Riflessioni di un osservatore dei diritti umani in occasione del Newroz 2001 in Turchia.
Bisogna essere come bimbi per entrare nel Regno dei Cieli profetò il più grande "Sognatore" che la
storia dell'umanità abbia mai avuto, circa duemila anni fa-
Credo che sia nello sguardo dei bambini, in quelli abbandonati o lasciati in balia di se stessi, che
capiamo cosa sgnifichi esplodere di Amore non amato, dilaniarsi di silenzio di fronte a tanta ingiustizia.
Perchè sono questi i sentimenti che ti assalgono, che ti avvolgono come un'ovatta soffocante che non ti
permette nemmeno di piangere, quando entri a Diyarbakir.
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A
mille Chilometri dalla caotica e frenetica Instambul, una città che il periodico canto del
muezzin dall'alto del minareto ti ricorda di essere in Turchia, e non in una metropoli europea,
troviamo, agli antipodi geografici, ma anche culturali del paese, Diyarbakir, la capitale virtuale
del Kurdistan.
Eretta in prossimità del fiume Tigri, con soli duecentomila abitanti a fronte dei tredici milioni
e mezzo di quelli di Instambul, Diyarbakir è un altro mondo.
Le strade coronate di negozi colorati e di gente affacendata a fare shopping cedono il posto a
botteghe a conduzione più o meno familiare e a militari che con il loro giocattolino di morte si
ergono minacciosi agli incroci, con la postura e lo sguardo rivolto verso el abitazioni civili.
Si calcola che a Diyarbakir ci sia un militare o un poliziotto ogni dieci abitanti. E tutto questo
perchè?
Perchè "ufficialmente" l'etnia curda non esiste e si uole evitare in ogni modo che quanto
affermato "ufficialmnete dalla Costituzione turca e dall'attività repressiva del governo e dei
tribunali speciali non sia smentito. Anche a costo della morte.
E la morte presente a Diyarbakir non è solo quella rappresentata dalle mimetiche verdi
dell'esercito o dagli arresti a danno degli attivisti dei diritti umani (che continuano ad
avvenire peraltro sistematicamente in tutta la Turchia), o ancora dagli abusi perpetrati dagli
abusi sulla popolazione curda. La morte qui si diverte ad assumere contorni più striscianti, la
morte qui si nutre di sogni, ingoiando il futuro di tanti bimbi che vivono per strada.
Dietro chioschetti che ti offrono Kebap incartati in giornali impiastriccati d'inchiostro,
davanti a negozi, su camion della spazzatura o tra i rifiuti, in mezzo a torrenti, puoi scrutare
gli occhi di tanti piccoli angeli privi di ali. E' impossibile non sentirsi corresponsabili con
il proprio silenzio della tragedia di tutti questi bimbi.
I più fortunati vanno a scuola, se di fortuna può parlarsi,visto che ai bimbi curdi è imposto
l'insegnamente in lingua turca. E se alcuni insegnanti si permetto di stampare un volantino per
un'iniziativa culturale aggiungendo la traduzione del testo in lingua "curda" accanto
all'"ufficiale" turco, ecco che vengono trasferiti d'uficio a centinaia e centinaia di chilometri
di distanza. Quest'anno sono già diciassette gli insegnanti a cui è toccata questa sorte.
Alcuni dicono che è interessse delle stesse autorità governative defraudare i bimbi del loro
futuro, perchè in tal modo si indebolisce la nazione curda dall'interno e perchè, all'indomani,
uomini senza speranza abbandoneranno la loro terra natia in cerca di fortuna o, al limite,
saranno più inclini a collaborare con quelli che concederanno loro, per carità, quanto invece
sarebbe dovuto per giustizia.
Ma, nonostante questo, il popolo curdo è un popolo che vuole vivere e che è vivo, un popolo caldo
e accogliente che è pronto a fare deflagrare il proprio essere ed il proprio desiderio di gridare
al mondo: "Noi ci siamo!", il 21 marzo, in occasione del NEWROZ, il loro capodanno, da
generazioni simbolo di libertà e liberazione.
A dispetto del tentato genocidio culturale dei curdi e della cerazione di aree ad hoc dove
"concedere" loro di riunirsi e di gioire (novelli ghetti, dove non sono ammesse telecamere, a
meno che non si sia giornalisti autorizzati), a dispetto degli innumerevoli arresti di
organizzatori e di altre azioni volte a a boicottare la preparazione del NEWROZ, a dispetto di
tutto ciò, al capodanno curdo sono accorse più di 500.000 persone!
Io credo che l'appelo accorato di un popolo che ha il desiderio della pace e che vuole essere
riconosciuto per quello che è, non possa rimanere inascoltato se si vuole realmente agire per un
effettivo processo di pacificazione nella regione. Solo l'ingenuità rende i bimbi inconsapevoli
ed incolpevoli marionette di questi giochi di potere. Speriamo che almeno loro, un giorno,
riacquistino quelle ali tagliate e portate via dai "grandi" e che non rivedano mai più il volto
della guerra, ma che possano arrivare a sorridere dello sguardo della Pace.
Forse così, quando arriverà quel giorno, non proveremo più vergogna di incrociare i nostri occhi
con i loro per le strade di Diyarbakir.
Roberto di Donatantonio
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