutono. Rimandato a settembre.
Inner Circle & VV.AA.
“Spirits
in the Material World – A Reggae Tribute to the Police” Shanach=
ie
Sulle prime un album tributo
ai Police in chiave reggae può apparire =
come
un’operazione scontata. Ma se poi ad organ=
izzare
il tutto ci sono le sapienti mani (e le menti) dei membri degli storici
Eddie Bo
“In
the Pocket with Eddie Bo” Vampisoul
E’ da cinquant’a=
nni
sulla piazza. Nelle sue vene scorre il sangue bollente di New
Orleans. Da molti considerato un piccolo genio della bl=
ack
music, a tutt’oggi un personaggio come Eddie Bo non ha ancora ot=
tenuto
il riconoscimento che merita. Utile in questo processo potrebbe essere la
recentissima raccolta edita dalla Vampisoul ed
intitolata “In the Pocket with
Eddie Bo”. Si=
tratta
quindi di un disco di puro rock’n’<=
span
class=3DSpellE>roll-funk-soul-RnB. Ventotto pezzi cantati, suonati e prodotti dal piccolo
grande Eddie, in att=
esa di
essere divorati dagli impianti stereo degli appassionati di questa musica. =
Da
riscoprire.
Tata Dindin
Jobarteh
“Kanakè”
Alcuni
lo hanno già definito il “Jimi
Thomas Mapfumo & <=
span
class=3DGramE>The Blacks Unlimited
“Rise
Up” Real=
span> Wor=
ld
Per
il popolo del suo paese è un eroe nazionale. Th=
omas
Mapfumo, infatti, nello Zi=
mbabwe
finì in galera per le sue canzoni rivoluzionarie, e poi condivise il
palco con Bob Marley, nel famoso concerto che ne
celebrò l’indipendenza. Come il re del reggae, Mapfumo
porta le trecce “nodose” e canta di libertà, anche oggi =
che
è in esilio in America, perché in contrasto col suo governo. I
politici africani, spiega, hanno imparato il trucchi
degli ex tiranni bianchi, e la situazione per la gente comune è semp=
re
problematica. Il suo ultimo lavoro di alto profi=
lo,
uscito qualche tempo fa per
Okada
R=
20;DubXanne: Police in Dub” Echo=
span>
Beach
Solo qualche numero fa ci eravamo
occupati di recensire un riuscito tributo reggae ai Po=
lice,
"Spirits in a Material World", a cura=
degli
Inner Circle e di a=
rtisti
ospiti. Siccome non vogliamo farci mancare nient=
e,
questa settimana è la volta di un album di versioni dub
dei pezzi più noti del gruppo di Sting e=
soci.
In un progetto scollegato da quello degli Inner=
Circle, i tipi dell'etichetta tedesca Echo
Beach hanno dato alle stampe un gustoso lavoro, =
dal
titolo “DubXanne:-The Police
in Dub” -ovviamente ancora più
avventuroso di "Spirits"- in cui i gi=
ri di
basso spaziali targati Police si sposano anche =
con
liriche nuove di zecca come quelle del poeta dub Benjamin Zephaniah, di Bi=
g Youth e di Ranking Roger =
del
gruppo The Beat. Da segnalare l'incredibile versione di "Message in a Bottle"
con il mitico Earl 16 che canta il testo origin=
ale
"fuori sincrono". I ritmi sono suonati dalla =
band
Okada Supersound.
The
Dub Sync
“Dub
Ex machina”
Sotto
l’epiteto di “The Dub Sync”
prende copro un side-project di alcuni
membri del supergruppo reggae italiano degli Africa Unite. Madaski
(dubmaster), Paolo Bakdini=
(basso) e Papa Nico (percussioni) sfornano così un album, “
“T=
he Dub Sync è un divertissement –ci ha spiegato Madaski- volt=
o a
sperimentare di più nel campo del dub ma=
anche
a riscoprire il piacere di fare piccole tournee: viaggiare per l’Ital=
ia
in un furgone in poche persone e suonare in contesti
più ristretti, come una volta. I brani del disco, dal canto loro,
nascono da quanto Baldini a=
veva
già buttato giù nel suo hardisk=
span>.
E’ un progetto parallelo agli “Africa”, che riprenderemo =
di
tanto in tanto”.
Albo=
rosie
“Soul=
span> Pirate” (Forwa=
rd)
Finalmente è uscito (anche se in edizione
limitata per il tour europeo 2008), il primo cd di Alborosie. Il nostro, al secolo Alberto D’Ascola, cantante e produttore si=
culo-calabrese,
è senz’altro il personaggio reggae degli ultimi due anni. La s=
ua
è una storia che ha dell’incredibile. Al culmine del successo =
con
la sua band, i Reggae Natio=
nal
Tickets (quelli de “Il Mondo”),
l’artista decise di lasciare l’Italia per andare a vivere in
Giamaica. Qui ha creato un suo studio di registrazione e si è messo a
produrre musica per altri artisti e per se stesso, cantando in puro patwa giamaicano. In pratica, è come se un
finlandese sbarcasse a Napoli e si mettesse in competizione con i cantanti
neomelodici del posto. Incredibile ma vero, Alborosie<=
/span>
è riuscito a farsi un nome laggiù, collaborando con i pezzi
più grossi sulla scena, sfornando hit dop=
o hit
e diventando popolarissimo nei circuiti reggae internazionali. Non a caso,
molti profetizzavano che il suo esordio su cd sarebbe avvenuto addirittura =
con
qualche storica etichetta (Greensleeves o VP) d=
edita
al reggae. Non è stato così -la pe=
lle
bianca in certa musica è forse ancora un tabù- e per questo,
prima che i fans si spazientissero, “Pupa
Albo” ha fatto uscire in anteprima il suo primo album, “Soul Pirate”, per la
piccola etichetta di sua proprietà,
The Grouch<= o:p>
“Show=
you the
World”
Il
bianco (e pelato) The Grouch, è un artis=
ta hip hop per palati raffinati. Niente sbruffonate, solo
bella musica. “Show Y=
ou
The World” (“Ti mostro il Mondo”), è un disco
indovinato sin dalla copertina, con un’immagine tenerissima del nostro
che porta sua figlia sulle spalle. Il sound è un hip
hop morbido e parecchio melodico, almeno rispetto a quello che siamo abituati ad ascoltare.
Il disco contiene 15 brani nella migliore delle
tradizioni Rap, Hip-Hop ed
ospita alcuni fra i più importanti produttori del genere: il cantant=
e Neo-Soul Raphael Saadiq (Tony! Toni! Tone!=
), i paladini dell’Hip-Hip
più underground Mur=
s
e Mike Marshall (Timex Social Club), Abstract Rude, Marty James (One Block
Radius) ed i compagni di band/collettivo The Li=
ving
Legends, Bicasso e Scarub<=
/span>. The Grouch
è stato, per oltre dieci anni, membro fondatore e leader dei The
Consigliatissimo per gli amanti del
“boom/chaka”!