Ora ecco
il pavimento è terso e le mani di tutti e i calici. C'è chi circonda il capo
di ritorte ghirlande, e c'è chi porge in una tazza l'essenza profumata. Il
cratere è lì, ripieno di allegria, e c'è pronto altro vino nei vasi, che dice
che mai verrà meno, dolce come il miele, odorante di fiori; nel mezzo l'incenso
emana il suo sacro effluvio; c'è acqua fresca e dolce e limpida; qui accanto
sono i biondi pani e la tavola sontuosa oppressa dal peso del cacio e del biondo
miele; nel mezzo l'altare è tutto quanto coperto di fiori e tutta la casa
risuona del canto e del tripudio. Bisogna anzi tutto, da uomini dabbene, levare
canti di lode a Dio con racconti pii e con parole pure. Ma
una volta che si è libato e implorato di poter operare secondo giustizia (perché
questa è invero la prima cosa), non è eccesso peccaminoso bere fino a tanto
che chi non è troppo vecchio possa giungere a casa senza la guida del servo.
E' da lodare quell'uomo che, dopo aver bevuto, rivela cose belle, così come la
memoria e l'aspirazione alla virtù glielo suggeriscono. Non narrare le lotte
dei Titani o dei Giganti o, ancora, dei Centauri, parti della fantasia dei
primitivi, oppure le violente lotte di partito, che son cose che non hanno
pregio di sorta, ma bensì rispettare e onorare gli dei, questo è bene.