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Citochine e fattori..
Origine degli insetti Citochine e fattori..

 

 

CITOCHINE E FATTORI DI CRESCITA MIDOLLARI

DI INTERESSE IMMUNOLOGICO

 

-INTRODUZIONE-

La terminologia con cui si identificano i mediatori solubili dell'immunità, non antigene-specifici e di natura polipeptidica, genera spesso una certa confusione per i non addetti ai lavori e, a volte, anche per chi in questo settore svolge attività di ricerca. Con il termine generico di citochine si identificano un gruppo eterogeneo di proteine regolatorie intercellulari, variamente denominate linfochine, monochine, interleuchine e interferoni. In senso stretto con il termine linfochine, coniato nel 1969, si intendevano mediatori polipeptidici non antigeni specifici, prodotti da cellule linfoidi, mentre il termine monochine identificava prodotti dello stipite differenziativo monocito-macrofagico, ma solo per alcuni di questi fattori la produzione è ristretta ad uno stipite differenziativo, linfoide o mieloide, rendendo, così, l'uso di questi due termini di scarsa utilità.

Il termine interleuchine, coniato nel 1979, intendeva ovviare a questa inadeguatezza terminologica, identificando questi mediatori come segnali di comunicazione fra cellule leucocitarie. In verità, anche il termine interleuchine(IL) è inadeguato, essendo ormai evidente che molti di questi mediatori siano prodotti che agiscono su cellule e organi diversi dalle cellule emopoietiche. Si preferisce perciò attualmente utilizzare il termine generico di citochine per identificare questo complesso e variegato gruppo di proteine regolatorie intercellulari. Un apposito comitato è stato stabilito dalla International Union of Immunological Societes(IUIS) ed è possibile che in un futuro assai prossimo la nomenclatura utilizzata vada incontro a revisione.

L'attribuzione di un dato termine ad una citochina avviene non senza contrasti; infatti, più laboratori spesso identificano o contribuiscono ad identificare indipendentemente lo stesso fattore, a volte per vie diverse, attribuendogli diverse terminologie.

 

- QUALCHE NOTIZIA STORICA -

Non è facile identificare in modo chiaro l'inizio della ricerca nel campo dei mediatori solubili polipeptidici dell'immunità. Comunemente questo viene fatto coincidere con una serie di esperimenti condotti da A.R. Rich e M.R. Lewis nel 1932 in cui si osservava come in colture di tessuto linfoide, ottenuto da animali sensibilizzati alla tubercolina, l'aggiunta di tubercolina inibiva la migrazione di neutrofili e macrofagi. La responsabilità di tutto ciò veniva attribuita ad un fattore identificato come macrophge inhibitory factor(MIF) da J.R. David, e da B.R. Bloom e B.Bennet nel 1966. E' assai curioso osservare come il MIF, prima citochina immunitaria descritta, non sia ancora stato identificato a tutt'oggi in termini molecolari.

Ancor prima degli esperimenti di Rich e Lewis,Zinsser e Tamya verso la fine degli anni '20 osservavano effetti vascolari (IL-1?) immunitari. Si tratta di una linea di lavoro riscoperta a metà degli anni '80. La messa a punto di un saggio biologico appropriato e l'identificazione di MIF sono state seguite dalla identificazione di una varietà di attività biologiche cui dal 1969 ci si è riferiti col termine linfochine. Nel 1979 è stato introdotto il termine di interleuchine.

 

- CLASSIFICAZIONE -

I) IL-1 (Interleuchina 1);questa citochina viene anche intesa come LAF (fattore attivante i linfociti),EP (pirogeno endogeno), Ematopoietina 1.Sono state descritte due forme di IL-1(IL-1 alfa ed IL-1 beta) con attività biologiche sovrapponibili. L'IL-1 viene prodotta da una grandissima varietà di cellule,ma prevalentemente dai macrofagi in seguito a stimoli immunologici ed infiammatori. Questa citochina è una delle più pleotropiche intervenendo, oltre che in vari aspetti della reattività immunitaria, nei processi di riparazione tessutale, nel favorire il rilascio di fattori di crescita e di differenziazione dei precursori midollari, inoltre si comporta da potente pirogeno ed ha una spiccata azione pro-infiammatoria. Eccone le principali azioni:

a- Effetto pirogeno a livello del SNC;

b- espansione di T helper, rilascio di citochine ed incremento dell'espressione recettoriale per alcune di esse (es.IL-2 ed IL-3);

c- Incremento dell'attività NK;

d- Proliferazione e differenziazione dei linfociti B;

e- Induzione della chemiotassi e della funzione dei PMN e dei macrofagi;

f- Stimolazione della mielo-linfo ed ematopoiesi specie

   tramite l'induzione di fattori di crescita e di

   differenziazione;

g- Induzione della produzione di proteine della fase acuta

    degli epatociti e di prostaglandine dei macrofagi;

h- Induzione della proliferazione degli osteoblasti, delle

    cellule endoteliali, di fibroblasti e di cellule epiteliali

       e- stimolazione della collagenogenesi;

       i- Attività procoagulante.

 

II) IL-2 (Interleuchina 2); intesa anche TCGF(fattore di crescita delle cellule T9), TSF(fattore stimolante i timociti), KHF(killer helper factor).L'interleuchina 2 per la sua importanza è stata definita anche citochina centrale del sistema immunitario.E' prodotta dal linfocita T attivato da stimolazione mitogena o antigenica,o in risposta all'IL-1.Le sue principali funzioni sono:

a- Stimolazione della crescita e maturazione dei  timociti;

b- Stimolazione autocrina e paracrina dei linfociti T,induzione della produzione di varie citochine e dell'attività citotossica, nonchè dell'espressione del proprio recettore;

c- Stimolazione dell'attività delle NK, LAK e TIL;

d- Stimolazione della crescita e differenziazione dei linfociti B e della produzione immunoglobulinica;

e- Stimolazione dell'attività monocito-macrofagica.

III) IL-3 (Interleuchina 3) chiamata anche Multi-CSF(colony stimulating factor) ed Ematopoietina 2. E' un fattore di crescita multipotente ed è prodotto prevalentemente dai linfociti T attivati stimolati da antigeni e mitogeni.Questa citochina promuove la proliferazione e la differenziazione di numerosi precursori midollari in sinergia con altri fattori di crescita. Infine sinergizza con l'IL-2 nello stimolare la proliferazione e le funzioni linfocitarie sia T che B linfociti e con l'IL-1, IL-4 ,IL-5 ed IL-6 in varie funzioni.

Le principali funzioni dell'IL-3 si possono così riassumere :

 

a- incrmento della proliferazione e delle funzioni dei linfociti T;

b- induzione della maturazione delle cellule pre-B e stimolazione della secrezione di IgG da parte dei linfociti B attivati in presenza di IL-2 ;

c- promozione della proliferazione e maturazione dei precursori linfo-mielo ed ematopoietici;

d- incremento della proliferazione e attività dei polimorfonucleati, dei monociti e delle mastcellule.

IV) IL-4 (Interleuchina 4), conosciuta anche come BCGF (B Cell Growth Factor), BSF-1 (B Cell Stimulatory Factor-1), TCGF-2 (T Cell Growth Factor-2, MCGF-2 (Mast Cell Growth Factor-2); viene prodotta prevalentemente dai linfociti T attivati e si tratta di una citochina ad ampio spettro con importante azione prevalente sui B e talora pro allergica. Le sue principali funzioni sono :

 

a- incremento dell'espressione degli antigeni MHC di classe II e della produzione di immunoglobuline,specie IgE(Allergia);

b- intervento nella maturazione dei linfociti;

c- stimolazione della proliferazione e dell'attivazione dei linfociti T specie quelle citolitiche, in associazione con l'IL-1, induzione della produzione di LAK e sostegno della proliferazione dei TIL e stimolazione delle cellule NK.

d- proliferazione dei precursori della serie eritroide, mielomonocitica e megacaricitica in sinergismo con altri fattori di crescita;

e- stimolazione delle attività macrofagiche compresa la capacità di presentare l'antigene e il rilascio di M-CSF e di G-CSF;

f-stimola l'attività dei mastociti e la loro crescita;

g- stimolazione degli eosinofili;

h-induzione della maturazione e la proliferazione dei linfociti B. Tuttavia sui linfociti B può assumere anche un'azione antagonista alla stiomolazione da IL-2.

V) IL-5 (Interleuchina 5) detta anche TRF (T Cell Replacing Factor, IgA-EF (Iga-Enhancing Factor), EDF (Eosinophil Differenziating Factor), EO-CSF (Eosinophil Colony StimulatingFactor), BCGF-2 (B Cell Growth factor e KHF).

Sono i linfociti T attivati a produrla ed esercita la sua attività prevalentemente sugli eosinofili e sugli stessi linfociti T e B. Le sue funzioni principali sono :

 

a- produzione di eosinofilia inducendo la differenziazione selettiva delle cellule della linea eosinofila ed attivando gli eosinofili maturi. Tale attività è fondamentale nelle parassitosi;

b- maturazione dei timociti in sinergismo con l'IL-2, modulandone l'espressione del recettore e stimolazione dell'attività delle CTL;

c- stimolazione della proliferazione e della differenziazione dei linfociti B e della produzione di IgM, IgG ed IgA.

VI) IL-6 (Interleuchina 6);

sicuramente una delle citochine oggi più studiate; identificata in passato come un sottotipo di IFN-beta (Interferon B2), viene anche indicata come BSF-2 (B Cell Stimulating Factor o HSF (Hepatocyte Stimulating Factor). Viene prodotta principalmente dai linfociti T attivati ma anche da monociti e da macrofagi attivati, da linfociti B, cellule endoteliali e da fibroblasti. Agisce in sinergismo con IL-1, IL-2 ed IL-3. L'IL-1 è un importante stimolatore fisiologico del rilascio di questa citochina e pertanto molte attività ascritte alla prima dipendono in realtà dalla seconda. Eccone di seguito le funzioni più conosciute:

a- stimolazione della proliferazione dei timociti in sinergia con IL-1;

b- produzione della maturazione e dell'attivazione dei linfociti T in presenza di IL-2 portando alla produzione di CTL;

c- proliferazione dei precursori multipotenti ematopoietici nonchè proliferazione e differenziazione dei progenitori mieloidi(granulociti e macrofagi);

d- induzione della differenziazione e stimolazione dei linfociti B ed incremento della produzione di immunoglobuline, manifestazione dell'attività antivirale e pirogena;

e- induzione della produzione di proteine della fase acuta negli epatociti;

f- Stimolazione della secrezione di ACTH agendo sull'asse ipotalamo-ipofisi-surrene;

g- stimolazione della differenziazione delle cellule nervose e presenza di un'attività Nerve Growth Factor simile.

VII) IL-7(Interleuchina 7) definita anche come LP-1(linfopoietina-1) e Pre-BCGF, viene prodotta prevalentemente dalle cellule stromali del midollo e del timo ed assume un ruolo fondamentale nella maturazione delle cellule pre-B ma risulta attiva anche sulla linea T. Le sue principali funzioni:

a- induce proliferazione e maturazione delle cellule B e la loro differenziazione;

b- stimola la proliferazione, la maturazione dei timociti e delle cellule T e l'attività citotossica(CTL)in sinergismo con altre citochine quali ad esempio IL-6 ed IL-2. Inoltre induce attività LAK nell'animale da esperimento(topo);

c- agisce, probabilmente, anche sulla linea mieloide.

VIII) IL-8(Interleuchina 8), chiamata anche NAF(Neutrophil Activating Factor), MDNCF(Monocyte-Derived Neutrophil Chemiotactic Factor), LYNAP(Lymphocyte-Derived Neutrophil Activating Peptide). Questa citochina

è prodotta particolarmente dai linfociti T stimolati, e anche da monociti, fibroblasti, cellule endoteliali e probabilmente dalle cellule stromali del midollo.Alcune cellule producono IL-8 sotto stimolo di IL-1 e TNF-alfa. Potenti induttori di IL-8 sono i lipopolisaccaridi batterici. Le principali funzioni sono :

a- stimolazione della chemiotassi e funzione dei granulociti in particolare neutrofili;

b- inibire l'adesione tra PMN e le cellule endoteliali;

c- stimolare la chemiotassi dei monociti/macrofagi;

d- svolgere un'attività di stimolo sui linfociti T.

IX) IL-9 (Interleuchina 9). E' prodotta da linfociti T attivati.

Eccone le sue principali funzioni:

a- sinergizza con le funzioni dell'IL-3 e induce la produzione di IL-6 sui linfociti T;

b- stimola l'attività dei mastociti;

c- stimola la proliferazione dei linfociti T, specie dei T-helper;

d- è attiva sui progenitori multipotenti midollari e ne favorisce la proliferazione e la differenziazione.

X) IL-10(Interleuchina 10)denominata anche CSIF(Citokine Synthesis Inhibitory Factor), prodotta da linfociti T attivati(T helper) ed l'unica citochina conosciuta dotata di prevalente attività inibitoria. Essa:

a- inibisce la produzione di altre citochine comprese l'IFN-gamma da parte dei linfociti T;

b- inibisce la produzione di IFN-gamma da parte delle cellule NK;

c-inibisce la produzione di IL-1, IL-6 e TNF da parte dei macrofagi e regola le funzioni monocito-macrofagiche;

d- è un'importante fattore di crescita e di differenziazione dei linfociti B;

e- stimola i mastociti.

XI) IL-11(Interleuchina 11). E' una delle ultime Interleuchine ad essere stata scoperta; essa viene prodotta da cellule stromali e forse da linfociti B;

a- stimola l'attività dei linfociti T specie helper;

b- incrementa la produzione di immunoglobuline,specie IgM;

c- favorisce la proliferazione e la differenziazione dei precursori midollari pluripotenti;

d- favorisce la maturazione dei megacariociti;

e- sinergizza con le funzioni dell'IL-3.

XII) TNF(Tumor Necrosis Factor). Comprende due fattori polipeptidici strettamente correlati(presentano il 30% di omologia e lo stesso recettore):

-TNF-alfa anche detto fattore responsabile della cachessia o cachettina.

-TNF-beta detta anche linfotossina.

Il TNF-alfa,sicuramente il più noto,viene prodotto oltre che dai macrofagi attivati, da linfociti T, cellule NK, astrociti,cellule della microglia e cellule di Kuppfer. I linfociti T attivati sono inoltre i principali produttori di TNF-beta. Le funzioni sono in parte comuni; le più significative e particolarmente studiate si riferiscono al TNF-alfa e si possono riassumere come segue:

a- lisa le cellule tumorali;

b- incrementa l'espressività degli antigeni MHC di classe I e II;

c- attiva la chemiotassi e la fagocitosi dei macrofagi;

d- attiva i polimorfonucleati(specie neutrofili,ma anche gli eosinofili);

e- induce il catabolismo cartilagineo ed osseo(attivazione degli osteoclasti);

f- svolge attività antivirali;

g- è il principale mediatore dello shock settico e provoca cachessia;

h- stimola i linfociti T, compresa l'attività CTL;

i- stimola i linfociti B;

l- favorisce la crescita dei fibroblasti e delle cellule endoteliali(angiogenesi);

m- sinergizza o è in diretta correlazione con IFN-gamma, IL-1, IL-3, IL-6, GM-CSF, fattore attivante le piastrine; perciò svolge un importante ruolo immunomodulante, dose-dipendente

XIII) IFN-alfa(Interferone alfa), questa citochina, di pm di 22Kd, e di cui se ne conoscono almeno 16 sottotipi diversi, manifesta una spiccata attività antivirale, ma anche antiproliferativa ed immunomodulante. Viene prodotta dai leucociti e prevalentemente dai linfociti B in seguito a differenti stimolazioni causate da:

-virus, anche inattivi; prodotti batterici e fungini, e da alcuni protozoi; acidi nucleici eterologhi, anche sintetici(POLI I:C) ed altri induttori sintetici.

Le principali funzioni sono:

a- attività antivirale;

b- attività antiproliferativa; stimolazione attività B e T linfocitaria(a dosi elevate può avere un'effetto inibente);

c- attivazione linfociti T citotossici;

d- attivazione cellule NK;

e- differenziazione linfociti B;

f- stimolazione attività macrofagica e produzione di monochine;

g- induzione antigeni MHC di classe I.

XIV) IFN-beta(Interferone beta); è una glicoproteina del peso di 20Kd, costituito da 166 aminoacidi e stabile a pH2. In passato se ne conoscevano due sottotipi Beta -1 e Beta-2 quest'ultimo oggi viene indentificato come IL-6. L'IFN-beta viene prodotto da vari tipi di cellule: fibroblasti, cellule epiteliali, ma anche linfociti T, attivati da monociti/macrofagi. Stimola i linfociti B e l'anticorpopoiesi e ,come l'IFN-alfa, presenta sia attività antivirale che antitumorale ed immunomodulante. Di seguito sono descritte le sue principali funzioni:

a- attività antivirale;

b- attività antiproliferativa;

c-attivazione dei linfociti T citotossici;

d- attivazione delle cellule NK;

e-stimolazione B e T linfocitaria(anche per il beta le dosi elevati possono produrre attività inibitoria);

f- attivazione funzioni macrofagiche;

g- induzione antigeni MHC di classe I e II;

h- induzione dei recettori steroidei nei tumori emolinfoproliferativi(in vitro) e nei CA mammari ed endometriali;

i- induzione dei recettori ormonali nei tumori della prostata(in vitro);

l- induzione della produzione di alfa-IFN(in vitro).

XV) IFN-gamma o Immunointerferone. E' una glicoproteina formata da monomeri(pm 20-25 Kd), altamente termolabile ed acidolabile. L'IFN-gamma è dotato di azione immunomodulante spiccata;viene prodotto da linfociti T attivati da: stimolazione antigenica, mitogenica, da IL-2 e ad anticorpi anti-CD3. Viene inoltre sintetizzato da linfociti CD4+,CD8+ e cellule NK, in seguito a stimolazione con IL-2. Le sue principali funzioni sono:

a-induzione dell'antigene MHC di classe I e II;

b- promozione della differenziazione di monociti e attivazione macrofagica;

c- attivazione dell'ADCC(di neutrofili e cellule monocito/macrofagiche);

d- induzione della proliferazione e controllo della differenziazione dei linfociti B;

e- modulazione dell'attività dei linfociti T: incremento dell'attività di CTL e LAK;

f- stimolazione dei TIL;

g- aumento della sintesi di IL-2 e di Immunoglobuline;

h- stimolazione dei mastociti;

i- stimolazione dell'attività granulocitaria;

l- modesta attività antivirale, ma spiccata attività antiproliferativa, sopratutto su cellule tumorali in presenza di TNF.

XVI) G-CSF(Granulocyte-Colony Stimulating Factor). Appartiene al gruppo dei fattori di crescita, che hanno il compito di indurre differenziazione delle cellule staminali totipotenti, determinando anche l'attivazione dei corrispondenti elementi maturi. Tutti i fattori di crescita inoltre sinergizzano le azioni di molte altre citochine, come IL-1, IL-4, IL-5, IL-6. Viene prodotto da linfociti T, fibroblasti, cellule endoteliali,monociti e, come dimostrato recentemente, dai linfociti B. Le sue principali funzioni si possono così riassumere:

a- attività sui precursori dei granulociti neutrofili;

b- attivazione dei neutrofili e loro attività fagocitaria;

c- stimolazione dell'ADCC (nei neutrofili).

 

XVII) GM-CSF(Granulocyte Macrophagic-Colony Stimulating Factor).

E' il fattore stimolante le colonie macrofagiche-granulocitarie.

Prodotto prevalentemente da linfociti T attivati, fibroblasti, cellule endoteliali e linfociti B, è in grado di stimolare la produzione sia di granulociti che di macrofagi, nonchè la loro attività. Eccone di seguito le principali funzioni:

a- proliferazione delle colonie granulocitiche e macrofagiche;

b- incremento dell'attività di neutrofili,eosinofili, basofili e macrofagi;

c- stimolazione dell'ADCC(con varie cellule effettrici);

d- azione sulla linea megacariocitica e sulla produzione di piastrine;

e- azione sulle cellule del Langerhans(in quanto cellule processanti l'antigene a livello cutaneo.

 

XVIII) M-CSF(Macrophagic-Colony Stimulating Factor). E' il fattore più direttamente interessato alla stimolazione delle colonie macrofagiche. Esso determina un aumento dell'attività monocitca e macrofagica e viene prodotto da fibroblasti, cellule endoteliali e monociti. Vediamone di seguito le principali funzioni:

a- proliferazione dei precursori midollari dei macrofagi;

b- incremento attività monocito-macrofagica;

c- stimolazione dell'ADCC(nei monociti e nei macrofagi).

 

Particolare attenzione meritano anche i TGF(Trasforming Growth Factor) alfa e beta. Questi sono due peptidi distinti dotati di attività biologiche peculiari ed aventi sistemi recettoriali separati. Storicamente questi fattori sono stati identificati come prodotti di cellule trasformate da virus in grado di indurre in coltura la trasformazione fenotipica di cellule neoplastiche.

Di interesse maggiore sembra essere il TGF-beta (42) di cui ne esistono tre sottotipi identificati: TGF-beta1, TGF-beta2,TGF-beta1/2. Il TGF-beta è una molecola multifunzionale che gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo embrionale, nella genesi dei tumori, nella guarigione delle soluzioni di continuo, nei processi fibrotici e di recente è stata dimostrata anche un'attività immunoregolatrice di tale citochina. Il TGF-beta è prodotto dalle cellule ematopoietiche ed i suoi recettori sono ubiquitari. Il TGF-beta svolgerebbe, nei processi infiammatori un'attività chemiotattica per i monociti in un primo stadio, mentre in una fase successiva attiverebbe le stesse cellule per il rilascio di altri mediatori( da esperimenti in vitro s'è potuto stabilire che monociti esposti a concentrazioni picomolari di TGF-beta mostrano un'aumentata espressione del gene per la IL-1, per il Platelet Derived Growth Factor, il Fibroblast Growth Factor ed il TNF. E' altresì interessante sottolineare come il TGF-beta induce la propria produzione a partire dai monociti e pertanto si ipotizza che tale citochina sia un fattore autocrino in grado di provocare il rilascio di IL-1 e di altri mediatori. Recenti esperimenti hanno evidenziato che macrofagi maturi sono meno sensibili all'azione del TGF-beta. Il TGF-beta è anche dotato di un potenziale immunosoppressivo in quanto inibisce la proliferazione linfocitaria sia in vitro che in vivo. Gli effetti principali del TGF-beta sarebbero quelli di inibire i processi infiammatori consentendo l'angiogenesi e facilitando i processi riparativi attraverso il rilascio di svariati mediatori.

 

Nella elencazione precedente si sono esaminate le singole citochine in larga misura come molecole "singole", dotate di definite proprietà strutturali e biologiche individuali, ma è necessario sottolineare che l'attività in vivo di questi mediatori è caratterizzata dalla loro azione coordinata ed interattiva. Emerge sempre di più che i mediatori singoli sono come lettere di un'alfabeto che esprimono messaggi reali solo nel contesto di parole a più lettere, all'interno delle quali le lettere individuali possono assumere valenze diverse. Particolarmente significativo da questo punto di vista risulta essere proprio il TGF-beta, il segno negativo o positivo del cui effetto sulla crescita cellulare dipende dalla natura delle cellule, dagli altri fattori di crescita presenti e dalla geometria del sistema. Una caratteristica dell'azione delle citochine è proprio quella di funzionare a cascate. Nella descrizione delle singole citochine si sono incontrati ripetutamente esempi di cascate di citochine. Così, ad esempio, la risposta dell'organismo alla sepsi da batteri Gram+ comporta da una parte l'attivazione della produzione di una serie di mediatori(TNF,IL-1,IL-6) da parte dell'endotossina, che agisce direttamente sui monociti-macrofagi e sull'endotelio vascolare, dall'altra l'azione di una cascata in cui il TNF attiva la produzione di IL-1 ed entrambe queste citochine inducono IL-6. Alcuni aspetti della sepsi, come l'induzione di alcune proteine della fase acuta, sono causati dall'ultimo mediatore. Molto bene si presta come "modello" la cascata attivata dalla presentazione dell'antigene associata ad MHC di classe II da parte di cellule accessorie a linfociti T. Nella presentazione a cellule T quiescenti giocano un ruolo coadiuvante le monochine IL-1 e IL-6 che forniscono un secondo segnale di attivazione. Le cellule T attivate esprimono recettori ad alta affinità per IL-2 e producono IL-2 o IL-4; la produzione di tali fattori di crescita sostiene l'espansione clonale dei T linfociti in circuiti autocrini o paracrini. Attraverso una serie di citochine, i linfociti T attivati regolano la proliferazione e differenziazione dei linfociti B, la produzione di cellule ematiche da parte dei precursori midollari, la funzione dei meccanismi di resistenza non specifici costituita dai fagociti e da cellule NK. La proliferazione e differenziazione delle cellule B è regolata principalmente tramite IFN-gamma, IL-4, IL-5 e IL-6. La produzione di molecole con attività CSF(IL-3; G,GM,M-CSF; IL-1 e IL-6) consente di modulare l'espansione e differenziazione delle cellule staminali midollari, nochè la funzione dei leucociti maturi. Infine IFN-gamma e IL-2 attivano i meccanismi di resistenza non specifica mediata da monociti-macrofagi e cellule NK.

 

 

 

 

 

FATTORI DI CRESCITA EMATOPOIETICI:

QUALI POTENZIALITA' TERAPEUTICHE?

Recentemente, grazie alle tecniche di DNA ricombinante, si sono resi disponibili, anche per uso clinico, diversi fattori di crescita ematopoietici. Queste nuove molecole potrebbero, in un futuro assai prossimo, modificare profondamente l'approccio a molte malattie ematologiche e di citopenie secondarie a trattamenti citostatici, nonche' trovare un uso sempre più frequente in campo infettivologico ed autoimmunitario. Da quanto detto si intuisce la sempre più crescente importanza data a questo gruppo di sostanze. E' interessante notare come l'applicazione clinica di queste molecole, arriva dopo anni di studi in vitro, rivolti essenzialmente alla comprensione dei meccanismi che regolano la mielopoiesi. In colture semisolide, in presenza di sorgenti esogene di fattori di crescita, i progenitori ematopoietici danno origine a colonie composte di cellule mature. Dai progenitori multipotenti derivano colonie di grandi dimensioni composte di cellule che appartengono a tutte le linee mieloidi, mentre i progenitori commissionati danno origine a colonie composte da cellule appartenenti a una sola linea cellulare e le cui dimensioni sono inferiori.

Le potenzialità terapeutiche dei fattori di crescita sono molteplici. La più ovvia è rappresentata dalla terapia sostitutiva con fattori di crescita in situazioni di alterata mielopoiesi dovute a ridotta produzione di uno o più fattori. Con l'eccezione dell'eritropoietina, per la quale sono documentati livelli plasmatici ridotti nell'insufficenza renale ed in altre anemie croniche, non vi è chiara evidenza di situazioni patologiche che possono derivare da alterata produzione di fattori di crescita. La mancata evidenza potrebbe, però, essere dovuta solo alle nostre insufficienti possibilità tecniche. In primo luogo dosaggi precisi si stanno rendendo disponibili solo in questi ultimi anni e, comunque, la loro sensibilità non è ancora ottimale. In secondo luogo la produzione di fattori di crescita (fatta eccezione per la eritropoietina di origine quasi esclusivamente renale) avvine principalmente nell'ambito del microambiente midollare dove le citochine possono agire come mediatori a breve distanza per cui è possibile che i livelli plasmatici non siano indicativi di quanto avviene realmente sulle cellule bersaglio. Le aspettative derivanti dall'uso terapeutico dei fattori di crescita non si limitano, tuttavia, alla terapia sostitutiva. E', infatti, possibile( ed i primi dati sembrano confermare questa possibilità ) che l'uso di dosi farmacologiche sia clinicamente utile in situazioni di alterata mielopoiesi anche quando essa non è dovuta ad insufficiente produzione di fattori di crescita ma ad alterazioni quantitative (es. citopenie secondarie ) o qualitative (disordini mieloproliferativi ) delle cellule mielopoietiche stesse. E' ovvio che le implicazioni fisiopatologiche di un approccio terapeutico di questo tipo sono completamente diverse, in quanto si può incidere profondamente sul rapporto fra automantenimento e differenziazione nel compartimento dei progenitori ematopoietici.

Attualmente disponiamo di alcune informazioni sull'uso clinico di G-CSF, GM-CSF, M-CSF, IL-2,IFN alfa e beta, pochissime risultano ancora le notizie su altre citochine di interesse immunologico( IL-6, IL-11 ecc.). Le potenzialità terapeutiche di alcune di queste citochine verranno di seguito discusse unitamente ai rischi possibili derivanti dal loro impiego sull'uomo.

Le apleasie midollari idiopatiche sono caratterizzate da citopenie piuttosto marcate coinvolgenti tutte le linee mielopoietiche. GM-CSF è stato somministrato a pazienti aplastici con lo scopo di stimolare la proliferazione di tutti i progenitori mieloidi ed eventualmente, grazie all'attivazione di processi di automantenimento, ricostituire un pool di progenitori sufficienti a mantenere una emopoiesi normale o, quanto meno compatibile con la vita di relazione. Nella maggior parte dei casi, durante la terapia con GM-CSF vi è stato un aumento del numero di neutrofili, eosinofili e monociti circolanti, mentre le variazioni di eritrociti e piastrine non si sono dimostrate significative. L'entità dello stimolo, oltre che della dose impiegata, dipende dalla quantità di emopoiesi residua, per cui il trattamento è stato poco efficace nelle forme molto gravi. Lo stimolo della mielopoiesi è transitorio: con la sospensione della terapia si osserva ad un rapido ritorno del numero dei leucocitio ai valori iniziali, suggerendo che il GM-CSF non sia in grado di ricostituire un adeguato compartimento di progenitori emopoietici (46-72). Ciò nonostante vi è un potenziale terapeutico di questa citochina in quelle situazioni cliniche legate all'aplasia midollare primitiva in cui un aumento anche transitorio dei granulociti può essere utile. Queste sono, ad esempio, le infezioni batteriche gravi ed il periodo d'attesa di una eventuale ripresa della mielopoiesi( da uno a tre mesi ) dopo la terapia immunosoppressiva con globulina antilinfocitaria. I pazienti con AIDS hanno spesso anomalie quantitative o funzionali dei leucociti che si associano ad un elevato rischio infettivo. Inoltre il trattamento con AZT può peggiorare la citopenia. GM-CSF è stato somministrato a pazienti con AIDS allo scopo sia di aumentare il numero di granulociti e monociti circolanti che di normalizzarne la funzione (55-64). Entrambi questi obbiettivi sono ottenibili, anche con dosi relativamente basse di GM-CSF. E' possibile, ma non dimostrato, che un trattamento prolungato con GM-CSF consenta di ridurre entità e gravità di infezioni opportunistiche e di aumentare la tolleranza all'AZT.

A differenza di quanto temuto, sembra improbabile che aumenti la produzione di HIV. In neutropenie di diversa origine è stato utilizzato principalmente il G-CSF. Esso migliora la neutropenia dell'hairy cell leukemia dell'adulto (61). In quest'ultima situazione è stato riportato un effetto del G-CSF anche sulla produzione di eosinofili e monociti. Anche in questi casi l'effetto terapeutico persiste solo fino a quando il G-CSF viene somministrato (51). Il risultato più interessante, anche da un punto di vista della comprensione della fisiopatologia dell'emopoiesi, è stato ottenuto nelle neutropenie cicliche in cui vi è una oscillazione ciclica di cellule di tutte le linee emopoietiche, più marcata a livello dei neutrofili. In questa malattia sono state osservate oscillazioni cicliche dei livelli di fattori di crescita quali GM-CSF ed eritropoietina. Probabilmente esse sono secondarie e la malattia è dovuta ad una alterazione primitiva dei progenitori emopoietici. Nelle neutropenie cicliche, la somministrazione di G-CSF agisce principalmente sulla produzione di neutrofili ma, seppure in misura minore, è evidente uno stimolo di tutta la emopoiesi. Questo fatto suggerisce un'azione del G-CSF su progenitori molto immaturi, anche se non è chiaro se questa sia dovuta ad un'azione diretta della molecola sui progenitori o sia indiretta e mediata dalla liberazione di fattori di crescita dal microambiente midollare. Durante il trattamento con G-CSF persistono le oscillazioni cicliche dell'emopoiesi. Tuttavia i nadirs sono più elevati ed i tempi fra i diversi cicli accorciati. Questo ultimo fatto suggerisci un più rapido transito attraverso i compartimenti maturativi. In questa malattia vi è convincente evidenza che il G-CSF può ridurre durata e gravità delle infezioni batteriche. I risultati di questi primi trials in citopenie di diversa origine mettono in luce l'efficacia terapeutica dei fattori di crescita anche in malattie dovute a riduzione primitiva del pool dei progenitori e non altera la produzione dei fattori di crescita stessi. L'efficacia clinica dipende da una accelerazione della proliferazione dei tempi di transito attraverso i compartimenti di maturazione della popolazione residua . E' importante osservare che non vi sono evidenze che la somministrazione di G-CSF o di GM-CSF modifichi in modo significativo i rapporti fra proliferazione ed automantenimento: infatti l'effetto terapeutico cessa rapidamente con la somministrazione del trattamento che, presumibilmente, dovrebbe essere proseguito indefinitivamente.

Uno stimolo anche transitorio dell'emopoiesi e teoricamente importante nelle citopenie secondarie a terapia citostatica. In queste situazioni sono stati studiati sia il GM-CSF che il G-CSF.

Entrambi riducono notevolmente la durata della neutropenia conseguente a terapia citostatica (qualcosa di simile, anche se con minore intensità, si ottiene utilizzando fattori ormonali timici). L'azione del GM-CSF si estende anche ad altre linee mielopoietiche: esso infatti accelera il recupero di eosinofili e monociti e può anche modificare i tempi di ripresa della megacariocitopoiesi e della eritropoiesi. Questi ultimi effetti, tuttavia, non sono evidenti in tutti i pazienti trattati (45-47-53-54-58-67-68-73). Questa variabilità individuale è, probabilmente, da ascrivere al fatto che l'azione del GM-CSF si estende a tutto il processo maturativo granulo-monopoietico, mentre l'azione di altre citochine è necessaria per portare a compimento lo stimolo proloferativo indotto sui progenitori eritroidi e megacariocitari. Con la sospensione del trattamento vi è una rapida riduzione della proliferazione midollare con una caduta dei valori leucocitari. Tuttavia vengono in genere mantenuti livelli normali od appena inferiori alla norma, e comunque superiori a quelli osservati in pazienti di controllo non trattati con fattori di crescita (45).

E' interessante considerare il possibile vantaggio clinico che può derivare dalla riduzione dell'attività proliferativa delle cellule emopoietiche che consegue alla sospensione della terapia con GM-CSF. E' possibile che questa ridotta attività proliferativa(in un midollo ancora iperplastico)diminuisca il numero di progenitori emopoietici uccisi dalla chemioterapia. GM-CSF e G-CSF sono stati ampiamente utilizzati dopo trapianto midollare allo scopo di ridurre durata e gravità della pancitopenia. E' ormai evidente che entrambe le molecole sono in grado di ridurre la durata della neutropenia con conseguente minore frequenza e gravità di episodi infettivi batterici. Il GM-CSF, inoltre, accelera anche il recupero dei monociti con potenziale beneficio sulle infezioni funginee. Non è ancora chiaro se essi siano efficaci nei casi di non attecchimento del trapianto midollare. In alcuni casi può essere favorito un recupero della granulomonopoiesi, ma non vi è chiara evidenza che essi consentano la ricostituzione della trombocitopoiesi e della eritropoiesi (52-70-71-76). Sia il GM-CSF che G-CSF aumentano il numero dei progenitori circolanti (45-60): il pretrattamento con questi fattori può essere utilizzato per aumentare il recupero di progenitori dal sangue periferico da utilizzare per il trapianto autologo.

 

G- e GM-CSF sono anche sulle cellule mieloidi trasformate (56-63-77). La potenzialità di indurre differenziazione delle cellule leucemiche ed i rischi associati con tale approccio sono stati a lungo discussi (43). In questo momento sono in corso incoraggianti trials clinici nelle mielodisplasie utilizzando basse dosi protratte di GM-CSF (59-78-79). L'aumentata attività proliferativa delle cellule neoplastiche esposte ai CSF, osservata in vivo nelle mielodisplasie e probabile nelle leucemie acute mieloidi alla luce dei dati preclinici, potrebbe in teoria essere utilizzata per aumentare l'efficacia della chemioterapia (69). Questo approccio rappresenta un tentativo di superare le resistenze cinetiche dovute alla presenza di cellule quiescenti. Dati ancora preliminari hanno dimostrato che è possibile, con il GM-CSF reclutare in ciclo le cellule leucemiche quiescenti senza aumentare la tossicità per le cellule normali. Rimane, comunque, da determinare se questo fatto può migliorare i risultati fin qui ottenuti con la sola chemioterapia. L'entità della risposta ai fattori di crescita dipende sia dalla dose che dalle modalità di somministrazione. La tossicità risulta essere modesta e transitoria con dosi relativamente basse (fino a 3 ug/Kg di G-CSF e fino a 10 ug/Kg per il GM-CSF). A dosi maggiori possono comparire tossicità importanti quali trombosi dei vasi maggiori con embolia polmonare, effusioni pericardiche o pleuriche ed altre manifestazioni di "capillary leak sindrome" (64-65-66-67-68). L'azione dei CSF sui neutrofili (attivazione e priming alla risposta con chemiotattici con aumentata liberazione di PAF; aumentata espressione della molecola di adesione CD11b) e sulle cellule endoteliali, suggeriscono possibili patogenesi di queste tossicità (44-55). Il fatto che tossicità maggiori compaiano solo dopo uso di dosi elevate, non necessarie per ottenere un significativo effetto biologico è un ulteriore indizio delle notevoli potenzialità terapeutiche, soprattutto in oncologia, dei fattori di crescita. A breve termine la riduzione della tossicità mielopoietica dovrebbe migliorare la tolleranza alle attuali chemioterapie antineoplastiche. A medio termine, la possibilità di accelerare la ripresa emopoietica, può consentire la riformulazione dei protocolli chemioterapici, utilizzando dosi 1,5-2 volte maggiori di farmaci mielotossici, ad intervalli più ravvicinati. Questo approccio terapeutico consetirà di verificare sperimentalmente il valore della teoria di mutazione somatica di Coldie e Goldman (62). La prospettiva di un radicale cambiamento dell'approccio chemio-raditerapico al paziente neoplastico grazie all'uso dei fattori di crescita sembra ancora più realistica se, anche nell'uomo si confermerà l'effetto sinergico della somministrazione di più fattori di crescita. L'entusiasmo per queste sostanze deve tuttavia essere temperato dal fatto che ancora non conosciamo la risposta ad una serie di domande estremamente importanti:

1) Qual'è l'effetto di una somministrazione prolungata di fattori di crescita? E' possibile che essi producano una deplezione tardiva del compartimento staminale e quindi citopenie persistenti. Oltre al possibile danno sul compartimento staminale, deve essere considerata la possibilità che una eccessiva produzione ed attivazione di cellule mature, se protratta, causi danni all'organismo. Al momento nulla è noto nell'uomo a questo riguardo ma vi sono dati su topi transgenici i cui macrofagi producono costitutivamente GM-CSF. Questi animali muoiono precocemente per una "wasting syndrome" dovuta ad eccessiva stimolazione macrofagica, con cecità, necrosi intestinale, comparsa di noduli addominali.

2) I fattori di crescita mielopoietici influenzano la crescita neoplastica?

A differenza di quanto creduto fino a poco tempo fa, l'azione dei fattori di crescita non è limitata alle cellule mielopoietiche. Le cellule endoteliali umane hanno recettori per i G-CSF e GM-CSF e la loro proliferazione e migrazione in vitro è stimolata da queste molecole (55). E' possibile che, in seguito a somministrazione in vivo sia favorita la neovascolarizzazione del tumore primitivo e delle metastasi. Sia GM-CSF che IL-3 possono stimolare in vitro la proliferazione di cellule linfoidi normali e neoplastiche (43-75-80). Da ultimo recentemente è stato riportato che la proliferazione di linee continue umane di microcitoma polmonare e di carcinoma del colon può essere stimolata da fattori di crescita (48-50-74). Anche se non sappiamo quali effetti biologici derivino dall'interazione dei fattori di crescita con questi recettori. Al momento non vi sono evidenze chiare che la somministrazione di fattori di crescita stimoli la progressione neoplastica ed anzi primi risultati di studi controllati sembrano indicarne la relativa innocuità sotto questo aspetto. Da recente anche l'IL-2 entrata a far parte dell'armamentario terapeutico a disposizione dei clinici. Numerosi studi, sia nel modello animale che nell'uomo, si sono proposti di valutare le potenzialità terapeutiche dell'IL-2.

Rosemberg (103-104) ha utlizzato altissime dosi di IL-2 associate all'infusione di cellule LAK(limphokine activated-killer cells) ottenendo una buona risposta antitumorale in circa il 20% dei pazienti. I tumori che hanno dimostrato maggior responsività a tale trattamento erano i melanomi,i CA renali ed i linfomi resistenti alla chemioterapia. Tale terapia si associa tuttavia ad un'alta tossicità direttamente proporzionale alla dose impiegata di IL-2 e reversibile alla sospensione del trattamento. A questa prima esperienza sono seguiti e sono tuttora in corso numerosissimi studi che utilizzano differenti regimi terapeutici di IL-2(la cui efficacia antitumorale sembra tuttavia direttamente proporzionale alla dose impiegata) e varie combinazioni di IL-2, cellule LAK, chemioterapici, altre interleuchine ed anticorpi monoclonali (da 81 a 97). Altre potenzialità terapeutiche dell'IL-2 riguardono il campo delle patologie autoimmuni, delle immunodeficienze e dei processi infettivi. L'IL-2 esalta la produzione anticorpale stimolando i linfociti T-helper e anche, più direttamente, i B linfociti. La somministrazione di IL-2 nei pazienti affetti da AIDS attiva la proliferazione dei linfociti T-helper, aumentando di conseguenza il pool di cellule bersaglio dell'HIV, e non può prescindere pertanto dalla terapia propriamente anti-retrovirale (98).

Recenti studi sembrano conferire all'IL-2 un ruolo interessante nella prevenzione di situazioni di immunodeficenza transitoria conseguenti ad anestesia, chirurgia, chemioterapia antiblastica, ad alto rischio di infezioni, sia opportunistiche che non.

Altre prospettive di impiego dell'IL-2 riguardono il potenziamento di vaccini scarsamente immunogeni. Il ruolo dell'IL-2 nelle patologie autoimmuni rappresenta un altro campo di ricerca che sembra aprire nuovi orizzonti terapeutici.

La risposta immunitaria dell'organismo, protettiva nei confronti di microorganismi patogeni, diviene autodistruttiva nelle patologie autoimmuni e nei trapianti d'organo, situazioni che richiedono trattamenti immunosoppressivi. L'IL-2 rappresenta certamente uno dei fattori responsabili della rottura dell'autotolleranza (101). Sono in studio trattamenti per bloccare l'IL-2 e di conseguenza la risposta autoimmunitaria (99-100). Numerosi studi infine sembrano avvalorare l'opportunità di utilizzare la titolazione del recettore solubile dell'IL-2 (nel siero) quale marker prognostico nelle malattie autoimmuni, nei trapianti d'organo, nei processi infettivi e in alcuni processi neoplastici quali la leucemia dell'adulto a cellule T associata all'HTLV-I,. la leucemia a cellule capellute e i linfomi non-Hodgkin (102).

Infine vale la pena ricordare che da alcuni anni sono in uso gli Interferoni sia alfa che beta. Alla luce dei risultati conseguiti fino ad ora si può sicuramente affermare che essi rappresentino in alcune patologie la vera terapia d'elezione. In campo oncologico si ricordano i magnifici risultati ottenuti nell' hairy cell leukemia(rara e pericolosissima forma di leucemia detta a cellule capellute per il caratteristico aspetto delle cellule leucemiche), ed apprezabili risultati vengono descritti anche in linfomi refrattari alle terapie tradizionali, nei CA renali( in cui molto spesso ne costituisce la terapia elettiva), melanoma, CA del polmone non a piccole cellule, sarcomi, CA del colon/retto in associazione al 5-FU e ac.folinico ad alte dosi, micosi fungoide, e nei tumori ormono-dipendenti in associazione alle terapie endocrinologiche. In campo infettivologico vale la pena ricordare l'interferone come il farmaco d'elezione nella terapia delle epatiti virali croniche attive sia B che C, terapia che ne assicura in una significativa percentuale di casi (20-25%) la guarigione completa.

 

 

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Aggiornato il: 22 agosto 1999