Studio preliminare per proposta di restauro della cappella campestre di Santo Stefano a Perno di Monforte (CN).



Il “bene ambientale”.

La definizione del concetto di “ambiente” ha sicuramente suscitato in passato innumerevoli riflessioni di molti pensatori data la propria intrinseca complessità e la enorme vastità di campi che va ad investire in un attento tentativo di analisi.
Oggi è forse diventato un luogo comune l'assimilazione del termine “ambiente” a quello di “natura” e l'ulteriore associazione dei due con l'idea di paesaggi incontaminati; la radice etimologica del termine ci riporta invece al latino ambire, circondare, e starebbe ad indicare quanto ci sta attorno mentre il termine “natura” è logicamente collegato al verbo nascere e sta ad indicare una generazione, un venire alla luce.
Non starò qui ad occupare il lettore in discussioni sulle interessanti origini linguistiche dei due vocaboli ma a ribadire un'estrema diversità tra i due concetti per giungere ad una definizione non univoca ma accettabile di “bene ambientale”. L'uso improprio della parola “ambiente”, come sovente si nota, non dovrà dunque portarci all'immaginazione di luoghi bucolici dalla paradisiaca bellezza o, almeno, non solamente quelli poiché esso sott'intende in realtà aspetti più profondi e, se vogliamo, anche più interessanti.
Molto spesso si identifica l'ambiente con il bel paesaggio, non pensiamo che questa sia un'ingenuità perché anche importanti Leggi dello Stato sono cadute nel tranello o meglio, hanno seguito quelli che erano i filoni, permeati di idealismo, del pensiero di inizio secolo; pensiamo infatti alla nota Legge 778 del 1922, relatore B. Croce, sulla “tutela delle bellezze naturali e sugli immobili di interesse storico” o ancora alla nota Legge 1089 del 1939 concernente “protezione delle bellezze naturali” ma, se vogliamo, anche la stessa Costituzione Italiana che afferma che (la Repubblica) “Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.
Pensiamo anche agli oltreoceanici Stati Uniti d'America che, già a metà del XIX sec., sentirono la necessità di istituire grandissimi parchi naturalisti come Yellowstone, nel tentativo di isolare e preservare estese ed uniche parti di territorio, così pure accadde in Italia nel 1922 con l'istituzione del primo Parco Nazionale, quello del Gran Paradiso.
Occorre però compiere un ulteriore passo ed uno sforzo per comprendere che il valore di una determinata situazione ambientale non può essere definita unicamente dalla bellezza che le è propria ma anche dalle modificazioni che ha subito nel tempo e, quindi, anche dalla presenza umana. Si arriva quindi all'inclusione nella definizione di “ambiente” anche di quelle componenti antropiche che venivano considerate dalle leggi sopraccitate comunque e sempre dannose per quella purezza dei luoghi che doveva essere perseguita.
L'accettazione di tale definizione, però, è tutt'altro che un fatto di logica transizione, ci legittima infatti, oltre alla difesa, anche all'uso del patrimonio ambientale; riferiamoci per consuetudine ad un'altra legge, la 431 del 1985, la cosiddetta Legge Galasso, che si riferisce infatti a Piani urbanistico-territoriali con valenza paesistica.
Se un piano presuppone un utilizzo allora sono debite alcune considerazioni che mettono in evidenza come si sia superato quel concetto di “ambiente come valenza estetica” in favore di un altro più “allargato” comprendente anche i possibili interventi ad esso apportati.
Alla luce di quanto detto si dovrebbe allora trattare qui non di come difendere l'ambiente ma di come utilizzarlo correttamente. Non dovrò a questo punto nemmeno far presente la miriade di implicazioni che una tale predisposizione comporta.
Ragioniamo sull'ambivalenza che è tipica dell'uomo e del suo doppio carattere di essere fisico ed entità intellettuale, un utilizzo consapevole dell'ambiente dovrebbe dunque tener conto di entrambi questi due aspetti.
Sul piano della fisicità si dovrebbero mantenere le condizioni ambientali che garantiscono la vita; non pensiamo però che questo accentri troppo le nostre considerazioni sull'uomo poiché, in una concezione olistica della sopravvivenza, saremmo inevitabilmente portati alla necessità di non rompere quegli equilibri naturali che coinvolgono ogni altro essere della Terra.
Sul piano intellettuale il discorso è più complicato, l'ambiente dovrebbe qui garantire una certa gratificazione morale nell'esservi parte e, dunque, una percezione “familiare” di se stesso. Parlerei quindi di “identificazione” e conseguentemente di “Tradizione” o di “Storia”.
Giungiamo quindi alle prime conclusioni.
Il dovere primario di chiunque si apprestasse ad apportare una qualsiasi modificazione ambientale dovrebbe essere quello di documentarsi sulla particolare situazione di intervento e sulle probabili conseguenze che il cambiamento indotto apporterebbe, anche ad ambiti decisamente più vasti della scala affrontata. Questo implica che qualcun'altro si sia preoccupato di conservare l'integrità dell'esistente e, con essa, una certa leggibilità dei luoghi in modo che la loro essenza possa venire, diciamo così, compresa ed interiorizzata.
Ecco dunque l'importanza della “conservazione”, della “testimonianza storica”, non può essere considerata banale l'affermazione secondo cui un popolo che non sapesse guardare al proprio passato non avrebbe nessuna speranza per il futuro.
Il “bene ambientale”, di cui cercavamo in incipit una definizione, sarà dunque quello la cui presenza sarà giudicata inscindibile dal territorio in cui si allochi e che per questo ne possa essere considerato parte integrante.
Con questo spirito la Sezione di Alba di “Italia Nostra” propone l'intervento di restauro sulla Cappella di S. Stefano a Perno di Monforte e con questa intenzione ne auspica la conservazione come importante testimonianza della Cultura locale.

Cappella campestre di S. Stefano a Perno di Monforte. Le ragioni di un restauro.


Immagine 01: la cappella campestre di Santo Stefano.


Il territorio langarolo bene predispone ad uno spensierato girovagare, la dolcezza delle colline e la loro “morbida” forma infondono un senso di pace e di tranquillità; a sua volta, un'impressione di immobilità, di immutabilità dei riferimenti enfatizza un ulteriore senso di sicurezza dato dalla percezione di immutabilità dei luoghi.
E così, per ben noti percorsi, non ci stupisca il fatto di essere sopraffatti dall''improvvisa visione di un elmento nuovo e che questo non ci disturbi, anzi, ci inviti a proseguire il nostro viaggio e ad indagarne la presenza.
Questo è quanto accade notando la discrezione con cui si inserisce nel paesaggio Pernese la Cappella campestre di S. Stefano benchè vada ad occupare un luogo di indubbia dominazione visiva: la sommità di un'altura.
Si tratta di un edificio sacro del XII sec. (Con rifacimenti del XVI sec.), di modeste dimensioni ma dalle apprezzabili proporzioni, leggibile attraverso diverse sue componenti.


Immagine 02: ricostruzione geometrica della pianta.


La parte originaria, sintetizzabile nell'abside, è realizzata in conci lapidei di medie dimensioni posti in opera con abbondanti strati di malta. Nonostante la stilistica semplicità dell'opera si notano pregevoli elementi caratterizzanti, in primis la copertura, realizzata anch'essa in pietra e la cui sporgenza è retta da una teoria di nove mensoline scolpite. Queste ritmano la superficie curva della muratura, interrotta dalla presente tripartizione di tre aperture, finestrelle con una caratteristica doppia strombatura.


Immagine 03: ricostruzione geometrica dell'abside.


Campeggia sulla copertura una torretta campanaria, essenziale, in forme che non concedono molto più della semplice funzionalità ma realizzata in modo da integrarsi perfettamente con il resto del manufatto e da diventarne addirittura elemento caratterizzante. L'impianto planimetrico si sviluppa in un'unica navata e risente dei rifacimenti settecenteschi; si possono intravedere tentativi nella proposizione di proporzioni auree, molto probabilmente limitate nell'esecuzione dalle vincolanti preesistenze medioevali. La navata e la facciata (rivolta a ponente) furono in realizzazione dal 1753 al 1757, si costituirono sui resti murari laterali mentre il prospetto principale venne disposto in posizione più arretrata rispetto al precedente.


Immagine 04: ricostruzione geometrica della facciata.


La facciata presenta quattro aperture: un portone centrale affiancato da due finestrelle rettangolari ed un rosone ellittico ad essi sovrastante, tutti questi elementi sono bordati da una fascia in laterizio non intonacato che rende visibili alcune finezze realizzative nella posa dei mattoni.
L'interno non eccede nella decorazione e denota una certa sobrietà; la navata è coperta da due superfici voltate separate da un arco poggiante su due lesene mediante capitelli di gusto neoclassico. Le volte presentano un impianto decorativo di recente realizzazione (si suppone attorno agli anni trenta dello scorso secolo), e raffigurante un cielo stellato che potrebbe rimandare, con le debite proporzioni, a quello riportato sull'intradosso delle volte della Cattedrale di S. Lorenzo ad Alba.
Il presbiterio è rialzato e sovrastato da quella copertura absidale già notata in esterno, l'interno della muratura ospita un altro elemento caratterizzante l'edificio: il ciclo affrescato di S. Stefano raffigurante la scena della sua lapidazione sotto la benedizione divina.
In origine l'affresco doveva presumibilmente occupare l'intero sviluppo murario absidale ed essere delimitato in un fascia orizzontale ma ora ne sono rimasti solo frammenti; fortunatamente le parti presenti, benchè minime, non ne pregiudicano la leggibilità. Ciò non avviene invece per lo strato di affreschi sottostanti e preesistenti di cui resta traccia solo in alcune porzioni di intonaco (di questi è solo ipotizzabile l'oggetto).


Immagine 05: ricostruzione geometrica del prospetto laterale.


Pregevole è la realizzazione interna dell'abside e la posa dei conci dell'arco sovrastante l'altare, ben sagomati e proporzionati. Lo stato di degrado che la struttura denuncia è però evidente e richiede un pronto intervento onde prevenire l'irrecuperabilità dell'edificio e la conseguente perdita di una importante testimonianza storica.
Occorre precisare che la sezione di Alba di “Italia Nostra” si era già occupata in passato della Cappella campestre di S. Stefano, predisponendo quelli che furono interventi fondamentali per la sopravvivenza dell'edificio e per il suo arrivo fino ai nostri giorni.

L'impegno della Sezione di Alba di “Italia Nostra”.

Se la situazione di degrado della cappella campestre di S. Stefano appare oggi, seppur grave, rimediabile, essa doveva apparire drammatica sul finire degli anni settanta del secolo scorso quando incuria ed indifferenza l'avevano portata a mettere a rischio la stabilità del manufatto. Riportato a seguito il testo che segnalava l'opera dell'Associazione a tutela e conservazione del Bene.

Come s'è accennato in apertura, già dal 1972 questa cappella di Perno fu tra i problemi monumentali di cui questa associazione intese occuparsi, segnalandoli e documentandoli.
Trascorsi vari anni di sole corrispondenze burocratiche, dal 1977 si è costituita un'univocità di intenti tra la parrocchia di perno (col rev. Parroco don Giuseppe Rinaldi) , “Italia Nostra” e l'allora Pro Loco di Monforte, con il concreto appoggio di qualche privato sensibile. Operando per cinque anni, sino al 1982, la spinta promozionale ed il cospicuo lavoro condotti dalla Sezione albese hanno portato a risultati di indubbio rilievo culturale. [...] Il Santo Stefano svolse per secoli la funzione di parrochia e di sede cimiteriale per la comunità pernese. Iniziò il declino con la costruzione della settecentesca parrocchiale dei Ss. Pietro e Paolo nel concentrico; addirittura dai trascorsi anni Sessanta vennero a cessare anche le funzioni di cappella cimiteriale, con l'abbandono successivo e quindi il successivo sopravvento delle deleterie sconnessioni strutturali: copertura scompaginata, profonde crepe nella volta e nelle murature, dissesto delle fondazioni, umidità accentuata, l'altare semidistrutto, lo stesso sito ormai impraticabile.
Dai contatti e dai primi intendimenti espressi nel 1976 e col progetto di restauro approvato l'anno successivo (redatto dall'Arch. Gemma Fulcheri), si passò ad una prima fase operativa nel corso del 1978: il Gruppo Scout di Alba e Soci di “Italia Nostra” bonificarono il sito e ripulirono dalle macerie l'interno del sacro edificio, un'impresa edile provvide al rifacimento della copertura lapidea dell'abside. Dal 1979 al 1981, a cura della Sezione albese di “Italia Nostra” vennero impiantati vari alberi (ottenuti dall'Ispettorato Ripartimentale delle Foreste e da privati) e si operò periodicamente alla ripulitura del terreno; mentre tra il 1980-'82 si effettuarono quattro periodi di scavo archeologico all'esterno ed all'interno della cappella, con l'autorizzazione della competente Soprintendenza e la direzione del dott. Alberto Crosetto.
Nel 1981-'82 vennero quindi realizzati gli impegnativi lavori di riassetto strutturale e restauro: consolidamento delle fondazioni tramite cordolo in cls, revisione del tetto, apposizione di chiavi di sostegno, cucitura delle crepe, ripulitura e consolidamento dei frammenti di affreschi, realizzazione della pavimentazione interna, del marciapiede e degli intonaci.
In cinque anni questo restauro a Perno è stato per l'associazione uno sforzo enorme di responsabilità, di lavoro e di partecipazione. Ha costituito pure una difficoltosa enon frequente occasione di raccordo operativo tra le direttive delle tre Soprintendenze competenti (Archeologica, ai beni Artistici e Storici, ai Beni Ambientali ed Architettonici). Con perseveranza, si sono potuti ottenere sensibili finanziamenti e contributi in opere e materiali da parte della Provincia di Cuneo, della Cassa di Risparmio di Cuneo – filiale di monforte, dell'editore Giulio Einaudi (che da tre anni sta compiendo l'oneroso restauro della residenza castellata qui a Perno), della Pro Loco di Monforte, dell'Ispettorato Ripartimentale delle Foreste, nonché da alcuni privati davvero generosi. Da non dimenticare poi è la sentita dedica (20/4/81) del sito alberato al compianto amico Beppe Cagnasso (già consigliere di “Italia Nostra”). Oltre ai notevoli risultati culturali, all'operato per la cappella di S. Stefano si è così aggiunto un caro ricordo indelebile. (AA.VV. 1972-1982 Dieci anni di “Italia Nostra” nell'Albese, Bra 1982, pp. 93-94)


Al momento, quando la stessa Sezione di Alba di “Italia Nostra” si accinge alla ricorrenza del trentennale dalla fondazione, si ritorna su quel tema che l'aveva accompagnata nei suoi primi anni di esistenza e, in un certo senso, si può considerare questa una fortuna poiché, se non fossero stati predisposti allora gli interventi sopraccitati, forse non saremmo qui a parlare di restauro ma di insensata distruzione.
Occorre anche ricordare che molto è cambiato in questi decenni a riguardo della sensibilità comune verso il Patrimonio Ambientale locale; anche la visione della Storia come risultante non di gesta grandiose di eminenti personaggi bensì dell'operosità della gente comune ha portato alla rivalutazione di tutti quei beni che occupavano fino a poco tempo fa un ruolo di secondaria e trascurabile importanza.
Contestualmente, questo sviluppo positivo ha appoggiato elaborazioni di metodologie di intervento molto più appropriate di quelle che si usava approntare all'epoca dei restauri riportati e ciò fa sì che molte realizzazioni appaiano oggi quasi ingenue e al limite dell'intervento progettuale vero e proprio ma è proprio grazie a queste che possiamo permetterci oggi di farci critici e di sforzarci nel migliorarne gli effetti.
Lo stesso sviluppo di materiali più affidabili mette oggi in risalto le pecche di quelli utilizzati allora, l'affresco, ad esempio, presenta ora una patina biancastra e riflettente dovuta ai consolidanti utilizzati, la cosa risulta ai nostri occhi molto fastidiosa e ci fa pensare ad una mancanza di attenzione, in realtà è proprio grazie a questa seppur imperfetta applicazione che le parti di affresco trattate sono tuttora coese al supporto murario.
Anche la collaborazione che oggi si ottiene da enti pubblici, privati, associazioni e singoli è senza dubbio quantitativamente e qualitativamente più rilevante di quella su cui si potesse contare all'epoca dell'intervento, e di questo anche la nostra Associazione vorrebbe prendersi una piccola parte di merito per la incessante opera di sensibilizzazione svolta con impegno in questo lungo periodo di attività. La collaborazione ed il lavoro parallelo di diverse esperienze non può che portare ad apprezzabili risultati.
Proponiamo dunque a seguito gli interventi di restauro che si ritengono appropriati per la creazione di migliori condizioni per la conservazione di questo irrinunciabile bene.

Degradi riscontrabili in loco e predisposizione degli interventi di restauro.

Come da sopralluogo effettuato a Perno, presso la cappella di S. Stefano, in data 28 ottobre 2001 si riscontrava la seguente situazione.
L'edificio risulta posto sulla sommità della collinetta omonima con la facciata principale rivolta a Ponente e circondata da una fitta vegetazione che la nasconde parzialmente alla vista.
E' auspicabile il ripristino delle corrette pendenze di scolo delle acque meteoriche sia sul sagrato che attorno all'edificio. La stessa vegetazione pone in ombra, per buona parte della giornata, la zona absidale della costruzione e questo provoca un peggioramento delle condizioni termo-igrometriche della muratura in materiale lapideo con conseguente maggior grado di imbibizione dei giunti malta.
Questo facilita il distaccamento di materiale a causa di cicli di gelo-disgelo; l'acqua, sappiamo, col gelo aumenta di circa un 10% il proprio volume e questo genera, qualora essa si trovi internamente ad un solido, elevatissimi valori di pressione, spesso insopportabili per i comuni materiali da costruzione.
La presenza inoltre di elementi vegetali rampicanti (identificata un'edera) crea zone a più elevata umidità e opera micro sollecitazioni meccaniche che, se prolungate nel tempo, potrebbero risultare dannose per l'integrità della muratura sottostante. Un primo e semplice intervento potrebbe essere quello di eliminare questi rampicanti e sfrondare l'alberatura in modo da garantire una miglior esposizione solare all'intero edificio; non si predispone l'abbattimento poiché la plantumazione venne correttamente effettuata anche con il giusto intento di stabilizzare il terreno dell'altura mediante le radici degli alberi immessi.
La conseguente integrazione delle malte distaccate con altre la cui composizione sia approvata dalla competente Soprintendenza e dall'uso comune in campo di restauro porterebbe il muro ad uno stato di maggior coesione, migliorandone la stabilità.
Sempre nella zona absidale: la copertura. Essa è realizzata in pietra e resa impermeabile da apporti isolanti predisposti durante i restauri di inizio anni ottanta. Molto probabilmente in origine era anch'essa coperta a coppi, come testimonia la situazione di diverse absidi coeve, ma non volendo azzardare un apporto così impattante sulla struttura sarebbe comunque necessaria una revisione del manto con l'eventuale applicazione di appropriati materiali.
Una generale pulitura è auspicabile per l'intero tratto in cui la pietra è lasciata a vista.
Anche la copertura della parte settecentesca non offre più garanzie di corretto funzionamento ed la piccola torretta campanaria denuncia possibili problemi statici. Un generale intervento di ripristino è da considerarsi necessario in questa fondamentale componente della fabbrica.
La situazione degli intonaci è, nel complesso, buona, sia internamente che esternamente non si vedono grandi sollevamenti o distacchi ma, ad una analisi igrometrica, si è notato che questi oppongono una troppo elevata resistenza alla corretta traspirazione della tessitura muraria, se ne consiglia prciò la rimozione e la sostituzione con altri maggiormente traspiranti. Anche i mattoni a vista in facciata e ai lati dell'edificio necessiterebbero di opere di sigillatura dei giunti dato il notabile distacco di malta in alcuni punti.
Internamente, una generale rimozione delle cuciture preesistenti e la loro sostituzione con altre meno invasive renderebbero ottimale l'intervento, soprattutto sulle superfici voltate che risultano al momento “sfregiate” da vistosi rinzaffi di cemento. La conservazione o meno degli affreschi raffiguranti un cielo stellato presenti a decorazione delle volte è stato argomento di dibattito, sicuramente il valore artistico di tale intervento risulta minimo ma l'opera sta comunque a denotare un'attenzione che in passato era stata riservata all'edificio, si lascia l'argomento in sospeso fino a che non si sia raggiunto un accordo tra le diverse argomentazioni.
Diverso il discorso per il ciclo di affreschi medioevali dell'abside, la raffigurazione del martirio di S. Stefano è opera irrinunciabile per la cappella ed essendone ancora leggibili i caratteri fondamentali se ne promuove il restauro conservativo attraverso opere di ripulitura, integrazione (da documentare in dettaglio) e consolidamento. Resta possibile il posizionamento di sistemi di controllo della qualità ambientale (tipo MURTRONIC) in modo da rendere ottimali le condizioni interne.
La situazione attuale dello strato di pavimentazione ostacola il mantenimento di corretti parametri termo-igrometrici, se ne propone la sostituzione anche se non assolutamente necessaria.
La situazione degli arredi potrebbe essere in sostanza migliorata con la sostituzione di quelli esistenti di gusto neogotico-commerciale con altri più consoni al luogo in questione, resta anche questo un intervento di semplice completamento e sicuramente a margine di altri decisamente più indispensabili.
Vengono riportati a seguito gli importi indicativi corrispondenti agli interventi proposti e seguiti ad un'interpellanza di professionisti specializzati in interventi di restauro. Gli interventi sono sempre da considerarsi approvati dalle competenti Soprintendenze quindi questo preventivo ha carattere di indicazione di massima date le possibili modifiche legittimamente richiedibili dagli enti preposti al controllo.
La Sezione di Alba di “Italia Nostra” ha ritenuto che lo “Studio Rolando” e la “Artes S.r.L.” potessero essere garanti di un corretto svolgimento degli interventi, anche sotto il profilo del rispetto storico e filologico degli apporti.



Rilievo fotografico dello stato di degrado (cliccare qui).



Elenco delle opere principali da eseguire e indicazione preventiva di spesa. Ripristino dei manti di copertura sia dell'abside che della parte settecentesca. Messa in sicurezza della torretta campanaria.
(8'000'000£/4131.65€)

Scrostatura e ripristino degli strati di intonaco interno ed esterno.
(10'000'000£/5164.60€)

Rimozione delle cuciture esistenti e ricucitura delle volte.
(5'000'000£/2582.30€)

Pulitura, integrazione e sigillatura delle pietre dell'abside.
(4'000'000£/2065.80€)

Pulitura, integrazione e consolidamento degli affreschi dell'abside.
(5'000'000£/2582.30€)

Sostituzione della pavimentazione esistente con altra in elementi in coccio pesto o simili previa realizzazione vespaio ventilato.
(8'000'000£/4131.65€)

MURTRONIC
(6'000'000£/3098.70€)

Eventuali spese per la realizzazione di progetto architettonico esecutivo.
(4'000'000£/2065.80€)

L'importo totale e l'ordine di spesa per lavori consegnati ultimati ed approvati dalle competenti Soprintendenze corrisponde a circa 50'000'000£ (25822.80€).


15 novembre 2001

Roberto Currado



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