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ANTIMATERIA

 

 
 

 

La fisica classica definiva materia tutto ciò che possedeva una massa, allo stato solido, liquido o gassoso. Oggi, invece, la materia viene concepita come formata da atomi e particelle subatomiche elementari. Queste, secondo la fisica moderna, possiedono il duplice carattere di corpi solidi e di onde. 

 

Il concetto di antimateria risale all'incirca al 1930 e alla famosa previsione di Dirac, che aveva lottato per riuscire a unificare la  nuova meccanica quantistica con la teoria della relatività speciale di Einstein. Dirac voleva sapere in che modo si comporta una particella quantistica come l'elettrone quando si muove a una velocità prossima a quella della luce.
Egli ricavò un' equazione che sembrava rispondere ai requisiti richiesti, ma rimase sconcertato dal fatto che ogni soluzione dell'equazione che descriveva un elettrone era accoppiata con una specie di soluzione speculare che non sembrava corrispondere ad alcuna particella conosciuta.

 

Dopo aver molto riflettuto, Dirac formulò una coraggiosa ipotesi. Le soluzioni « speculari », sostenne, corrispondono a particelle identiche agli elettroni, ma con proprietà invertite. Per esempio invece di avere carica negativa, le particelle speculari avrebbero dovuto essere cariche positivamente. Nel giro di un paio d'anni, i « positroni » di Dirac vennero effettivamente scoperti negli sciami di raggi cosmici. Esistono realmente.

I fisici si resero finalmente conto che in natura a qualunque tipo di particella subatomica corrisponde un'antiparticella. Oltre agli antielettroni (chiamati anche positroni) ci sono gli antiprotoni, gli antineutroni e cosi via.

 

Per quanto ad oggi ci è dato sapere, quindi ad ogni particella corrisponde la sua antiparticella, di stessa massa ma carica opposta. Di conseguenza, all'elettrone corrisponde il positrone, al protone l'antiprotone e così via.
Quindi trovate le antiparticelle trovata l'antimateria? No. Semplicemente per il fatto che la presenza di antiparticelle non implica l'esistenza dell'antimateria. Affinchè questa esista è necessario che le antiparticelle si leghino insieme, così come avviene tra protoni e neutroni che insieme formano i nuclei degli elementi chimici: che insomma si formi un antiatomo.
In laboratorio, sino ad oggi, sono stati sintetizzati alcuni nuclei di antideuterio e di antielio.

Un tempo, quando aveva appena un miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di secondo di vita, l'universo brulicava di particelle e anti-particelle, di elettroni e anti-elettroni, protoni e anti-protoni.  La situazione era altamente instabile.  Già perché le particelle di materia e le particelle di anti-materia non si tollerano a vicenda.  E, appena si incontrano, si annientano a vicenda, liberando una quantità inusitata di energia sotto forma di fotoni.

Materia e antimateria non possono però convivere, quando si incontrano producono un reciproco annichilimento trasformandosi in energia pari alla somma delle loro masse, per l'equivalenza di massa e energia espressa nella formula di Einstein E=mc2.

E così fecero, in molto men che non si dica, quelle particelle primordiali.  Solo che, per una lieve increspatura nella simmetria delle leggi fisiche, ogni miliardo di particelle di materia e di anti-materia che si annichilirono a vicenda, ne sopravvisse una, spaiata, di materia.  E così da quella cosmica ecatombe, emerse il nostro universo.  Fatto di un mare di fotoni in cui nuotano le rare particelle di materia sopravvissute.

Prima dell'ecatombe la temperatura cosmica era enorme.  Troppo grande per consentire la formazione di atomi di anti-materia.  Gli anti-elettroni e gli anti-protoni, infatti, schizzavano via liberi di qua e di là nell'universo e non avevano possibilità di avvicinarsi gli uni agli altri.

Dopo l'ecatombe, l'energia del vuoto ha continuato a creare qui e là qualche anti-particella.  Ma a nessuna, probabilmente, o a pochissime è stata data la possibilità di formare un anti-atomo. Così quando i fisici lo hanno creato per la prima volta in laboratorio, l'anti-atomo di anti-idrogeno rappresentò un evento unico nella storia cosmica. O, almeno, un evento molto, molto raro.

Negli anni '90, grazie agli acceleratori del Cern e del Fermlab, i fisici hanno imparato non solo a «creare» anti-atomi, ma anche a radunarli insieme in discrete quantità.  Finora, però, nessuno era riuscito a «raffreddarli» abbastanza da poterne radunare centinaia di migliaia.  Nessuno finora (forse neppure la natura) era mai riuscito a creare una piccola nube di anti-materia.  L'impresa è stata finalmente realizzata nelle scorse settimane dal gruppo di Gemma Testera, che ne dà conto oggi con un articolo sulla rivista scientifica inglese Nature.

La novità non è da poco.  Perché quando questa inedita capacità produttiva sarà diventata una pratica standard, i fisici potranno confinare la nube in una contenitore magnetico ed impedirle di annichilirsi nel fatale abbraccio con la materia.  Prigioniera nella gabbia immateriale, la nube potrà essere studiata a fondo.  Due, in particolare, sono le domande che i fisici sperimentali le rivolgeranno.  L'anti-materia reagisce allo stesso modo della materia quando incontra un fotone?  E come si comporta quando è soggetta a un campo gravitazionale?

Dalle risposta che i fisici otterranno sapremo se il nostro universo di materia cosmica è unico e irripetibile, o è solo una delle due copie di universo possibili emersa per caso alla lotteria cosmica.