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MARTE

 
 
   


Dopo Marte la sonda Phobos 2 iniziò a fotografare una delle lune marziane, quella dalla quale prese il nome. Mentre svolgeva questo compito interruppe misteriosamente le trasmissioni; era il 27.3.1989. La Tass scrisse: "Un oggetto sconosciuto si è avvicinato alla sonda prima che perdesse il contatto con il controllo a terra".
 

I misteri di Marte
Le foto di Phobos presentano un obelisco ed una piramide.
Una delle ultime foto inviate presentava, vicino all'equatore del pianeta, un'ombra allungata di forma ellittica di circa trenta chilometri e larga uno e mezzo.

L'ultima foto è stata mostrata nel 1991, dal colonnello dell'aeronautica Sovietica, Marina Popovitch, durante una conferenza a San Francisco. L'istantanea mostra un oggetto allungato simile ad un missile che va a schiantarsi contro la sonda. Non risulta chiara la provenienza dell'oggetto, ma resta il fatto che la sua forma è ben visibile ed ogni ipotesi diviene plausibile. La presenza di UFO intorno a Marte sembra accertata dalle foto scattate dalla stessa sonda che mostrano le ombre di oggetti volanti di notevole grandezza. Astronavi di grandi dimensioni come quella rilevata tempo fa davanti al nostro pianeta. Si dice anche che Marina Popovitch abbia rivelato la penultima foto; ne esisterebbe ancora una mai vista che ritrarrebbe "qualcosa che non doveva essere lì".

Fra 27.000 immagini sono apparsi, in seguito ad alcuni ingrandimenti di una zona che alcuni considerano l'antico letto di un oceano sconvolto da qualche antico cataclisma, strani condotti che si perdono nel sottosuolo del pianeta; una serie di grossi collettori rinforzati; ancora intatti, in ottime condizioni, tanto da far sospettare possano essere tuttora funzionanti. Non si tratta di dune di sabbia o di qualche fenomeno geologico; neanche di rocce rese lucide dalla forza erosiva del vento che assumono forme brillanti sul suolo marziano. L'apparente traslucida composizione di queste strutture è interamente estranea alla geologia e topografia del luogo. È fuori dubbio si tratti di qualche genere di costruzione.
Attaccate l'una all'altra, rotonde e lucenti al punto di giunzione dimostrano che si tratta di oggetti resistenti in contrapposizione a naturali formazioni geologiche. La lucentezza del materiale li rende simili a tubi di vetro. Corrono lungo una crepa dell'antico piano di un ipotetico oceano. Rinforzati a distanza regolare da archi cilindrici, ben evidenziati sul terreno, diversi dalla conformazione di questo, uguali fra loro e parte sostanziale della struttura.
La foto che evidenzia il particolare dei due tubi posti uno sopra all'altro fornisce, forse, la prova più evidente di qualcosa di altamente tecnologico, dato che risulta chiaramente visibile una banda intorno ad entrambe le strutture nel punto di giunzione per rinforzarne la connessione.
Osservando le foto possiamo vedere altre fenditure nel terreno dalle quali a tratti affiorano appena alcune strutture; fornendo l'idea di giganteschi collettori artificiali di un sistema probabilmente usato per attingere acqua dal sottosuolo.
La forma tubolare delle strutture e il fatto che siano state situate in un punto ben preciso suggerisce possa trattarsi di un sistema di trasporto.
I segni di erosione intorno alle strutture non sono prodotti dal vento ma dall'acqua, che può essere finita nei sotterranei marziani Gli esperti sono convinti che la fenditura non sia stata prodotta dall'erosione di un fiume, ma da una mole di acqua più consistente come quella di un mare.
Se il luogo è, per così dire, il bacino di un antico mare e se le strutture sono in eccellenti condizioni, allora è possibile che queste, originariamente, siano state erette in un antico mare poco profondo.
Da qui l'ipotesi di un sistema simile a quelli usati sul nostro pianeta per desalinizzare l'acqua di mare. La membrana, visibile tra gli archi, infatti può permettere l'accesso all'acqua ma non ai solidi, sali e altri residui in essa contenuti.
La messa in opera dei "tubi" in quel preciso luogo può essere stata scelta dai costruttori come la miglior locazione per l'accesso all'ultima acqua.

Il suolo è composto da rocce di granito poroso e fine sabbia, segno che un tempo nella zona vi era molta vegetazione e quindi acqua. Tutto questo avvalora la teoria che le strutture facciano parte di un gigantesco sistema di trasferimento dell'acqua.
Si nota inoltre che la grande fenditura è allineata con la più evidente anomalia. Sembra che le strutture possano aver indebolito il suolo dove erano poste contribuendo allo sprofondamento. Nella stessa area, a destra delle anomalie, esiste un grandissimo cratere formatosi in seguito all'impatto di una grossa meteora, che forse ha causato la progressiva scomparsa dell'oceano nel sottosuolo.

Qualcuno ipotizza possano anche essere i resti di qualche genere di radici giganti, quel che rimane di qualche verme o creatura marina sconosciuta, oppure la loro secrezione rimasta nella tana. Se così fosse, dato che resti organici non possono rimanere cosi a lungo in eccellenti condizioni, mostrando un tessuto duro, traslucido e di qualità, dovremmo ripartire da zero nello studio della vita e riconsiderare tutte le cose fin qui apprese. Quindi questi resti, un tempo subacquei o sotterranei, erano utilizzati come impianto per il trasporto di acqua, veicoli oppure persone. Inoltre, apparentemente, dalla sola osservazione delle foto e purtroppo non da un diretto rilevamento in loco, sembra che l'abbassamento non abbia danneggiato le strutture, esteriormente in buone condizioni, provviste di una robustezza e resistenza inconcepibile per noi. Può anche darsi che la lucidità sia la caratteristica del materiale consistente e durevole usato, a noi sconosciuto; ma tale lucentezza può indicare anche un genere d'illuminazione artificiale derivata da un processo tecnologico avanzato. Questo implica che l'impianto possa essere ancora funzionante e i costruttori in vita. Artefici sconosciuti perché siamo nell'impossibilità di stabilire quando sia avvenuta la messa in opera della costruzione.

Senza accorgersene stiamo parlando di vita intelligente e di acqua che può ancora esistere sotto il suolo di Marte.

Fantasie o cattiva speculazione, ma gli occhi osservano qualcosa che difficilmente si può spiegare in un modo diverso. A tale proposito dobbiamo puntualizzare che nel 1980 un membro della NASA rilevò in due foto una sorgente di acqua. Le immagini furono pubblicate in un libro e i dati furono accettati dalla NASA che, da allora, ha tenuto deliberatamente coperto il tutto.

Da questo punto di vista Marte continua a rivelare molti particolari sconcertanti:

        

     

  • un cilindro o un oggetto rotondo dentro un cratere;

  • due oggetti rettangolari uniti assieme come un martello,

  • una superficie che presenta una strana linea curva, simile alla parte anteriore di una conchiglia, che fa pensare al mascheramento dell'ingresso di ambienti sotterranei.

  • suggestive tracce lineari parallele nella "Nirgan Vallis" suggeriscono il trasporto di pesanti macchinari.

  • chiara, innegabile, la punta di un tetraedo, le cui effettive misure sono solo immaginabili visto che la sua base è protetta da milioni di anni dalla sabbia adagiata ai suoi lati. Potrebbe essere più grande della Grande Piramide di Giza.

  • in una delle tante foto si osserva un fascio di luce che fuoriesce da una collinetta, parte esterna e finale di un tunnel, in un'altra una potente sorgente luminosa, prove lampanti circa l'uso di moderne tecnologie.

  • ben riconoscibili le sedi di agglomerati urbani; la zona di Cydonia è la più famosa con le piramidi e la sua enigmatica faccia, altrettanto la "Città Inca" qui visibile anche in una immagine ravvicinata;

  • ma vi sono altre zone che mostrano reticolati tipici dell'urbanizzazione del territorio come la grande struttura urbana vicino ad "Ares Vallis".

  • Non meno intrigante la regione di "Syrtis Planum", ove appare una estesa zona con molte formazioni geologiche difficilmente classificabili come formazioni naturali e che fanno pensare ad i resti di una zona urbanizzata. A tale proposito vale ricordare quanto affermato da Sitchin, dopo aver osservato le foto della sonda Phobos 2; egli ha osservato simili strutture in molte zone di Marte e non ritiene che costruzioni delineate da angoli e linee rette possano essere naturali ma piuttosto artificiali.



  • Molti libri riproducono la foto del Mariner 9, N. 4209-75, classificandola "Terminal di un aeroporto", che occupa un area di 25 km2. Sempre dal Mariner 9 giunge la foto pubblicata da Carl Sagan nel suo libro Cosmos che riprende alcune piramidi in una zona di Marte. Sembra che le piramidi siano le costruzioni più numerose sulla superficie marziana.
    Ovviamente "qualcuno" parla di immagini distorte, ritoccate, truccate, ma le foto sono state estrapolate direttamente dai siti MSSS della NASA.

    Attraverso quelle immagini riaffiorano, dalle sabbie marziane che le ricoprono, astronavi di grandi dimensioni, immobili testimonianze di civiltà perdute.
    Dagli archivi del MSSS, Efrain Palermo ha estratto la foto di una nave spaziale di forma triangolare insabbiata in una vasta area pianeggiante e desertica.
    Nell'osservazione della prima foto in alto a sinistra, risulta evidente che lo scafo ha effettuato un atterraggio di fortuna forse in seguito ad un'avaria, impattando duramente al suolo. La sua lunghezza raggiunge i cento metri. Gli esperti suggeriscono che la sua direzione viene indicata dalla zona più chiara, a forma di ventaglio aperto, effetto dell'esplosione avvenuta nel lato destro del velivolo. La zona indica la diffusione dei detriti in seguito allo scoppio. La nave proveniva dal lato superiore sinistro ed era diretta vero il lato in basso a destra.
    Nella zona più chiara, segnata dai detriti, si nota un lato e il dietro dell'oggetto; è ben visibile anche la vera scia lasciata sul terreno dalla manovra d'atterraggio, indicata da solchi paralleli e causata dal sistema di propulsione. Sul lato destro un prolungamento sospeso proietta un ombra sulla superficie marziana, ed al centro dello scafo una croce scura, poco al di sopra di una depressione, forse causata dall'esplosione. L'astronave ricorda il TR-3B fabbricato a metà degli anni ottanta a Groom Lake su progetto finanziato dal NRO, NSA e CIA. Edgard Fouche ha dichiarato che il TR-3B è frutto di retro ingegneria aliena; misura 180 metri ed è provvisto di un rivestimento esterno capace di modificare il potere riflettente, assorbe il radar e lo inganna celandosi ad esso, o facendo in modo che lo strumento rilevi informazioni errate. Dotato di un anello circolare che circonda l'equipaggio, riempito di plasma basato sul mercurio che come superconduttore altera la gravità interrompendone l'attrazione. Ha fatto gridare all'ufo per molti anni; basta ricordare gli avvistamenti di velivoli triangolari in Belgio e nei pressi dell'Area 51.

    Un altro oggetto volante "alieno" lo si osserva nella foto che ritrae il sistema di canyon della "Valle Marineris".
    Apparso anni fa nel sito The Enterprie Mission di Hoagland a firma di Michael Bara. Di forma ovale, simile al guscio di una testuggine o di un grosso trilobite preistorico, misura novecento metri di lunghezza, nove di larghezza e trentasei di altezza.
    Viene classificato come una nave spaziale da crociera utilizzata per scopi turistici perché la zona di Marineris è in effetti stupefacente e si presta a visioni panoramiche da mozzare il fiato.

    Se in tempi remoti Marte era un pianeta simile alla Terra l'effetto doveva essere straordinario.
    Sono visibili enormi finestre di nove metri per trentasei nella parte anteriore, si nota la dorsale aerodinamica centrale. Dai segni di erosione gli esaminatori hanno stimato che la nave si trova in quel punto da centinaia di migliaia di anni, costretta ad un atterraggio forzato in seguito ad un'avaria. Si è ben preservata perché il canyon l'ha protetta dal vento. Al suo interno potrebbe essere tutto come lo era al tempo dell'impatto e qualche Indiana Jones sogna di mettere piede su quell'astronave.
    Possiamo affermare che si tratta di scafi alieni perché ipotizzare che astronauti russi o americani siano giunti sul pianeta e abbiano subito incidenti in fase di atterraggio, è pura e semplice fantascienza. L'attuale tecnologia terrestre, quantomeno quella nota, non è idonea a trasportare gli uomini e i mezzi necessari a instaurare una base su di un lontano pianeta della nostra galassia.
     

    Chi dunque abitava, o abita, su Marte?
    Una sconosciuta razza aliena, forse sterminata da guerre o da cataclismi? Gli Annunaki, menzionati da Sitchin nei suoi libri, che colonizzarono la Terra per sfruttarne le risorse minerarie e crearono l'uomo, attraverso una manipolazione genetica, per servirsene?
    Oppure gli antichi abitanti erano i nostri antenati?
    Eric Von Daniken sostiene che sul nostro pianeta giunsero i superstiti di una cruenta guerra costretti a nascondersi ai nemici nel sottosuolo terrestre. Siamo noi i sopravvissuti del pianeta rosso?
    Si aprono scenari fantascientifici che generano solo speculazioni, ma sembra certo che intorno al pianeta vi sia "qualcuno" che cerca di impedire alle sonde di carpirne i segreti.

    Le prove della vita

    Le sonde Viking trovarono nel 1976 le prove dell’esistenza di microbi su Marte ma la NASA diede un’interpretazione errata dei dati raccolti che finirono sepolti in un archivio. A rivelarlo è un ex scienziato dell’agenzia spaziale USA, Joseph Miller, oggi docente di neurobiologia all’università californiana di Los Angeles.

    Il braccio robotico di una delle due sonde scese su Marte raccolse dei campioni di terra marziana che vennero poi messi dentro un contenitore dove venne iniettata una soluzione di carboidrato radioattivo. L’ipotesi degli scienziati era che se nelle zolle di terra vi fossero stati degli organismi viventi questi avrebbero consumato il carboidrato e rilasciato carbonio radioattivo sotto forma di gas. Compito della sonda era di misurare queste emissioni di gas.

    Dopo nove settimane di esperimenti non vi fu più alcun dubbio sulla presenza di emissioni di gas ma gli scienziati della NASA ritennero che non era dovuto all’esistenza di organismi viventi ma solo ad una reazione chimica causata dalla presenza di perossidi nelle zolle.

    Miller ha riesaminato questi dati, arrivando alla conclusione che la NASA si sbagliò.

    I dati sulle emissioni di gas che Miller ha trovato negli archivi dell’Ente spaziale registrano infatti un ciclo di 24,66 ore - ovvero la durata esatta di un giorno marziano - con il picco delle emissioni di giorno mentre di notte cessa del tutto, esattamente come avviene per molti organismi terrestri come ad esempio la muffa del pane. Inoltre la quantità di gas di carbonio rilasciata dalle zolle aumentò nel corso dell’esperimento per calare improvvisamente quasi fino ad azzerarsi quando la temperatura della zolla venne artificialmente portata a 160° Celsius. "Ciò che avvenne fu che il calore uccise gli organismi viventi" assicura Miller.

    "Mi auguro che questi dati spingano la NASA e le agenzie spaziali europee - ha dichiarato Miller - a riprendere gli esperimenti biologici su Marte".


    Molte le domande cui gli addetti devono rispondere. Difficilmente si può parlare di mistificazione, quindi è obbligatorio fornire altri dettagli; finiamola con le commedie, gli insabbiamenti e i sotterfugi, è il momento di informare seriamente l'opinione pubblica.
     

    continua (i misteri aumentano)  >>>

     
     
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