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LA FINE DELL'UNIVERSO

 

 
 

Fondamentalmente le ipotesi formulate sulla sorte dell'universo erano legate ad una sola considerazione. Sarà capace la forza gravitazionale delle galassie a rallentare l'espansione dell'universo dovuta al big bang?

Perché se solo questa espansione darebbe segni di cedimento allora la forza gravitazionale avrebbe partita vinta sulla spinta repulsiva e ci sarebbe da aspettarsi una lenta ma inesorabile contrazione dell'universo fino al collasso di tutta la materia in un punto di calore e densità pari alle condizioni primordiali del big bang.

Nel caso contrario l'espansione si protrarrebbe all'infinito.
Ipotesi questa avvalorata unicamente dalla eventualità che la quantità di materia nello spazio con sua forza gravitazionale non sia insufficiente a "frenare" l'esplosione del big bang.

Recenti scoperte sembrano avere identificata  la sorte dell'universo.

L'ipotesi viene avvalorata da alcuni scienziati i quali affermano che non solo l'universo è in continua espansione, ma che questa addirittura sta accellerando.


Universo, la fine sarà lentissima


Le stelle si spegneranno tra miliardi e miliardi di anni, con una specie di lamento.


PARIGI - Un triste e gelido destino è riservato all’Universo che conosciamo e che solo negli ultimi anni riusciamo a meglio comprendere.

Lo ha anticipato Time. «E’ cambiata la visione del mondo che avevamo sino ad epoche recentissime», dice Duccio Macchetto che allo Space Telescope Institure di Baltimora (Usa) dirige le osservazioni con il grande telescopio orbitale della Nasa.

E alcune delle ultime scoperte hanno riservato agli astronomi dei colpi di scena inaspettati. Come l’aver individuato una forza, battezzata subito per il mistero che l’avvolge «energia oscura», che lo stesso Einstein aveva previsto ritenendo però di aver sbagliato i conti. Sarebbe questa forza a giocare un ruolo determinante nella spiegazione dell’Universo, rimasta sempre incerta perché non tutto si riesce a vedere e a provare.

Soltanto il cinque per cento della materia è osservabile con i telescopi ma la teoria chiede un altro 95 per cento di cui non si è mai trovata traccia. Così gli scienziati si sono messi a cercare la «materia oscura» anch’essa battezzata in questo modo perché rappresentava un enigma. Ora gli astronomi americani hanno rifatto i conti e, secondo loro, il 60 per cento dell’Universo è costituito dall’energia oscura, il 35 per cento dalla materia oscura e finalmente rimane il famoso 5 per cento di cui abbiamo la prova perché è il mondo noto formato da stelle, pianeti e galassie che guardando il cielo possiamo ammirare.

E il tutto dovrebbe finire, si dice, tra 10 mila miliardi di miliardi di anni, con un flebile lamento.

Ma questa energia generata dal vuoto non si sa che cosa sia, però esiste e la sua presenza è stata confermata proprio nei mesi scorsi grazie ad una scoperta importante secondo la quale l’Universo non solo si espande ma accelera sempre di più la sua fuga, allontanandosi dal luogo di nascita dove il big bang ha dato origine circa 15 miliardi di anni fa al tutto che conosciamo.

Prima infatti si pensava che le galassie nella loro corsa lentamente decelerassero perché, comunque, la gravità che esprimevano produceva il loro effetto rallentando la velocità.
Invece, indagando astri vecchi di un paio di miliardi di anni sì è trovata l’inaspettata accelerazione frutto della misteriosa «forza oscura», una forza anti-gravità che ha la meglio su stelle e galassie trascinandole verso un indescrivibile infinito, verso una fine poco gloriosa.

L’Universo in questa condizione - spiegano gli scienziati - diventerà sempre più rarefatto.

La materia disperdendosi non favorirà più la nascita di altre stelle.
Gli astri più grandi (almeno tre volte il nostro Sole), secondo le regole, alla fine della loro vita collasseranno diventando buchi neri mentre gli astri minori si trasformeranno in nane nere, cioè stelle senza alcun raggio di luce, disperse nel buio cosmico.

In questo modo l’Universo diventerà sempre più freddo e inanimato, con relitti di materia dispersi in un vuoto sempre più vuoto nel quale navigano numerosi e sempre più lontani fra loro anche i mostri del cielo, i buchi neri.

Questa è la prospettiva cosmica che oggi gli astronomi dipingono con una carrellata inziata a cavallo degli anni Trenta quando si scoprì che le galassie si allontanavano.
Poi negli anni Sessanta Penzias e Wilson negli Stati Uniti trovavano con il loro radiotelescopio quel rumore cosmico fatto di microonde che era la prova del big bang, delle nostre origini. E lo scenario veniva precisato meglio agli inizi degli anni Novanta con Cobe, un osservatorio orbitale.  

Ora la conferma definitiva si aspetta a partire dalla prossima settimana quando la Nasa spedirà nello spazio un potente satellite (Hete). Le sue indagini dovranno coronare settant’anni di storia - dicono gli astrofisici - mettendo la parola fine a tante incertezze.
Ma grandi cervelli come Stephen Hawking lasciano aperta la porta del dubbio. E forse l’Universo potrebbe non finire così tristemente come immaginato. Forse - dice il genio britannico - qualche particella riesce a sfuggire comunque dai buchi neri e così qualcosa di inaspettato alle teorie potrebbe accadere.

Il fondo la scienza è fatta di sorprese e non sempre sono sgradevoli come il gelido universo.

 

 Per chi ne vuole sapere di più su: "La fine della materia" ed ha dimestichezza coi grandi numeri clicca  quì.

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