IPERTESTI
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I Romani |
Le leve |
Storia di Osimo |
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In
viaggio insieme a.s.2001-2002 |
Rifiutare
meglio |
la domus
Alessio maiani |
LE LEZIONI IN CASA DEL MAESTRO
Alex Bussolotti e Giovanni Paladini.
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La donna romana era
completamente sottomessa al pater familias e la sua esistenza si
svolgeva in funzione della famiglia e del matrimonio. Infatti la vita di
una donna si può desumere da un’epigrafe su cui è scritto: “Fu casta,
si occupò della casa, filò la lana”. Il padre sceglieva per lei, sin
da bambina, il marito che avrebbe sposato quando era ancora molto giovane,
diventando sottomessa al nuovo capofamiglia, che poteva essere il marito,
o addirittura il suocero se era in vita. La sua dote veniva amministrata
dal marito ed entrava a far parte del patrimonio di quest’ultimo. In
genere alle vedove venivano assegnati dei tutori, che gestivano i loro
beni. Nella storia romana più tarda la donna poteva amministrare la sua
parte d’eredità, poteva disporre della dote e del patrimonio del marito
secondo come previsto nel testamento.
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I Romani erano forti guerrieri perché avevano un duro addestramento. Il soldato romano era vestito con un’armatura composta da un elmo di ferro con guarnizioni di bronzo: il busto, che proteggeva il corpo, era costituito da una serie di placche di ferro (lorica), tenuta insieme da un’intelaiatura di pelle. In vita portava una cintura (cingulum), coperta di placche metalliche, da cui pendeva una serie di strisce di cuoio ricoperte di dischi, metallici anch’essi. Nel busto era attaccato un fodero dove era tenuta la spada (gladius) di bronzo con l’impugnatura d’osso. Nella mano sinistra aveva un grande scudo di legno rivestito di cuoio che era rivolto sempre verso il nemico, mentre nell’altra mano portava un giavellotto (pilum) con punta di ferro e asta molto lunga di legno. Indossava sandali (caliga) con dei lunghi lacci attorcigliati lungo le gambe e che avevano dei chiodi di ferro sotto le suole. I soldati a cavallo si spostavano più rapidamente sul campo di battaglia, combattendo con asce di ferro con l’asta di legno, picche (pungiglioni fatti tutti di ferro), lance costituite da aste di legno lunghe più di due metri con punte di ferro, spade a doppio filo; in generale le armi della cavalleria erano più lunghe di quelle utilizzate dai soldati a piedi. I Romani avevano anche costruito macchine potenti per conquistare nuovi territori che si adoperarono fino alla scoperta della polvere da sparo. Tra le più importanti ricordiamo:
Per difendersi dagli attacchi avversari, invece, l’esercito a piedi formava delle corazze di scudi (la cosiddetta “testuggine”), cioè si circondava di grandi scudi diventando pressoché impenetrabile.
Marco Bernabei
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Già dalla metà del III secolo a.C. i Romani avevano appreso dai Greci l'uso di allestire una stanza da bagno nella loro casa di città o nella loro villa di campagna. Ma questo lusso era permesso solo ai ricchi, i quali solevano lavarsi tutte le mattine le braccia e le gambe, mentre il resto del corpo una volta ogni nundina (giorno di mercato). Questi lavacri si facevano in casa, talora in appositi locali che si chiamavano latrinae, che erano vicini alla cucina in modo da portarvi acqua calda. Durante il II secolo a.C. i bagni pubblici, distinti naturalmente per gli uomini e le donne, apparvero in Roma. Per chi non poteva sistemare nella propria casa gli ambienti adatti, sorgevano stabilimenti pubblici, molto semplici all'inizio. Vi erano diversi tipi di stabilimenti: 1) I bagni privati, i quali, come si vede a Pompei, non sono che case particolari con una o più stanze per il bagno. Erano frequentati da una clientela ristretta che voleva evitare il frastuono e la curiosità pettegola degli stabilimenti maggiori. 2) I bagni pubblici gestiti da un privato. 3) Le terme pubbliche, un'istituzione civica donata dai più ricchi, che permetteva anche ai più poveri di bagnarsi con comodità e a poco prezzo. L'edificio, un dono fatto alla comunità da ricchi privati o da imperatori, era dato in appalto ad un impresario (conductor), il quale aveva diritto di esigere dai frequentatori una piccola tassa di ingresso che solitamente era di un quadrante. Vecchi e bambini godevano dell'entrata gratuita. Le terme non erano solo un insieme di bagni, ma anche un luogo dove c'erano botteghe, portici, giardini, stadi, palestre, saloni da riposo, stanze per i massaggi e perfino biblioteche, musei e sale per conferenze, il tutto con profusione di statue, mosaici e colonne di marmo e granito. Al centro si levavano gli edifici delle terme propriamente dette, dove gli acquedotti immettevano immense quantità d'acqua che riempivano poi le vasche. Il gigantesco complesso era affiancato da palestre, che a loro volta erano collegate con le scholae, dove i bagnanti, già svestiti, potevano dedicarsi agli esercizi preferiti. Tutto l'edificio era circondato da una spianata, dove si potevano trovare fontane e portici; dietro a questi c'erano le sale da ginnastica e le biblioteche, dove spesso si tenevano delle esposizioni. La tecnica fondamentale di riscaldamento degli ambienti, già sperimentata nel mondo romano dal I secolo a.C., era basata sul principio di far circolare dell'aria calda sotto i pavimenti ed in inter-capedini ricavate nelle pareti. I pavimenti venivano raddoppiati sollevando il piano di calpestio, in modo da formare tunnel e cunicoli sotterranei che fungevano da tiraggio per i fumi surriscaldati da un apposito forno alimentato a legna. L'acqua non arrivava direttamente all'edificio balneare, ma veniva raccolta in apposite cisterne destinate ad immagazzinare quantità enormi d'acqua. Da qui l'acqua veniva portata tramite condotti di terracotta o piombo direttamente alle vasche del frigidario e della piscina natatoria, mentre l'acqua che doveva essere scaldata era portata al forno. Quest’ultimo era alimentato a legna, preferibilmente di abete, che produceva poco fumo sporcando e annerendo meno gli ambienti. Le ceneri, opportunamente setacciate, venivano impiegate nelle lavanderie come detersivo.
Le terme aprivano a
mezzogiorno, l'ora di accensione dei forni; l'entrata e l'uscita del
pubblico erano regolate diversamente secondo i tempi e i luoghi, ma sempre
una campanella dava il segno dell'apertura e della chiusura. Nelle terme
in cui mancava lo scompartimento per i bagni femminili, le donne venivan Giornata tipo alle terme Dopo essersi svestito, il bagnante entrava in un piccolo ambiente molto riscaldato, dove “boccheggiava” immerso in un vapore caldissimo, in modo che i pori della pelle fossero ben aperti e il calore diffuso uniformemente sotto l'epidermide. Per richiamare il calore sulla superficie del corpo si poteva procedere in diversi modi: alcuni si limitavano a fare un prolungato esercizio nella palestra (lotta, manubri), seguito da massaggi e numerosi giochi con la palla: i Romani amavano giocare nella spianata a un gioco chiamato palla a tre (trigon) o alla pallavolo; c'erano poi altri sport, come l'harpastum, nel quale la palla era riempita di sabbia, piume o aria; gli esercizi di questo tipo precedevano il bagno. L'acqua dei bagni era limpidissima. Finita l’immersione, entravano in scena il massaggiatore (unctor) con oli e unguenti profumati, il depilatore (alipilus) e il parrucchiere (tonsor); alcuni di essi erano schiavi che i ricchi signori conducevano con sé quando andavano alle terme, altri facevano parte del personale addetto agli stabilimenti balneari.
Le terme e le donne Le donne, quando alle terme non esisteva ancora una sezione a loro riservata, avevano normalmente un turno di frequenza distinto da quello degli uomini; solitamente era al mattino, dall'ora quinta all'ora settima, cioè tra le 10 e le 13, prima dell'apertura vera e propria. Come è presumibile, però, la separazione dei sessi non era sempre rispettata rigidamente. La fine delle terme La triste fine dei grandi bagni pubblici sopravvenne nel VI secolo quando, già praticamente caduta in disuso la pratica del bagno quotidiano, nel 537 i Goti che assediavano Roma tagliarono gli acquedotti che rifornivano la città. L'interruzione dell'approvvigionamento idrico causò la cessazione di ogni attività e il definitivo abbandono dei grandi edifici termali. Non più utilizzati essi rimasero deserti, privi di manutenzione e di sorveglianza, utilizzati per gli scopi più disparati e impropri, fino a raggiungere il culmine quando cominciarono ad esservi impiantati dei veri e propri cimiteri (come avvenne per le terme di Caracalla). Per fortuna, però, la riutilizzazione più comune fu, con il passare del tempo, quella connessa con i centri d'accoglienza e ricovero per pellegrini, ammalati e viandanti. Per il resto vi furono impiantati orti e vigne qua e là, spesso anche cave di marmo per ricavarne poi calce. A partire dal XII secolo si hanno notizie e documenti di concessioni di scavo, date dalle autorità a coloro che si erano venuti a trovare in possesso di terreni sui quali si ergevano imponenti ruderi delle terme, per il recupero e la vendita di materiali edilizi. Nel XV secolo cominciano a essere documentati e sempre più numerosi i ritrovamenti di opere d'arte, soprattutto sculture. Poi, con il Rinascimento, si risveglia l'interesse antiquario per gli stessi monumenti; in particolare da parte di quei grandi architetti che, proponendosi di ripristinare la Roma dei Cesari, fecero delle antiche terme l'oggetto preferito dei loro studi, delle loro ricerche e delle loro meditazioni. Le terme servirono così al rinnovamento della grande architettura sacra e, in particolare, alla creazione di un nuovo tipo di basilica cristiana, che ebbe tra i suoi primi ed importanti modelli proprio le immense aule termali.
Ricerca eseguita da: Foresi Gabriele Cappella Gianmario Tamberi Gianmarco |
L’abbigliamento era piuttosto semplice: l’abito comunemente usato era la
TOGA, un ampio mantello di lana bianca che si avvolgeva attorno al corpo
in modo da lasciar libero il braccio destro, e che era posto al di sopra
della TUNICA, una specie di corto camice per lo più senza maniche e
stretto alla vita da una cintura. Il cibo I
Romani mangiavano tre volte al giorno: al mattino facevano un PRIMA
COLAZIONE a base di pane, uova e frutta secca; verso mezzogiorno una
SECONDA COLAZIONE non molto consistente (prandium), costituita di cibi
freddi e di avanzi del giorno precedente; alla sera, infine, aveva luogo
la CENA, che nelle case dei ricchi, specie dopo i primi contatti con il
mondo greco e con l’oriente, divenne particolarmente elaborata. Manuale di cucina
Sulla cucina dei Romani la principale fonte è il DE RE COQUINARIA di MARCO
GAVIO APICIO, nato intorno al 2° secolo a.C.
Una ricetta: il TYROPSATINAM
Letizia Frontini, |