NOTE STORICHE:
- L'Elettroforo di Volta. La necessità di produrre quantità di carica
elettrica più cospicue di quelle prodotte per strofinio o per induzione,
allo scopo di far detonare nell'eudiometro alcune mescolanze gassose
mediante una scintilla elettrica, spinsero Alessandro Volta ad
intraprendere, nel 1770, degli studi in tale direzione. Tali studi
culminarono, nel 1774, con l'invenzione dell'elettroforo, che rappresenta
la prima e più semplice macchina elettrica ad induzione.
Detto strumento si componeva, nella sua prima realizzazione, di un piatto
di legno sul quale veniva colata una sostanza resinosa, ad un miscuglio di
colofonia (è il residuo della distillazione delle trementine) cera e
trementina, che solidificata diventava un'ottima superficie isolante piana
e ben liscia. Tale componente era detto stiacciata (schiacciata). Al di
sopra, vi si collocava poi un disco detto scudo, generalmente di legno
ricoperto di stagnola e sostenuto da un manico isolante, ad es. di vetro
verde e paraffinato.
Per produrre della carica elettrica con tale apparato si procedeva nel
seguente modo: inizialmente si dissecavano la stiacciata e lo scudo
mediante riscaldamento, quindi si strofinava la resina con una pelle di
gatto: allora la stiacciata si elettrizzava negativamente; si appoggiava
poi lo scudo sulla stiacciata, che essendo un isolante conservava
praticamente invariata la sua carica. In tal modo lo scudo si caricava per
induzione accumulando sulla faccia inferiore delle cariche positive,
mentre su quella superiore delle cariche negative. Toccando poi con il
dito la faccia superiore dello scudo, le cariche negative venivano
disperse a terra, mentre lo scudo restava elettrizzato positivamente.
Infatti, sollevando lo scudo per il manico isolante e allontanandolo dalla
stiacciata se vi si avvicinava una mano si poteva osservare scoccare una
viva scintilla dovuta alla ricomposizione della carica positiva dello
scudo con la carica negativa della mano.
Successivamente Ducretet, costruttore di strumenti a Parigi, modificò
l'elettroforo sostituendo al piatto di legno ricoperto di resine un disco
di caucciù, avente lo spessore di 4 mm, che poggiava su un disco di zinco
dello stesso diametro comunicante con la terra mediante un filo di rame.
Con l'apparato così modificato si potevano ottenere scintille più potenti. |