Mario Moroni – Francesco Barbesino – Maurizio Bettinelli

Analisi radiocarbonica e datazione della Sindone di Torino

I Congresso Internacional - II Congresso Brasileiro Sobre O Santo Sudario

27 – 29 de junho de 2002
Rio Janeiro - Brasil

1. Il metodo di analisi

In natura esistono 5 isotopi dell’elemento Carbonio, cioè cinque atomi con uguale numero di protoni (6) ma diverso numero di elettroni. Ne derivano uguali proprietà chimiche e masse diverse. Ai fini pratici tre sono gli isotopi significativi: il carbonio 12, 13 e 14 indicati con notazione scientifica come 12C, 13C e 14C. I primi due sono stabili nel tempo mentre il terzo decade trasformandosi in azoto 14 (14N) con emissione di particelle β.

Il 14C si forma negli strati alti dell’atmosfera (fig.1) per la collisione dei neutroni dei raggi cosmici con atomi di 14N. Il carbonio così prodotto viene poi ossidato dall’ozono presente a 14CO2, che si miscela nella biosfera alla CO2 del ciclo biologico. Negli organismi viventi il tenore di 14C si suppone, in prima approssimazione, costante ed in equilibrio dinamico con l’ambiente esterno.

Quando l’organismo vivente muore cessa lo scambio con l’ambiente esterno e il 14C presente nell’organismo non viene più sostituito e decade col passare del tempo ritrasformandosi in 14N. Questo decadimento avviene secondo una precisa legge esponenziale e pertanto in base al tenore di 14C residuo si può determinare il tempo che è intercorso dalla morte dell’organismo se si suppone costante il tenore del 14C iniziale. Si calcola che questo si riduca a metà in un periodo di 5730 ± 40 anni.

Tuttavia la datazione calcolata in base alla legge di decadimento è puramente teorica poiché in passato vi sono state nell’atmosfera sostanziali variazioni del contenuto di 14C. Per determinare il tempo reale intercorso dalla morte dell’organismo al momento delle analisi si porranno le datazioni calcolate a confronto con delle curve di calibrazione costruite analizzando il contenuto in 14C presente negli anelli annuali di accrescimento delle piante.

Per le date più lontane dalla nostra epoca si ricorre a rari esemplari di alberi assai longevi quali, ad esempio,

i Pinus aristata delle aree montane degli Stati Uniti sud-occidentali (oltre i 4000 anni) o a reperti fossili.

Per il calcolo del 14C residuo si possono utilizzare dei minicontatori nei quali, come in un contatore Geiger, .si esegue il conteggio delle particelle β emesse dal campione in un tempo determinato. I tempi di analisi sono dell’ordine dei mesi e la quantità di materiale necessario, che non viene distrutto, di qualche decimo di grammo.

Oggigiorno con gli spettrometri di massa ad accelerazione (AMS) (1), (2), apparecchiature entrate in uso da qualche decennio (fig.2), è possibile eseguire il conteggio diretto degli atomi di 12C, 13C e 14C contenuti in qualsiasi reperto organico prima trasformandoli per combustione in grafite e caricandoli negativamente, poi accelerandoli e separandoli grazie alla loro differenza di massa, malgrado il fatto che il 14C sia presente in natura in tenori bassissimi (un atomo di 14C ogni 1012 atomi di 12C e 13C). L’analisi comporta la distruzione di campioni di qualche decina di mg ed un tempo di esecuzione di qualche ora.

Un’analisi corretta prevede normalmente che le analisi vengano eseguite su diversi campioni del reperto e ripetute più volte sullo stesso campione, metodica resa possibile dal fatto che con le apparecchiature AMS bastano spesso campioni di peso estremamente limitato.

Per tener conto della fluttuazione dei risultati dovuti agli errori di misura casuali (oltre a quelli sistematici e di campionatura che si cerca di ridurre al minimo) alla data ottenuta si associa la deviazione standard σ o 2σ, pari rispettivamente al 66% ed al 95% delle osservazioni comprese entro la distribuzione gaussiana dei risultati ottenuti. Inoltre, a causa delle esplosioni nucleari del secolo passato, si escludono campioni di riferimento posteriori al 1950 anno che, con la notazione BP - before present, è assunto come la data dell’anno in corso.

2. Le analisi del 1988

Nell’aprile del 1988 tre laboratori di analisi dotati di spettrometri AMS ottenevano l’autorizzazione dalla Santa Sede alla radiodatazione di alcuni campioni che sarebbero stati prelevati dalla Sindone. I Laboratori prescelti erano l’Università di Tucson nell’Arizona, l’Università di Oxford e l’Istituto Federale di Tecnologia di Zurigo. (3), (4).

Nel 1986 era stato redatto, con la collaborazione di tutti i gruppi interessati alle analisi della Sindone, un programma operativo che prevedeva che tali analisi venissero eseguite da sette laboratori, cinque dotati di apparecchiature AMS e due di minicontatori. Al termine dei lavori era stato stilato un Protocollo che offriva numerose garanzie di correttezza ed affidabilità. Purtroppo, in seguito, il Cardinale di Torino Anastasio Ballestrero, al quale spettava l’ultima parola, decideva di affidare la datazione solo ai tre laboratori AMS sopra indicati, anche in considerazione dei limiti imposti da una lettera di autorizzazione inviatagli della Santa Sede.

Con questa decisione si sceglieva di operare con un solo metodo d’analisi e per di più distruttivo. Ma nello svolgersi del prelievo e delle analisi molti altri aspetti indicati nel Protocollo preliminare venivano completamente trascurati (fig.3). Ci si dimenticava di redigere un verbale di prelievo, dimenticanza che genererà in seguito una grande confusione e persino il sospetto di sostituzione dei campioni.

Inoltre i tre enti previsti quali garanti scientifici dell’intera operazione (l’Istituto Metrologico Colonnetti di Torino, la Pontificia Accademia delle Scienze ed il Brithish Museum) venivano ridotti al solo dr. Mike S.Tite del British Museum. L’età dei due campioni di controllo (cammin facendo divennero tre), che dovevano rimanere ignoti ai tre laboratori d’analisi venne comunicata all’atto della consegna dei campioni sindonici; . questi avrebbero dovuto essere appunto di controllo perché operando alla cieca, se i risultati ottenuti si fossero rivelati esatti si avrebbe avuto conferma della validità delle metodiche utilizzate. In questo modo invece, come ebbe modo di commentare il professor Lejeune, si perse la testimonianza dei testimoni. Infine la preventiva ricerca chimico-fisica sul tessuto da analizzare, che sarebbe stata assolutamente d’obbligo venne posticipata sine die alle analisi spettroscopiche che oltretutto…. erano distruttive.

Questa spensierata gestione della radiodatazione della Sindone proseguì, senza incontrare significative resistenze, durante tutto l’iter sperimentale. Le analisi dovevano svolgersi con estrema riservatezza. Ma al laboratorio di Tucson fu ospite, quale osservatore, il professor Harry Gove mentre Zurigo apriva le porte al reverendo David Sox, acerrimo detrattore della Sindone, al quale fu permesso persino di introdurre un equipe televisiva della BBC per filmare alcune fasi delle analisi. Due settimane prima dell’annuncio ufficiale dei risultati Sox darà alle stampe un libro dal titolo significativo La Sindone smascherata.

I risultati finali dopo esser stati comunicati al cardinale Ballestrero, che li rendeva pubblici, comparivano su un breve articolo della rivista scientifica Nature (5). In seguito nessuna relazione dettagliata e .neppure i dati grezzi vennero messi a disposizione della comunità scientifica. Eppure ambedue, oltre che graditi, sarebbero stati necessari per molteplici ragioni.

I risultati provenienti dai tre laboratori che avrebbero fornito, come conclude l’articolo di Nature, la prova definitiva che il lino della Sindone è medioevale non sono coerenti tra loro sulla base dello stesso metodo di Ward e Wilson (6) utilizzato nell’articolo in questione per escludere la presenza di errori sistematici quali quelli causati da difetti di procedura o da un campionamento non rappresentativo dell’oggetto. Nella II tabella dell’articolo di Nature (fig.4) il Livello di significatività dei risultati relativi ai campioni sindonici sarebbe stato pari al 4%, cioè inferiore a quel 5 %, che é considerato il valore minimo accettabile dal metodo in questione se, molto sportivamente, non lo si fosse arrotondato al 5 %.

L’articolo esprime il dubbio, quanto mai giustificato, che gli intervalli di errore individuati dai singoli laboratori possano non essere compresi nell’intervallo di dispersione totale (fig.5). Nell’incertezza si sostituisce per il campione sindonico, e solo per quello, alla media ponderale, che sarebbe d’obbligo, quella aritmetica e alla distribuzione di Gauss quella di Student e così tutti gli intervalli dei singoli laboratori vengono fatti rientrare in quello complessivo.

Vi sono inoltre diverse aporie di fondo che o non sono state mai prese in considerazione o sono state rigettate dopo un esame superficiale, probabilmente perché assai scomode. Se ne citano qui solo due che possono venir riassunte in parole semplici e si rimanda chi volesse approfondire gli argomenti alla bibliografia da noi segnalata.

Una prima riguarda l’elaborazione statistica dei risultati ottenuti dai tre laboratori di analisi. Questi hanno dato per scontato che i valori trovati sperimentalmente si disponessero secondo una distribuzione normale, quella che assume la forma di una campana svasata ove i risultati si addensano nell’intervallo centrato nel punto di media. Questa distribuzione presuppone che i campioni siano tra loro omogenei cioè che il tenore di C14 non vari da punto a punto del tessuto. Ma nel caso specifico questa ipotesi é tutt’altro che dimostrata e se la distribuzione non é normale non è lecito escludere alcuno dei valori ottenuti, poiché tutti hanno lo stesso grado di probabilità (7).

Per sostenere che la distribuzione era uniforme mancavano le necessarie analisi chimico–fisiche. D’altra parte lo studio preliminare di intercomparazione (1986) (8), eseguito da sei laboratori, (4 AMS e 2 minicontatori) coordinati dal dr.Tite, su tre diversi campioni (uno egizio e due peruviani) dei quali era nota l’età archeologica, diedero risultati tutt’altro che probanti: i due campioni peruviani, non presentavano assolutamente nulla che permettesse di ipotizzare una distribuzione normale. Il risultato di uno di questi, inoltre, era così lontano dalla data archeologica nota che venne ritirato e sostituito appunto dal secondo. Quanto al campione di mummia egizia, che era già stato analizzato col metodo del C14 al British Museum, ci si basò in tutto su otto valori uno dei quali venne scartato in quanto giudicato anomalo. Inutile dire che a differenza della Sindone, il tessuto analizzato era integro e non aveva subito nessun tipo di riscaldamento e che l’eliminazione di tutti i risultati giudicati "aberranti" (il 22% del numero complessivo), che favorì l’avvicinamento alle date storiche, fu eseguita in base all’ipotesi che la distribuzione fosse quella normale.

Non si può neppure trascurare l’ipotesi avanzata dalla professoressa Marie Claire Gastuche (9) secondo la quale durante l’incendio di Chambery sarebbe avvenuta una migrazione di atomi di carbonio con conseguente distribuzione disuniforme da punto a punto del Telo. La professoressa ha notato che il tenore di C14 determinato nel 1988 cresce in funzione della posizione dalla quale è stato prelevato il campione ed è maggiore quanto maggiore è la distanza dal bordo del lenzuolo. Occorre ricordare che nei prelievi eseguiti per datare la Sindone si prescrisse di ritagliare dei campioni che fossero lontani dalle zone carbonizzate, precauzione strana se si considera che il carbone è il materiale più adatto per la radiodatazione.

Inoltre, per una fortunata coincidenza la prof. Gastuche, venne in possesso di un tessuto sintetico che era stato coinvolto da un incendio ma era sfuggito alla distruzione e sembrava a prima vista integro. Il panno, che giaceva ripiegato su se stesso e protetto da un involucro di plastica dura, era stato attaccato dal calore e dall’acqua. Nella zona di piegatura si osservavano delle bande di colore scuro indelebili, resistenti agli attacchi di pulizia, composte essenzialmente di carbone.

Le curve dendrocronologiche (un esempio in fig.6) sono tutt’altro che precise. Nel 1986 venne pubblicato dalla rivista Radiocarbon, sotto la direzione di Minze Stuiver e Renée Kra, il libro Special calibration issue nel quale si riassumeva una larga messe di risultati ottenuti misurando il contenuto in C14 presente negli anelli di piante provenenti, per il breve periodo, soprattutto dal continente nordamericano e dall’Irlanda. Questi risultati elaborati statisticamente col metodo di Ward e Wilson hanno prodotto la curva di calibrazione di Stuiver e Person utilizzata per la datazione della Sindone Tuttavia nel 1982 sulla rivista Radiocarbon era comparso un poderoso studio portato a termine da cinque laboratori statunitensi altamente qualificati che avevano costruito una curva di calibrazione in base all’esame del C14 eseguito su oltre mille campioni provenienti da un solo tipo di albero il Bristlecone Pine originario dell’Arizona. Chi si è preso la briga di verificare alcuni intervalli di confidenza che si ricavano da questa curva di calibrazione ha constatato che utilizzando la curva di Stuiver e Person tali intervalli risultano molto più ristretti (10). E’ lecito chiedersi se questo "benefico" risultato dipenda dall’elaborazione statistica e non intervenga anche la differenza che si ottiene passando da una specie all’altra di piante e se la curva di Stuiver e Person, che viene dichiarata universale solo perché i dati sono stati elaborati statisticamente, valga anche per la flora mediterranea.

Anche prima che la pianta muoia gli isotopi del carbonio, C 12, C13, e C14 e così pure i rapporti C 13/C12 e C14/C12 sono diversi nell’atmosfera e nella pianta. Questo fatto, indicato come frazionamento isotopico, viene espresso da un coefficiente δC 13 funzione del rapporto C13/C12 nella pianta e nell’aria (sempre inferiore all’unitΰ) che viene solitamente normalizzato al –25 0/00 . Tuttavia é noto che anche nella pianta stessa gli isotopi si possono distribuire in concentrazione differente nelle radici, nel fogliame e nello stelo (11) poiché queste parti della pianta hanno funzioni differenti e differenti contenuti di lipidi, albumina e carboidrati. Si considera che il coefficiente di frazionamento possa variare del 5-6 % introducendo errori di datazione che possono raggiungere i 400-500 anni. Ed è pure possibile che il coefficiente δC 13 rimanga costante non rendendo visibile la diversa distribuzione di C14 quando non variano i rapporti tra gli isotopi ma solo la loro concentrazione nelle diverse parti della pianta.

La pianta lino (12), anche limitandoci allo stelo, é composta da strati concentrici (fig.7) nel quale si distinguono l’epidermide, il parenchima corticale, i fasci fibrosi, le cellule del cambio, il legno ed infine le cellule del midollo che sono le più prossime alla cavità centrale. Gli stessi fasci fibrosi che dopo macerazione e stigliatura forniscono le cosiddette fibre tecniche per la produzione del tessuto non sono costituite da cellulosa pura (52-58%) ma da sostanze complementari alcune delle quali, come la pectina e la lignina, non vengono rimosse dai convenzionali trattamenti di pulizia chimica. Inutile dire che anche per questi fasci di fibre con i quali si producono i tessuti di lino si adotta la stessa curva di calibrazione ricavata dal fusto di piante centenarie cresciute sotto altri cieli.

Per questi ed altri motivi il risultato definitivo delle analisi radiocarboniche eseguite nel 1988, 2σ = 1325 ± 65 (cioè una data storica compresa tra il 1260 ed il 1390) è soggetto ad amplissima cauzione.

Gli autori della presente memoria ritengono che nelle analisi del 1988 si siano forzati i valori finali verso una datazione del XIV, l’unica creduta plausibile dai carbonisti in base alla loro superficiale conoscenza delle problematiche della Sindone. Tuttavia il ringiovanimento radiocarbonico di un tessuto organico quale il lino è possibile e gli autori stessi sono tra coloro che si sono posti seriamente alla ricerca delle eventuali cause che possono averlo prodotto. I postulati che venivano rimessi in discussione nell’intraprendere le ricerche erano

due: che il tessuto di lino era rimasto un sistema impermeabile agli agenti esterni (chiuso) dall’epoca della sua fabbricazione ad oggi e che la distribuzione di C14 era omogenea in ogni punto del Telo.

3. Possibili cause di deviazione del metodo

Si è già accennato che la fibra che viene lavorata per produrre il tessuto di lino é la fibra tecnica, un elemento fibroso composto da numerose fibre elementari. Le fibre elementari, di cellulosa quasi pura, sono formate da fasci di catene polimeriche lineari nelle quali il monomero è formato da due molecole di β glucosio nelle quali un atomo di ossigeno collega gli atomi di carbonio in posizione 1 e 4. Esse crescono associate a sostanze complementari quali pectina e lignina Le singole catene si dispongono nello spazio in modo da favorire al massimo la formazione di numerosissimi ponti idrogeno che le tengono legate le une alle altre. Benché il singolo legame idrogeno sia debole il grandissimo numero di tali legami equivale complessivamente ad un legame abbastanza forte. Tanto è maggiore il numero di ponti idrogeno tanto più il fascio di molecole sarà fitto e regolare. Si parlerà allora di una zona cristallina. Se, al contrario, i fasci saranno meno regolari e compatti queste altre zone, le più aggredibili dagli agenti esterni, saranno dette semicristalline o amorfe (13), (14), (15). L’assorbimento di carbonio dall’ambiente esterno potrebbe avvenire o per reazione dei gruppi alcolici primari (-CH2-OH) e secondari (=CH-OH) della cellulosa in aldeidi (-CH=O), chetoni (=C=O) ed acidi carbossilici (-COOH) o per rottura dei ponti idrogeno e successive reazioni.

3.1 Effetto del calore

Il primo agente esterno da noi considerato é stato il calore poiché l’incendio di Chambery è uno dei dati certi della tormentata storia della Sindone. Un primo tentativo è stato da noi effettuato (16) su di un lino antico che era stato preventivamente radiodatato presso i laboratori dell’Università dell’Arizona a Tucson e dell’IsoTrace Radiocarbon Laboratory di Toronto. La data storica .proveniente dalle analisi 650 o 658 d.C. veniva messa a confronto con il risultato ottenuto con lo stesso tessuto dopo che questo che era stato riscaldato in una scatola di legno 30 minuti a 150° e, successivamente, 10 minuti a 180°. La nuova data storica, determinata dal laboratorio di Tucson, risultò il 545 d.C., cioè di poco inferiore ai valori ottenuti dai campioni non trattati termicamente.

Si pensò allora di procedere a nuovi esperimenti di simulazione termica sia utilizzando condizioni di prova più aderenti a quello che si poteva ipotizzare fosse avvenuto nell’incendio di Chambery. Venne anzitutto determinata la temperatura raggiunta dalla Sindone durante l’incendio in base a prove preliminari eseguite riscaldando un telo di lino tessuto a saia (scala 1:2 rispetto alla Sindone), imbevuto di una soluzione diluita di aloe e mirra, ripiegato in quarantotto quadrotti e racchiuso in un cofano di rame argentato con le pareti interne foderate di legno (spessore 18 mm). Il cofano veniva investito da tutti i lati dalle fiamme di un camino e si determinava con termocoppie la temperatura interna ed esterna ad esso. La tipica colorazione avorio propria della Sindone si raggiungeva in prossimità dei 180 °C interni, valore confermato dallo spettro all’infrarosso che presentava una sostanziale analogia con quello sindonico.

La simulazione termica (17) venne attuata con un riscaldamento sino 550 °C esterni e a 176 °C interni mentre il raffreddamento di effettuava con getti di acqua dopo circa 35’dall’inizio dell’esperimento. Il campione di lino antico, proveniente dagli scavi di En Gedi era collocato sul 21° strato delle tela ripiegata (probabile posizione dei campioni sindonici prelevati nel 1988). I risultati delle analisi radiocarboniche eseguite su campioni originali (Tucson e Toronto) e dopo trattamento termico (Tucson) non hanno fornito significative variazioni dell’età radiocarbonica.

Un esame critico delle esperienze eseguite permise tuttavia di individuare un’ulteriore condizione necessaria per una più corretta simulazione: era indispensabile che l’acqua di spegnimento penetrasse nel cofano. Questo era avvenuto a Chambery: lo attestavano le tracce di gore d’acqua visibili sulla Sindone. Pertanto su un lato dell’involucro metallico venne praticata una saldatura a stagno che si liquefaceva al calore delle fiamme ed alla quale corrispondeva una fessura nella sottostante fodera in legno Anche lo spessore di questa venne ridotto da 18 a 4 mm. I campioni di lino antico utilizzati per le nuove esperienze (18) appartenevano alla mummia Lyma e provenivano dal Museo dei Tessili di Lione. Questo tessuto, previamente radiodatato presso il Centre de Datation par le Radiocarbone dell’Università C. Bernard di Lione (fig.8), era risultato del 160 ± 60 a.C. (intervallo di confidenza 95%: 2σ = 340 a.C -17 d.C.). Durante l’esperienza l’acqua di spegnimento inizialmente evaporava senza penetrare nel cofano ma in seguito, col diminuire della temperatura esterna, una piccola parte di essa si incanalava nella fessura aperta e penetrava all’interno ove evaporava miscelandosi ai gas di combustione. Una prima prova non forniva alcun risultatodi rilievo. Il contenuto in C14, determinato presso la Beta Analitic di Miami, era rimasto pressoché inalterato (130 ± 40 a.C. - 2σ = 190 a.C. ÷ 5 d.C. ). Ripetemmo allora l’esperimento inserendo un nuovo parametro: la presenza di ioni Ag. Questo lo ottenemmo inserendo all’interno del cofano alcune borchie d’argento. Per la verità che l’argento agisse come catalizzatore favorendo le reazioni di carbossilazione lo aveva affermato il dr. Kouznetzov (ref.18) ed era un’ipotesi che era stata fortemente contestata.

L’analisi del tenore di C14 dei campioni Lyma in seguito all’introduzione di questo ulteriore accorgimento forniva come data radiocarbonica l’anno 0 ± 50 (2σ = 40 a.C -160 d.C.) con un ringiovanimento di 160 anni nel tenore di C14 ed uno spostamento nello stesso senso dell’intervallo di confidenza. Ringiovanimento che, anche se assunto con precauzione, mostrava a nostro avviso una tendenza all’aumento del tenore di C14.

In parallelo con questa ultima esperienza, da noi indicata come Moroni, ne venne condotta un’altra nella quale venivano riprodotte le condizioni operative utilizzate dal dr. Kouznetsov all’Istituto Sedov di Mosca (19): una soluzione acquosa di CO e CO2 con ioni Ag a 200 °C per 90 minuti primi. L’unica differenza era che nelle nostre esperienze (indicate come Kouznetsov) la miscela fluiva molto lentamente in continuo. Il tessuto utilizzato era ancora quello della mummia Lyma. L’analisi eseguita dopo il trattamento dal laboratorio di Toronto forniva come età storica il 140 ± 60 d.C. (2σ = 75-390 d.C.) con un netto ringiovanimento, rispetto al tessuto originario, dell’ordine dei 300 anni.

3.2 Irraggiamento neutronico

Lo spezzone di tessuto della mummia Lyma ci era stato gentilmente inviato dal prof. Jean Baptiste Rinaudo, biofisico dell’Università di Montpellier. Questi ipotizzava (20), (21) che una sorgente di energia avesse disintegrato gli atomi di deuterio presenti nell’acqua e nella materia organica del corpo umano e che questa fissione avresse liberato protoni e neutroni. I primi avrebbero creato l’immagine del telo sindonico mentre i secondi ne avrebbero aumentato notevolmente il contenuto in C14. Pertanto, oltre ai campioni non trattati, ci aveva inviato uno spezzone di tessuto che era stato irraggiato nel reattore nucleare dell’Università Luis Pasteur di Strasburgo con un flusso integrato di 1,16 1013 neutroni /cm2. In precedenza si era verificato che questo flusso era lo stesso con il quale i corrispondenti protoni impartivano al lino la colorazione giallo avorio della Sindone.

Inviammo al laboratorio di Toronto due campioni per la radiodatazione: il primo semplicemente irraggiato ed il secondo, esso pure irraggiato, che avevamo sottoposto ad un successivo trattamento termico secondo i parametri Moroni. Il primo risultava ringiovanito di 360 anni (200 ± 50 d.C. - 2σ = 145-215 d.C.) mentre nel secondo l’aumento del tenore di C14 avrebbe comportato un aumento della data storica di oltre mille anni. Su quest’ultimo risultato si concentrarono i dubbi da parte degli analisti di Toronto: probabilmente la pulizia chimica standard (AAA) non era in grado di rimuovere tutto gli atomi di C14 adsorbiti.

Inviammo allora a Toronto un ritaglio relativamente grande di tessuto irraggiato e si constatò sperimentalmente che operando con trattamenti di pulizia via più intensi si produce un abbassamento continuo del contenuto di C14. Ove questo contenuto si stabilizzi e non scenda più allora l’analisi può ritenersi corretta. Accantonammo pertanto il campione che era ringiovanito di 1000 anni mentre ritenemmo veritieri i 350 anni del campione che era stato solamente irraggiato poiché il Laboratorio di Toronto stesso ci aveva informati che in questo caso la pulizia chimica era stata probabilmente completa. Il campione era stato sottoposto ad un’estrazione acida doppia rispetto all’altro campione e quasi analoga a quella usata per i campioni di legno e la resa , cioè il rapporto tra i pesi finale ed iniziale del campione era stata del 10% e pertanto ciò che venne analizzato si era ridotto a cellulosa quasi pura.

D’altra parte era, secondo noi, inverosimile che un bombardamento neutronico non rompesse molti dei ponti idrogeno e probabilmente, come altri avevano già osservato, non danneggiasse significativamente tutto l’assetto della struttura chimica liberando dei legami chimici.

3.3 Irraggiamento e trattamento termico

Successivamente due campioni irraggiati, sempre della mummia Lyma, vennero da noi trattati termicamente, uno con i parametri indicati come Moroni l’altro con quelli indicati come Kouznetsov (fig.9). Le analisi radiocarboniche eseguite al laboratorio IsoTrace di Toronto, con trattamenti di pulizia condotti con la metodica sopra indicata, fornirono risultati significativi. Il primo (Moroni) era ringiovanito di 1030 anni rispetto a quello solo irraggiato e di 1390 anni rispetto al tessuto di partenza (1230 ± 50 d.C. - 2σ = 1230 -1315 d.C.), il secondo (Kouznetsov) di 760 anni rispetto al campione irraggiato e di 1120 anni rispetto a quello non trattato (22) (fig 10). Naturalmente questi risultati suscitarono numerose obiezioni (23). A nostro avviso la più significativa era quella che riguardava i laboratori di ricerca ai quali erano stati affidati il tessuto originale (C.Bernard-Lione), quello del primo esperimento di simulazione termica (Miami) ed infine quelli irraggiato e quelli irraggiati e poi trattati termicamente (Toronto). Si fece rilevare che, sebbene ogni laboratorio operasse a livello internazionale e fornisse garanzie di affidabilità, ognuno de essi aveva fatto uso di un diverso metodo di calibrazione e pertanto erano possibili sensibili discordanze nei risultati.

Questa obiezione ci trovava d’accordo perché eravamo convinti che la precisione delle analisi radiocarboniche soprattutto su tessuti antichi é tutt’altro che assoluta. Tuttavia noi non cercavamo un numero di anni preciso ma di scoprire se vi fosse la possibilità di un netto aumento del contenuto in C14 (o ringiovanimento) anche perché le simulazioni da noi proposte erano, nel migliore dei casi, solo un’approssimazione delle condizioni ambientali verificatesi durante l’incendio di Chambery. E questo aumento riteniamo di averlo trovato.

3.4 Sindone e Sudario di Oviedo

Una singolare coincidenza che, a nostro avviso, avvalora i risultati ottenuti é stata da noi riscontrata in relazione al Sudario di Oviedo. Questa venerata reliquia (24) che si conserva nella Cámara santa adiacente al Duomo di Oviedo, per molteplici indizi scientifici (25), oltre che secondo la tradizione, è ritenuta coeva alla Santa Sindone. Un frammento del Sudario prelevato ad Oviedo nel maggio del 1979 da Max Frei venne consegnato dal professor Baima Bollone a Mario Moroni che lo inviò ai Laboratori AMS di Tucson (1990) e di Toronto (1991) per la radiodatazione. I risultati delle analisi, assai prossimi tra loro, oscillavano tra il 650 e il 658 d.C. (26). Sembrerebbe pertanto, pur prendendo con notevole scetticismo la data storica definita per la Sindone nelle analisi del 1988, che tra questa e quella determinata sul Sudario di Oviedo corra una differenza notevole.

Eppure proprio questa differenza alla luce dei nostri esperimenti di irraggiamento e successiva simulazione termica diviene significativa ove si consideri che un episodio non certo irrilevante manca nelle vicende che hanno condotto il Sudario da Gerusalemme ad Oviedo: l’incendio che ha coinvolto la Sindone. Questo, nell’ipotesi che il tessuto fosse stato precedentemente irraggiato, avrebbe prodotto un ulteriore notevole ringiovanimento radiocarbonico, giustificando quella netta differenza che si riscontra nei tenori di C14 delle due reliquie.

3.5 Conferme sperimentali.

Nel 1999 venne da noi avviata una nuova campagna sperimentale che prevedeva l’utilizzo della diffrazione ai raggi X (XRD), della microscopia infrarossa con trasformata di Fourier (FTIR) oltre che della calorimetria differenziale (DSC) ed osservazioni con il microscopio ottico a scansione (SEM). I risultati vennero presentati al Worlwide Congress Sindone 2000 di Orvieto (27).

Diffrazione ai raggi X

Per mezzo della diffrazione ai raggi X viene registrato un segnale (conteggio) il cui picco massimo è una misura quantitativa del grado di cristallinità della cellulosa costituente le fibrille di lino. Le nostre esperienze hanno accertato che: (fig.11) il trattatamento termico diminuisce il grado di cristallinità della cellulosa; e questo effetto aumenta al crescere della temperatura; cioè aumentano le zone cosiddette amorfe più facilmente aggradibili dagli agenti esterni. (fig12) i trattamenti di pulizia sia acida che alcalina su un materiale che abbia subito preventivamente un trattamento termico diminuiscono la zona cristallina.Un particolare assai interessante ove si consideri, come si è fatto più volte rilevare, che la Sindone ha certamente subito un forte riscaldamento. (fig.13) l’ampiezza delle zone amorfe negli antichi tessuti di lino é diversa da tessuto a tessuto e non é neppure in relazione diretta con l’età del tessuto stesso ma, dipende, molto probabilmente, dalle vicende che hanno interessato ciascuno di essi prima di giungere a noi. (fig.14) il grado di cristallinità di un tessuto irraggiato con neutroni diminuisce drasticamente dopo il successivo trattamento termico. Tuttavia l’irraggiamento stesso sembra non alterare direttamente il grado di cristallinità della cellulosa che dipende dalla presenza dei legami idrogeno che compattano le catene polimeriche. Si deve supporre, come è già stato osservato da altri (28), che il bombardamento di neutroni produca la rottura di numerosi legami all’interno delle molecole ma con meccanismi diversi distribuiti stocasticamente.

Microscopia infrarossa con trasformata di Fourier

Il campione viene irraggiato con un fascio di luce infrarossa (IR) in una regione dello spettro compresa tra i 4000 e i 650 cm-1. Questa energia altera i movimenti di vibrazione e rotazione delle molecole presenti. L’emissione o l’assorbimento causato da questi fenomeni è misurato con uno spettrofotometro IR. Si ottiene uno spettro ove le diverse lunghezze d’onda sono legate ai vari tipi di molecole o gruppi funzionali posti in vibrazione e l’intensità del segnale è un indice, almeno qualitativo, della presenza di questi nel tessuto analizzato. L’intervallo sul quale si è concentrata la nostra attenzione è stato quello compreso tra 1600 e 1750 cm-1 ove sono presenti le bande caratteristiche dei gruppi carbonilici (1635-1650 cm-1 ) e carbossilici (1705- 1715 cm-1). Si è accertato che: (fig.15) i trattamenti di irraggiamento neutronico e di questo seguito dalla simulazione termica producono un progressivo aumento dei gruppi carbonilici e carbossilici. Pertanto l’ipotesi che il C14 fosse rimasto adsorbito o incistato nelle fibre, ipotesi che era stata un tempo avanzata per spiegare l’aumento in C14 riscontrato dalle analisi AMS, risulta sempre più debole di fronte all’aumento di legami chimici stabili. (fig.16) il tenore dei gruppi carbossilici e carbonilici nei tessuti antichi non dipende direttamente dall’età del tessuto ma molto probabilmente dalla sua storia cioé dalle vicissitudini che ha dovuto subire nella sua storia millenaria. (fig.17) la zona cristallina delle catene polimeriche è, in un tessuto antico, notevolmente meno ricco in gruppi carbossilici e carbonilici della zona amorfa, osservazione che conferma che se si amplia la zona amorfa cresce la possibilità che si aggreghino gruppi chimici stabili.

4. Sostanze complementari

Le sostanze cosiddette complementari sono quelle che impregnano i fasci di fibrille e che accompagnano la fibra tecnica nella sua lavorazione. Due di esse sono particolarmente interessanti: la pectina e la lignina (29). La pectina è il nome generico che si attribuisce a delle sostanze di natura colloidale presenti nei vegetali mentre la lignina è un polimero complesso di unità di fenilpropano che sono collegate l’una all’altra con una varietà di differenti legami chimici. Quest’ultima è molto reattiva perché comprende doppi legami. Conoscere la qualità e la quantità di tali sostanze che impregna una determinata partita di fibre di lino é impresa non agevole. Il dato certo è che l’estrazione sia della lignina che della pectina sono alquanto laboriose e che non sono rimovibili con i normali attacchi chimici di pulizia. Inoltre con la microscopia infrarossa FTIR abbiamo verificato sperimentalmente (fig.18) che se un campione (mummia Lyma) è immerso in precedenza in una soluzione al 10% di pectina, dopo la successiva simulazione termica si riscontra un notevole aumento dei gruppi carbossilici e carbonilici.

5. Conclusioni

Riassumendo riteniamo ragionevole affermare che:

Il risultato delle analisi radiocarboniche eseguite sulla Sindone nel 1988 é, nel migliore dei casi, dubbio.

I tessuti di lino possono tuttavia presentare, per molteplici ragioni, un ringiovanimento, cioè un contenuto di C14 assai maggiore di quello che sarebbe prevedibile in base alla legge di decadimento..

La rottura di legami chimici può avvenire secondo meccanismi diversi e predispone le fibrille del tessuto ad una maggiore aggressione da parte degli agenti esterni.

Particolari condizioni del tessuto e dell’ambiente possono produrre un notevole ringiovanimento radiocarbonico. Questo, malgrado le numerose incertezze riguardo ai parametri di simulazione, è stato verificato da noi sperimentalmente.




Note



(1)     R. E. M. Hedges - J. A. J. Gowlett: La radiodatazione archeologica con accelerazione, Le Scienze, 211, marzo 1986, pp.90-97.

(2)     W. Wölfli: Advances in accelerator mass spectroscopy, Nuclear Instruments and Methods in Physics Researc, B 29, 1987, pp.1-13.

(3)     F. Barbesino - M. Moroni: L’ordalia del carbonio 14, Mimep-Docete, Pessano (MI) 1995.

(4)     O. Petrosillo - E. Marinelli: La Sindone – Un enigma alla prova sella scienza, Rizzoli 1990.

(5)     P. E. Damon et al. :Radiocarbon dating of the Shroud of Turin, Nature, 337, 16 Febr. 1989, pp.611-615.

(6)     G. K Ward - S. R. Wilson: Procedures for comparing and combining radiocarbon age determination: a critique, Archaeometry, 20,1, 1978, pp19-31.

(7)     R. P. Jounvenroux: Intervalles de confiance et datation radiocarbone du Linceul de Turin, Actes du Symposium Scientifique International, Roma 1993, ed.F. Xavier de Guibert – Paris, pp 185-205. Una buona sintesi in M-C van Oosterwyck Gastuche: Le radiocarbone face au Linceul de Turin, F. Xavier de Guibert, Paris 1999, pp.319-338.

(8)     R. Burleigh - M.Leese - M.Tite: An intercomparison of some AMS and small counter laboratories, Radiocarbon, 28, (2A), pp.571-577.

(9)     Ref.7 ed inoltre M.C. van Oosterwyck Gastche: Dates radiocarbone sur tissus d’âge archéologique bien connu., Actes du Symposium Scientifique International, Roma 1993, ed.F. Xavier de Guibert – Paris, pp. 219-228.

(10)     M-C van Oosterwyck Gastuche: ref. 7, pp.58-62 e 316-318.

(11)     A. Ivanov: Carbon Dating of the Turin Shroud: reasons for scepticism, alternative approaches, prospects and further research, in The Turin Shroud: past, present and future, Int. Scient. Symposium , Torino, 2-5 March 2000, Sindon-Effatà Editrice 2000.

(12)     Giovanni Bozzetto S.p.A. Filago (BG) - Servizio informazioni tecniche, n° 59: Il lino, febbraio 2000.

(13)     R. T. Morrison - R. N. Boyd: Chimica organica, Ambrosiana, Milano 1965, pp.859-860.

(14)     M.Copedé: La carta e il suo degrado, Nardini, Firenze 1991.

(15)     J. C. Roberts: The chemistry of paper, The Royal Society of Chemistry, London ,1996.

(16)     M. Moroni - M. Bettinelli: Età e proposta di controllo calorimetrico della Sindone, Actes du Symposium Scientifique International, CIELT, ROMA 1993, F-X de Guibert 1993, pp.141-156.

(17)     M.Moroni - F.Barbesino: Esperienze di irraggiamento con diverse fonti di energia, Convegno Internazionale “Sindone 1977”, Repubblica di San Marino, 14-15 febbraio 1997.

(18)     M.Moroni - F.Barbesino - M.Bettinelli: Verifica di una ipotesi di ringiovanimento radiocarbonico, III Congresso Int. di Studi sulla Sindone, Torino, 5-7 giugno 1998.

(19)     D. Kouznetsov - A. A. Ivanov - P. R. Valetsky: Effect of fire and biofractionation of carbon isotopes on results of radiocarbon dating of old textiles: the Shroud of Turin, Journal. of Archaeological Science, 23, 1996, pp. 109-121.

(20)     J-B Rinaudo: Nouveau mécanisme de formation de l’image sur le Linceul de Turin ayant pu entrainer une fausse radiodatation médiévale, Actes du Symposium Scientifique International, CIELT, ROMA 1993, F-X de Guibert 1993, pp.293-300.

(21)     J-B Rinaudo : Protoni e neutroni le chiavi dell’enigma, Il Telo, Anno III, n°2, maggio-agosto 1999.

(22)     M. Moroni - F.Barbesino - M.Bettinelli: Possibile Rejuvenation Modalities of the Radiocarbon Age of the Shroud of Turin, Shroud of Turin Conference, Richmond – Virginia, 18/19 June 1999.

(23)     F. Barbesino: Promemoria sul documento presentato da M. Moroni et al. al Congresso di Torino – Comunicazione privata.

(24)     P-L Baima Bollone: Sindone e no, Società Editrice Internazionale, Torino 1990, pp.72-78. ed inoltre El Sudario del Señor, I Congreso Internacional sobre El Sudario de Oviedo, Oviedo, 29-31 Octubre de 1994, Universidad de Oviedo 1995.

(25)     M.Moroni - F.Barbesino - M.Bettinelli: Una suggestiva ipotesi riguardante i risultati della radiodatazione del Sudario di Oviedo e della Sindone di Torino, Worlwide Congress “Sindone 2000”, Orvieto, August 27-29, 2000.

(26)     Tucson: 658 ± 53 d.C. ; 2s = 642-869 d.C. ; Toronto: 650 ± 40 d.C. ; 2s = 653 – 786 d.C.

(27)     M.Bettinelli - E.Cartoni - M.Moroni - F.Barbesino: Impiego di tecniche chimico-fisiche per lo studio dell’invecchiamento delle fibre di lino, Worlwide Congress Sindone 2000, Orvieto, 27-29 agosto 2000.

(28)     K.Little: The Formation of the Shroud Body Image, British Society foe the Turin Shroud Newletter, n° 46, Novenber –December 1997. Le esperienze condotte dalla Little ad Harwell sul reattore BEPO sono più ampiamente illustrate nel Capitolo 4, vol.III dell’opera Photographic Tecniques in Scientific Research, Academic Press 1978.

(29)     Per ulteriori considerazioni sull’argomento vedi O. Tubertini - M. Moroni - F. Barbesino: Considerazioni sulla datazione mediante 14C dei tessuti antichi di lino, La Chimica e l’Industria, 81, gennaio-febbraio 1999, pp.87-91.