MANDELA,
ICONA DELLA GLOBALIZZAZIONE
Ci
stiamo accorgendo sempre più come la questione sudafricana stia assumendo una
valenza cruciale all’interno dei disegni egemonici del capitale
transnazionale.
La creazione del mito Sudafricano come paradiso in terra delle gioie del
mescolazionismo sta infatti assurgendo a mito fondante del nuovo ordine
globalizzato. In altri termini il processo di beatificazione della nazione
"arcobaleno” diventa il veicolo migliore per la diffusione del paradigma
cosmopolita all’interno di un’opinione pubblica sempre più fredda nei
confronti dell’ormai inflazionata mitologia olocaustica. Non è quindi un caso
che recentemente in data 15 maggio 04 alla FIFA HOUSE di Zurigo si sia deciso di
affidare i mondiali del 2010 proprio allo nuovo governo sudafricano, e guarda
caso il tutto è avvenuto secondo un copione che sapeva tremendamente di marcio:
una deroga sull'ordine dei lavori concessa per aspettare Nelson Mandela e alla
sua apparizione una scontata “standing ovation” per tutta la sala. Poi
Blatter (membro del comitato olimpico che nel 1976 sancì l’embargo sportivo
al Sudafrica nazionalista) con finta sorpresa estrae dalla busta il nome del
paese africano…
Per non parlare delle penose sviolinate pro-mandela della nostra carta
stampata… (un certo quotidiano per lanciare pubblicitariamente il suo inserto
del giovedì ha sottolineato con foto a tutta pagina la coincidenza del giorno
di lancio con quello della nascita di Nelson mandela..sic!). E che dire poi
delle continue apologie a favore del nuovo governo di Thabo Mbeki, da poco
stabilitosi nel palazzo del governo di pretoria… senza però sprecare una riga
d’inchiostro per denunciare le violazioni compiute durante la campagna
elettorale nei confronti della minoranza bianca, nonché le innumerevoli
strumentalizzazioni di fatti di cronaca per scatenare campagne d’odio contro i
coloni boeri (l'ultimo caso di un agricoltore bianco ingiustamente accusato di
aver ucciso un nero proprio una settimana prima dell’elezioni... con orde di
neri inferociti che fuori dall’aula del tribunale esponevano cartelloni del
calibro “kill the boers” “castarate the boers”). E questo con lo scopo
di destabilizzare politicamente l’Hoedspruit , ovvero l’unica zona del
Sudafrica ancora a forte radicamento boero che ancora votava compatta per le
forze identitarie bianche.
Il tutto con la complicità oltre che della carta stampata locale e anche di
buona parte dei sudafricani di radici inglesi (chiamati dispregiativamente
"soutpiel” dai boeri perché tengono un piede a Londra e l’altro in
mare pronti a partire o a tornare solo quando gli torna comodo. Un esemplare
tipico di questa curiosa antropologia umana è Richard Mason, giovane scrittore
ventiseienne nato in Sudafrica ed ora diviso tra il suo paese d’origine e l’inghilterra,
patria dei suoi genitori e sede dei suoi studi cosmopoliti ( i suoi vecchi se ne
andarono dal Sudafrica negli anni 80 essendo allora entrambi attivisti per i
diritti umani). Il buon Mason dopo aver riscosso successo mondiale col suo primo
lavoro “Anime alla deriva” si prepara a fare un nuovo pieno di dollari e
consensi con “noi” e già si prepara a scrivere un altro libro apologetico
del nuovo ordine globale (una storia ambientata tra Glasgow e il Sudafrica nel
corso della guerra boera del 19 secolo). Libraccio che sicuramente sarà un best
seller perché il capitale transnazionale ha bisogno di questi giovani
prezzolati cantori delle gioie del mescolazionismo. Così Mason in un’
intervista ad un quotidiano italiano: “ si ha la sensazione che tutto sia
possibile in una società giovane e nuova come la nostra, una società
estremamente liberale e aperta all’iniziativa individuale"… e poi così
aggiunge "sfortunatamente al mondo sono stati in pochi a seguire
l’esempio illuminato di Nelson Mandela. Purtroppo neppure il nostro attuale
premier sta facendo molto bene"…e via in crescendo:”la nostra è una
società multirazziale e multiconfessionale in cui glia attriti religiosi
sono sostanzialmente assenti. C’è molta tolleranza"...