E' la prima grande opera di arte contemporanea di cui si è dotata la città di Prato, tanto da rappresentarne il simbolo della modernità e l'avvio di un nuovo discorso sull'arredo urbano.
Collocata nella Piazza San Marco, con sullo sfondo i monti della Calvana, laddove le antiche mura si aprivano nella porta verso Firenze.
Quest'opera spicca fra quelle, oramai numerose, presenti nel nostro territorio.
Sono trenta grandi blocchi di marmo, personalmente scelti da Moore nelle cave del monte Altissimo delle Apuane, a cui l'artista, uno dei massimi esponenti dell'arte del ‘900, ha dato le sembianze di un'espansione organica, quasi fosse generata o animata da una forza interna alla materia.
Così dirà dell'opera Franco Russoli a cui fu affidato il commento sulla scultura su una pubblicazione stampata per l'occasione.

"Architettura di pure forme e corpo umano, struttura razionale e meccanica di spazi e volumi, e organico incastro e traliccio dinamico di elementi antropomorfici, l'Arco di Moore illumina poeticamente il concetto classico di una cultura unitaria dell'uomo che deve equilibrare nella propria opera le energie del progresso tecnologico e produttivo, il dominio della pratica con le forze primarie dell'intuizione e della fatica, della fantasia, con i valori fisici e psicologici dell'individuo. Lo spazio regolato da norme razionali, il contrappunto delle tensioni architettoniche, danno tutt'uno con l'espansione di un torso respirante, con lo snodo libero e naturale di un organismo vivente. Gli elementi portanti di un edificio sono insieme le strutture anatomiche di un corpo in azione: natura e forma coincidono". E così conclude: "In quella vibrante scultura, nel suo respiro che modula e modella vuoti e pieni nel ritmo concorde della vita sociale e individuale, è la sintesi lirica, la metafora plastica, di un concetto antico e sempre attivo nella civiltà europea. In essa trova forma e simbolo lo spazio della nuova Città, che della sua storia fa nutrimento per il futuro".