I costruttori della V  e VI dinastia, pur avendo alle spalle l’esperienza dei loro grandi predecessori, quindi da un punto di vista ingegneristico sarebbe logico aspettarsi un avanzamento  anziché un regresso tecnico, non solo non riuscirono ad eguagliare i progetti precedenti, ma neppure a mantenere quella eccellenza artigianale. Già supremi architetti, nel giro di una o due generazioni, gli egizi attraversarono una stupefacente decadenza nell’arte monumentale. Con la V e VI dinastia la parola scritta sostituisce, almeno in parte, molti elementi architettonici, come, ad esempio, i condotti stellari della piramide di Cheope. Non c’era più bisogno di costruire collegamenti cosmici con le stelle di Orione o altre, quando era possibile soddisfare la stessa esigenza con i  magici segni dei geroglifici. Forse dire o scrivere per gli egiziani assunse in quel periodo lo stesso valore di fare, ed il Libro dei morti, scritto sul papiro o disegnato sui muri delle tombe, molto più semplicemente, deteneva ai loro occhi doti magiche sufficientemente capaci di esaudire egualmente il desiderio dei re semidivini di unirsi al mondo delle stelle.

Visto che siamo in argomento, vorrei accennare ad un altro mistero, questo però non riguarda Cheope e le piramidi di Giza, ma riguarda quelle della V e VI dinastia e le tombe successive così magnificamente affrescate. Avete notato la precisione dei geroglifici? la bellezza delle scene di vita, la magnificenza dei colori? Vorrei prima porvi una domanda: << Ritenete che affreschi e geroglifici siano stati effettuati alla luce del sole, sui massi che poi sono stati successivamente posti in opera oppure siano stati effettuati dopo aver completato camere funerarie e corridoi? lo stesso dicasi per le scene e le scritte riportate sui sarcofaghi, troppo grandi per transitare dagli angusti corridoi >>. Pensateci un attimo. Le foto che le varie pubblicazioni all'argomento mostrano, fanno chiaramente capire che gli antichi artisti hanno lavorato all'interno delle tombe, la precisione è tale che non è pensabile siano stati assemblati dopo, come un puzzler. Allora hanno lavorato al lume di candela, di tantissime candele, per poter avere luce sufficiente per immortalare per l'eternità tanta bellezza. Avete mai provato a passare una mano oppure un foglio bianco sopra la fiammella di una candela, chiaramente ad una distanza di sicurezza per non bruciarla? avete notato che si forma subito l'alone nero del fumo e quanto sia difficile da eliminare, anche con successivi lavaggi? Ebbene, le gallerie sotterranee, stupendamente scolpite e dipinte, non mostrano tracce di torce, né di candele né di lampade a olio sui soffitti. Forse avevano un diverso tipo di illuminazione? Ora vi invito ad osservare la foto qui  di fianco, si tratta di un antico rilievo murario egiziano nel tempio di Hathor a Dendera, considerato a lungo un enigma archeologico, esso raffigura una scena in cui i servitori sembrano trasportare gigantesche lampadine, con filamenti interni a forma di sottili serpenti, collegate a una cassetta o interruttore con cavi trecciati. Prima di proseguire, vi prego di riflettere sulle parole di San Agostino d'Ippona : << In onore di Iside bruciava una fiamma che non poteva essere spenta né dal vento né dall'acqua ...>>.  Forse quella che viene raffigurata sulle pareti della cripta di Dendera è la celebrazione di una conoscenza misteriosa, di una scienza occulta: l'elettricità.

<< Fin dalla nostra più verde giovinezza siamo stati così abituati ad ascoltare racconti e storie falsate e il nostro spirito è da secoli così imbevuto di pregiudizi, che veglia sulle fantastiche fandonie come su un tesoro ... così che, in definitiva, la verità appare incredibile e la falsità vera. >> (Sanchurriathon, storico fenicio - 1250 a.C.)

 

(aggiornato al 16 dicembre 2002)     argomento suscettibile di ulteriore sviluppo

 

 

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