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                                         Idea femminile
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       Idea della Donna e Pensiero femminile in SPARTA

In Sparta la positività intrinseca dell'azione femminile costituisce  il nucleo fondante della vita e dell'ordinamento sociale. Una criticità, quella della donna spartana, difficile da immaginare all'interno di un ordinamento guerriero, improntato a un modello di stato virile,  dominato  dai canoni di un etica sessuale maschile. 

Eppure, proprio all'interno di una tale strutturazione sociale, quasi per una legge fisica di reazione, l'Es femminile potè liberamente autodeterminarsi  fino a occupare il centro della società Lacedemone, facendo della sua identità un carattere di complemento ed ambivalenza della Sparta maschile. 

Già il mito di Elena, in ottica Junghiana, lascia intravedere quanta centralità sia riconosciuta alla natura e all'universo simbolico del femminile nell'inconscio collettivo di Sparta. La figura di Elena è la rappresentazione letteraria di questa presenza, vista come fonte di inspirazione e di energia, come centro vitale del Kosmos cittadino.  Essere femminile, la cui mancanza, determina  una perdita abissale per l'identità lacedemone, del suo senso profondo, tale da giustificare una guerra lontana e sanguinosa, anche  a costo della propria auto-distruzione.

A Sparta quindi la donna è al centro, anzi è il centro. Ci troviamo di fronte a un rapporto simmetrico di forza tra i sessi, diversamente da quello diffuso presso la democratica Atene, ove la donna era spogliata della sua dimensione spirituale, ridotta a puro elemento naturale, semplice oggetto biologico del desiderio di discendenza maschile. Una donna, quella ateniese, reclusa all'interno di un mondo passivo, ai margini della vita sociale, repressa nella clausura dei ginecei.

In sparta invece la capacità generativa, unita alla sua aspirazione di libertà conferisce alla donna un autorità indiscutibile, una solennità e una sacralità davanti alla quale gli uomini restano affascinati.

La donna Spartana coltiva la sua identità, preserva la propria irriducibilità  dal genere maschile, intrecciando il proprio principio di autodeterminazione con la propria diversità fisica. Non più oggetto ma soggetto, il corpo femminile si afferma cessando di essere l'inanimato contenitore della genealogia maschile, inviolabile  teca del seme, oggetto rassicurante  dei suoi desideri di paternità.

Il corpo femminile è libero di manifestarsi e di concedersi, visivamente e sessualmente. Solo a Sparta si riproduce la nudità femminile in opere artistiche. Solo a Sparta le neonate sono sottoposte al pari dei maschi  a un esame di idoneità fisica. Solo a Sparta, fin da  piccole le ragazze  possono girare con vesti fluttuanti che non arrivano al ginocchio,  lasciando scoperte le gambe, mostrando audacemente le cosce. Solo a Sparta le donne  condividono coi maschi lo svolgimento delle attività ginniche in palestra, assistendo all'addestramento dei ragazzi e  competendo poi tra loro in gare di forza, di corsa e di lotta, nel lancio del disco e del giavellotto e sfilando nude durante le manifestazioni religiose.

Il corpo  diviene quindi simbolo dell'apertura  "da" e "verso" il femminile da parte dell'intera città lacedemone; nella cui struttura viene a cadere la divisione sessista tra pubblico e privato,  tra  politico e domestico, propria invece della democrazia ateniese.

"Voglio che le ragazze seguano la stessa educazione dei maschi, in modo che non ne siano inferiori  ne per vigoria fisica e salute, ne per dirittura morale e virtù, in grado di battersi sia per se stesse, sia per la patria, disinteressandosi di ciò che gli altri pensano di loro"  così Plutarco  fa rivivere le parole del legislatore Licurgo nella sua opera le "Virtù di Sparta" . 

Ecco allora che  la donna è a pieno titolo soggetta a un'educazione finalizzata  a infonderle lo stesso codice valoriale degli uomini. Un' educazione aristocratica che le porta ad essere più dominante che dominata, che la nutre di un attaccamento viscerale alla Polis, che le dona amore per il valore,  il rifiuto per gli atteggiamenti mondani, che la istruisce alle danze, al canto, alla lettura e alla scrittura. Tutto questo affinchè diventi un modello, un esempio costante,  un'incarnazione dei valori del kosmos cittadino; affinchè l' universo femminile diventi esso stesso un' autonoma fonte di rielaborazione,  capace di ritrasmettere al mondo maschile nuovi concetti e valori.

Non a caso allora, in Sparta la proprietà privata può essere indistintamente  di uomini e donne; le quali possono disporre di grandi quantità (basti pensare che a metà del terzo secolo i 2 quinti dei 9000 lotti erano in mano a cittadine, così come erano donne, Agesistrata e Archidamia, a detenere le maggiori ricchezze). Addirittura per  via della prolungata assenza degli uomini  sono loro  a gestire le stesse proprietà dei mariti, al fine di assicurare il corretto pagamento delle rette istituzionali.

Non è un caso che  si debba proprio a  Sparta il superamento della preclusione sessista alle gare olimpiche, quando intorno al 400 a.c nella disciplina della corsa coi carri, dovendo essere proclamato vincitore non l'auriga, bensì  il proprietario dei cavalli, nello stupore generale venne cinta della corona di alloro una spartana di nome Cinisca. E successivamente, proprio grazie alla volontà delle donne spartane di  correre a Olimpia, anche quest'ultima disciplina venne aperta al genere femminile.

In Sparta Il matrimonio cessa quindi di essere vincolo di sottomissione e controllo sul genere femminile; anzi ne legittima lo stato di emancipazione. L'atto coniugale si riduce a pura formalità il cui unico scopo sociale è quello di favorire l'incontro erotico, il compimento dell'atto sessuale e quindi la proiezione nel tempo delle generazioni di Sparta. Non a caso, sebbene Il nubilato sia sanzionato, la moglie gode di  uno straordinario grado di autonomia sessuale: sollevata dagli obblighi militari, dall'educazione della prole maschile, dalle faccende domestiche, l'unica aspettativa è quella di incarnare il kosmos cittadino. Il  vincolo coniugale non priva  la donna del diritto di rifuggire o cercare l'amore, non ne comprime la libertà, così come non ne limita il suo potere di seduzione erotica. Di contro, le conferisce un'enorme libertà erotica, essendo  moralmente accettata la poliandria,  così come in ambito coniugale l'adulterio non da scandalo e l'idea di famiglia non possiede alcuna centralità, ne sacralità. N

La donna spartana è disposta a tutto pur di difendere questo suo stato di autonomia. Nel suo libro Plutarco riporta la vicenda di una spartana fatta prigioniera dai nemici, che alla domanda del banditore su cosa sapesse fare, rispose di saper essere libera. E allorchè il nuovo padrone le ordinò di fare cose sconvenienti, quest'ultima arrampicandosi  sul tetto e gridando "hai perso i tuoi soldi"  si gettò dal tetto suicidandosi.

E' nello specchio di questi occhi purissimi, nella esitazione di un respiro della propria figlia,  nella preoccupazione sul volto della madre, nel  dolce abbandono di una risata della propria compagna, in quel lento cambiare espressione del viso, con la testa rovesciata all'indietro, con gli angoli della bocca si ritirano e si sollevano leggermente, che l'uomo di Sparta trova un senso a ogni suo attimo. 

Nella mediazione dell' Es femminile il sacrificio di una vita guerriera acquista il suo significato più alto,  raggiungendo l'autentica rivelazione quando lo sguardo femminile diventa l'elemento complementare dell' Es maschile

Come quando nell'antichissima cerimonia della consegna dello scudo, le mogli e madri vestite di bianco e con il capo velato, una volta  disposte davanti allo schieramento dei soldati, uscite dai ranghi deponendo lo scudo ai piedi dell'uomo per poi raccoglierlo al suono del corno, avrebbero esclamato le parole:  "Torna con questo o sopra di questo". 

Come se solo tramite la  ricerca della via dell'onore, incontrando con le armi la dimensione eroica, e offrendola al tramite della fragile bellezza femminile, il genere maschile potesse aspirare a colmare una mancanza di fondo della propria coscienza. Come se solo in quell'incontro tra il proprio punto d'onore e  la fonte di purezza dell'archetipo femminile, l'uomo potesse liberarsi da una forza gravitazionale interiore, da una macchia di impulsi negativi e bestiali, insiti nella sua coscienza di genere.   

 

MIchele Zambelli

G.R.E.C.E ITALIA 2006

Lecco RN

 

 

 

 

 

 

 

(M.Z. G.R..E.C.E ITALIA 2006)

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