Vi ricordate la primavera scorsa quando con
squilli di tromba e rullii di tamburi veniva annunciata la scoperta
dei “modi B” primordiali risalenti al Big Bang.
Cosa sono i nodi B? Non ve lo ricordate?
Allora faccio un passo indietro.
Secondo la relatività generale di Einstein un evento così violento
(Big Bang) avrebbe generato delle spaventose onde gravitazionali,
disturbi dello spazio tempo che si propagano nello spazio come onde.
Ma siccome non siamo stati in grado di rilevarle direttamente si è
cercato di trovarle proprio sulla radiazione cosmica di fondo.
Si è cercato in definitiva di scoprire come le onde gravitazionali
abbiano influenzato la polarizzazione della luce, cioè la direzione
in cui si propaga in un campo elettrico.
I
raggi di luce polarizzati normalmente sotto gli effetti di onde
gravitazionali tendono a disporsi a vortice in “modo B“.
Gli scienziati hanno quindi dedotto come le polarizzazioni
dell’intera radiazione elettromagnetica primordiale si sarebbero
disposte.
Quello che rimaneva da fare era osservare di nuovo il fondo cosmico
con un telescopio talmente forte che mostrasse anche le
polarizzazione della luce.
Questo è stato fatto dai ricercatori di Bicep2 (Background Imaging
of Cosmic Extragalactic Polarization), con un telescopio sensibile
alle microonde installato in Antartide, rilevando quello che viene
chiamata “polarizzazione primordiale B“.
Qual’è la novità!
Non c’è ancora alcuna prova certa dei “modi B”.
Dopo quasi un anno dall’annuncio che il 17 marzo scorso suscitò, in
tutto il mondo, un clamore paragonabile a quello della scoperta del
bosone di Higgs, arriva così il momento della delusione.
A sancire ufficialmente la fine del sogno, un inedito lavoro “a quattro mani” dei due team una volta rivali: quello appunto di BICEP2 da una parte, e la poderosa squadra di scienziati del telescopio spaziale Planck dell’ESA dall’altra.
Cosa
è successo?
In realtà i primi dubbi erano già avvenuti da qualche tempo dalle
mappe prodotte dal consorzio di Planck dell’emissione polarizzata
della polvere a elevate latitudini con possibili contaminazioni da
parte dei cosiddetti foregrounds. E così è stato.
Il telescopio antartico BICEP2 non avrebbe registrato nient’altro
che le emissioni delle polveri cosmiche.
Come è possibile penserete? Come è possibile
che qualificati scienziati abbiano preso una simile cantonata?
Lo spiega il responsabile di BICEP2 della Harvard University: Quando
rilevammo per la prima volta il segnale ci affidammo ai modelli
d’emissione di polvere galattica disponibili all’epoca. Modelli che
sembravano indicare che la regione di cielo scelta per le
osservazioni presentasse un contributo in polarizzazione dalla
polvere assai inferiore al segnale da noi rilevato.
In altre parole, avendo osservato un’area ritenuta relativamente incontaminata dalla polvere, il team BICEP2 aveva interpretato il segnale come di probabile origine cosmologica.
Ma allora queste onde gravitazionali dovute
al Big Bang ci sono o non ci sono.
Gli stessi scienziati non chiudono alcuna porta sull’esistenza delle
onde gravitazionali generate al momento del Big Bang. Ciò non
invalida in alcun modo l’ipotesi dell’inflazione cosmica.
I team di Planck e BICEP2 hanno deciso di unire le forze, e la caccia al segnale che potrebbero aver lasciato le onde gravitazionali primordiali continua, a ritmo più serrato che mai.
A questo punto qualcuno di voi si starà
domandando cosa c’entra l’immagine in alto.
E’ l’immagine ottenuta tramite Planck della porzione di cielo
osservata da BICEP2. La scala cromatica rappresenta le emissioni
dalla polvere, mentre le linee indicano l’orientamento del campo
magnetico galattico, rilevato misurando la direzione della luce
polarizzata emessa dalla polvere.
L’area tratteggiata identifica una piccola regione di cielo
osservata da BICEP2 e dal Keck Array, due esperimenti situati al
Polo Sud, nella quale era stata ipotizzata una possibile presenza
dei “modi B” primordiali. L’intera immagine copre un’area di cielo
di 60° di lato.