LE MONETE ED I VASI DI CALES

Presso i più rinomati musei d'Italia, specialmente presso il Museo Campano di Capua (CE), Museo Nazionale di Napoli, Museo Etrusco di tarquinia, Museo Provinciale di Lecce, si conservano molti oggetti rinvenuti nella zona calenza.

Numerose sono le monete e numerosissimi i vasi.

LE MONETE

Per le monete, occorre precisare che i caleni ebbero anch'essi in un primo momento una "aes rude" cioè pezzi di metallo variabili in ragione del peso. Più tardi ebbero l' "aes signatum" cioè pezzi di rame o di bronzo segnati con simboli.

 

Poichè ai popoli conquistati dai romani non veniva concesso il diritto di libertà e di autonomia, nè di conseguenza la facoltà di coniare monete, dobbiamo convenire che le monete rinvenute nel territorio caleno con la leggenda "Caleno" sono anteriori alla conquista e persino alla fondazione di Roma. Numerose sono le monete col nome "Caleno", in esse si nota da un lato un gallo con una stella e dall'altro una testa di donna (forse una Dea); altre monete riproducono un bue barbuto su cui aleggia la "Vittoria" che ha in mano una corona, mentre dall'altro lato si nota una biga che ha per auriga la stessa Vittoria.

La figura del bue simboleggia la fertilità dei campi e l'abbondanza dei frutti che offriva il suolo caleno. Il bue non veniva solamente impresso sulle monete, ma scolpito anche sui marmi, nel tufo, su colonne, su architravi, per ornare case, edifici e templi. La biga rappresenta poi la tendenza dei caleni alle armi, onde si deduce che essi furono abili nell'arte della guerra.

La testimonianza dell'esistenza di queste monete (e di Cales stessa) ci viene fornita dal Guernacci, che, nell'opera "Origini Italiche", parla d'una moneta calena "... che ha la testa laureata e dietro di essa vi è un fiore, come giglio, e la sua chiara leggenda CALENO".

I VASI

Delle fogge di decorazione che i ceramisti del mondo antico adoperarono per abbellire i loro vasi, vi era quella pittorica con colori e quella plastica col rilievo o con l'incisione; la prima viene quasi del tutto a cessare nel secolo III° a.C..

Anche una ragione economica poteva consigliare l'uso della tecnica dei vasi a rilievo o con stampi essendo questa decorazione, con forma più rigide, meno costosa di quella fatta a mano dal pittore.

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Tra i luoghi d'Italia nei quali è possibile identificare o supporre fabbriche sorte in quel tempo e con questo indirizzo, uno dei più chiaramente documentati è quello dell'antica Cales, grazie alle segnature di alcuni suoi vasai che sogliono scrivere sui fittili di loro fabbricazione nome proprio e patria:

L. Canoleios L.f. fecit Calenos (Corp.Iscr. Lat. I° 406 segg. X,8054)

C. Gabinio L.f.T. n. Caleno.

Retus Gabinio C.s. Calenus fecit.

I vasi che essi segnano sono di argilla giallognola o grigia, ben cotta, coperta per lo più di vernice nera lucente, talora brunofulva.

Il patrimonio delle forme non è ricchissimo: coppe e bacinelle a calotta sferica senza anse, con piccolo piede e con labbro talora rovesciato, più raramente con due anse sottili che le fanno simili alle Kylikes greche; bacinelle simili alquanto più profonde, senza piede e senza labbro ripiegato, con una parte emisferica che sorge nell'interno della coppa, fiale umbilicate e finalmente una foggia di vasetto che appare soltanto italica: il cosiddetto guttus con piccolo piede, corpo discoidale chiuso, beccuccio alto e stretto quasi perpendicolare al disco, ansa laterale ad anello.

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GUTTUS

L'uso di questo vaso non è chiaro; forse serviva anche da lucerna. La decorazione consiste in un medaglione rilevato sul fondo delle bacinelle, o sul disco superiore chiuso dai gutti, medaglione che contiene teste, busti di intere figure, gruppi per lo più di soggetto mitologico greco, talora soggetti di genere o riproduzioni di scene reali, come combattimenti di gladiatori.

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Nelle fiale umbilicate sono invece riprodotti a rilievo quattro soggetti nell'interno del vaso intorno all'omphlos, per lo più quattro bighe o quattro quadriche calene. Possono aver trovato un facile smercio nella vicina Capua ricca e popolosa.

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